TAR SICILIA, Catania, 16 novembre 2017, n. 2651
Il Collegio ritiene che il Comune non possa, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia e/o urbanistica, adottare misure - quali, come nel caso di specie, il divieto di installazione di impianti di telefonia in tutto il centro abitato - che, nella sostanza, costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, trasformandosi esse in una illegittima misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l'art. 4 della l. n. 36/2000 riserva, invece, allo Stato.
L'ormai costante giurisprudenza amministrativa, anche attingendo a talune pronunce della Corte cost. (decisioni n. 307/2003 e n. 331/2003), ha, infatti, affermato come non possa "la ... potestà regolamentare dei Comuni ... tradursi in un generalizzato divieto di installazione .... Tale previsione verrebbe, infatti, a costituire una inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l'art. 4 l. n. 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato" (in termini, su un caso analogo, la stessa Sezione n. 2186/2015, in cui si richiama anche Consiglio di Stato, sezione VI, n. 9414/2010 e n. 5258/2009).