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L’art. 133 della Costituzione e le linee di confine per la legislazione regionale (2/2018)

Sentenza n. 21/2018 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 09/02/2018; Pubblicazione in G. U. 14/02/2018 n. 7

Motivo della segnalazione

La decisione qui segnalata scaturisce dal ricorso con cui il Presidente del Consiglio dei ministri propone questioni di legittimità costituzionale in via principale dell’art. 1 della legge della Regione autonoma Sardegna 16 marzo 2017, n. 4. La disposizione de qua, che ridisegna i confini fra i comuni di Tresnuraghes e Magomadas (con un aumento della popolazione di Tresnuraghes e una diminuzione del numero dei residenti a Magomadas), è stata approvata senza prima consultare la popolazione coinvolta dal mutare delle circoscrizioni. Essa – secondo la parte ricorrente – sarebbe incostituzionale perché in contrasto con gli artt. 3 e 45 dello statuto speciale per la Sardegna.

Il primo dei due articoli prevede che è riservata alla R.A. Sardegna la potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli EE.LL. e relative circoscrizioni, mentre il secondo stabilisce che la Regione può, con legge, istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni «sentite le popolazioni interessate». Inoltre, la disposizione impugnata sarebbe in contrasto con l’art. 133, II comma, Cost., ove si dispone che ciascuna regione «sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni», analogamente a quanto previsto dall’art. 45 dello Statuto sardo. La difesa regionale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, per più motivi; fra di essi, il fatto che la Presidenza del Consiglio «non avrebbe indicato l’interesse da tutelare lamentando la violazione, da parte della legge regionale, di norme dello statuto speciale per la Sardegna». La Corte – nel dichiarare palesemente infondata l’eccezione formulata dalla parte convenuta –ricorda che lo Statuto regionale sardo, «in quanto legge costituzionale, svolge a pieno titolo la funzione di parametro di legittimità costituzionale nei confronti di tutta la legislazione ordinaria, statale e regionale, e lo Stato è chiamato a garantirne il rispetto.» L’interesse a ricorrere da parte dello stato, «in altre parole, è in re ipsa» (punto 2.1 del ‘considerato in diritto’). La Consulta dichiara invece inammissibile la censura di costituzionalità che il ricorrente formula a partire dall’art. 3 dello Statuto regionale sardo. La disposizione appena citata il quale attribuisce alla Regione autonoma della Sardegna una potestà legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni». Se il ricorrente riconosce tale potestà legislativa e chiede che essa venga esercitata ai sensi dell’art. 45 dello Statuto, non può poi eccepirne la violazione: l’art. 3 «costituisce un presupposto argomentativo del ricorso, a giustificazione della violazione dell’art. 45 dello statuto medesimo, ma non può al contempo fungere da parametro rispetto al quale verificare la legittimità costituzionale della legge impugnata.» (ibidem).Laquestione posta con riferimento all’art. 3 dello Statuto regionale sardo è pertanto inammissibile. Vengono invece giudica infondate le eccezioni di inammissibilità per carenza di adeguata motivazione e per ipoteticità delle censure (punti 2.2 e 2.3 del ‘considerato in diritto’). Inoltre, la parte convenuta eccepisce che l’art. 133, II comma, Cost., non sarebbe applicabile alle regioni a statuto speciale, ma soltanto a quelle a statuto ordinario. La Corte valuta come infondata anche questa eccezione, «poiché questa Corte ha già affermato che l’art. 133, secondo comma, Cost., certamente destinato alle Regioni a statuto ordinario, tuttavia vincola, nella parte in cui riconosce il principio di autodeterminazione delle popolazioni locali, anche le Regioni a statuto speciale, le quali restano peraltro libere di dare attuazione a tale principio nelle forme procedimentali ritenute più opportune (sentenza n. 453 del 1989).» (così punto 2.4 del ‘considerato in diritto’). La Corte giudica quindi fondata la questione, sia con riferimento all’art.133, II comma, Cost., sia con riferimento all’art. 45 dello Statuo sardo: le popolazioni interessate devono essere sentite anche quando si tratti di una mera variazione delle circoscrizioni di due Comuni (sul punto la Consulta richiama le sentt. 214/2010, 279/1994 e 453/1989). Come già puntualizzato dalla sent. 279/1994, la consultazione delle popolazioni interessate deve avere luogo a prescindere dal numero delle persone interessate dalle variazioni. Inoltre, la consultazione delle popolazioni interessate non ha carattere eventuale. Essa deve avere luogo anche qualora la richiesta di modifica dei limiti delle circoscrizioni sia stata richiesta dagli stessi cittadini (nel caso di specie, la difesa regionale produce una petizione dei cittadini, relativa al mutamento dei confini dei comuni di Tresnuraghes e Magomadas, risalente al 1991). Non rileva neppure l’unanimità del consenso, in ordine alla variazione dei confini, raggiunto tanto nei Consigli comunali interessati quanto in Consiglio regionale: «l’interesse garantito dall’obbligo di consultazione è riferito direttamente alle popolazioni e non agli enti territoriali» (punto 3 del ‘considerato in diritto’). La legge regionale sarda 4/2017 è quindi in contrasto con l’art. 45 dello Statuto, avendo stabilito una variazione territoriale senza aver consultato le popolazioni interessate, e con l’art. 133, II comma, Cost., avendo violato il principio di autodeterminazione garantito dalla disposizione costituzionale appena citata. La Corte si sofferma poi su un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale. La difesa regionale sostiene la tesi che la popolazione interessata debba essere consultata solo quando la variazione territoriale implichi la nascita di un nuovo Comune. Ciò è smentito da quanto statuito dalla L. R. sarda 58/1986, che regola in via generale l’istituzione di nuovi Comuni, per la modifica delle loro circoscrizioni e delle loro denominazioni, oltre alle procedure dei referendum previsti dall’art. 45 dello Statuto regionale. La Corte costituzionale mette in luce che nel caso di specie si è erroneamente fatto ricorso a un procedimento previsto per quanto stabilito dagli artt. 16 e 17 della L. R. 58/1986, ove si dispone in ordine alla regolazione di confini quando i confini fra due Comuni non siano facilmente individuabili, ovvero quando ci sia un conflitto fra due Comuni in ordine a uno stesso territorio. La ratio delle norme per cui si applica la procedura ex L. R. 58/1986 è la definizione di una situazione di incertezza; ma nel caso di specie, «le, risulta chiaro che non vi era alcuna incertezza sulla delimitazione dei confini dei due Comuni e che la decisione di variarne le circoscrizioni è stata dettata da esigenze di razionalizzazione relative allo sviluppo urbanistico di determinate zone: esigenze che, in base allo statuto speciale e alla stessa legge reg. Sardegna n. 58 del 1986, non possono escludere la consultazione delle popolazioni interessate.» (punto 4 del ‘considerato in diritto’).La normativa de qua, approvata con una procedura impropria, è quindi illegittima anche sotto questo profilo.

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