Sentenza n. 142/2018– giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 05/07/2018 Pubblicazione in G. U. 11/07/2018
Motivo della segnalazione
La Corte costituzionale è stata chiamata, in questa occasione, a decidere su una questione di costituzionalità sollevata dal giudice a quo in merito alledisposizioni del TFUE, cioè degli artt. 288 e 267, nella parte in cui sancirebbero, rispettivamente, la vincolatività anche per i giudici italiani delle decisioni, in tema di aiuti di Stato, di un’istituzione amministrativa come la Commissione e l’obbligo per i medesimi giudici di tenere conto, nell’attività interpretativa, di posizioni espresse da istituzioni europee di carattere non giurisdizionali.
Il giudice rimettente impugna altresì le disposizioni della legge n. 117/1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, nella parte in cui includerebbero tra le ipotesi di manifesta violazione del diritto dell’Unione europea il contrasto tra un atto o un provvedimento giudiziario e l’interpretazione espressa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea sulla vincolatività delle decisioni della Commissione europea per il giudice nazionale». Il giudice a quo ritiene infatti non essere configurabili vie legittime, utili al fine di contestare la legittimità di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, divenuta definitiva, in quanto non impugnata, nei termini previsti, dai soggetti interessati mediante ricorso per annullamento. Nella fattispecie la decisione della Commissione aveva riguardato disposizioni di legge regionale (siciliana) che avevano previsto indennità a vantaggio di allevatori per abbattimento di capi di bestiame infetti. Secondo il giudice a quo le sopra citate disposizioni si porrebbero in contrasto con le norme costituzionali (artt. 101 e 104 Cost.) a fondamento dell’indipendenza esterna della magistratura, in attuazione del principio supremo della separazione dei poteri, nonché con l’art. 24 Cost. sul diritto alla tutela giurisdizionale davanti a un giudice indipendente e imparziale, diritto qualificabile anch’esso come principio supremo dell’ordinamento costituzionale e, dunque, come “controlimite” all’ingresso del diritto dell’Unione europea.
A fronte delle questioni sottoposte alla sua attenzione, il giudice delle leggi, ripercorrendo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’U.E., chiarisce che non è precluso al giudice interno, come il giudice a quo presuppone, attivare rimedi rispetto ad eventuali vizi di legittimità delle decisioni della Commissione europea in materia di aiuti di Stato. Infatti – ricorda la Corte – la deducibilità di eventuali vizi di legittimità di decisioni della Commissione, una volta decorsi i termini previsti per l’impugnazione di tali decisioni, risulta preclusa soltanto nei confronti del soggetto che era legittimato a impugnare direttamente la decisione. Una legittimazione che viene in rilievo e sussiste solo quando si discuta di un aiuto di Stato individuale o, comunque sia, quando si possa ritenere che la decisione concerna specificamente il soggetto a causa di determinate sue qualità particolari o di una situazione di fatto che lo caratterizza rispetto a qualsiasi altro e, quindi, lo individua in modo analogo al destinatario della decisione stessa. Non viene invece in rilievo in presenza di un regime di aiuti rivolto, in termini generali, a un determinato settore. In una simile evenienza, quindi, la preclusione a dedurre l’illegittimità della decisione davanti ai giudici nazionali non scatta.
Contrariamente a quanto si afferma nell’ordinanza di rimessione, nessun ostacolo incontra, dunque, per questo verso, l’eventuale rinvio pregiudiziale di validità da parte del giudice rimettente davanti alla Corte di giustizia in ordine alla decisione della Commissione. Le questioni relative all’asserito contrasto delle norme del TFUE con i principi supremi dell’indipendenza esterna dei giudici, della separazione dei poteri e del diritto alla tutela giurisdizionale sono quindi infondate.
L’insussistenza dell’obbligo di adeguamento alla decisione della Commissione fa venir meno la rilevanza della questione sulla disposizione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati.