Lo scorso 21 dicembre 2017, ad una settimana dallo scioglimento delle due Camere, è stata presentata, presso la Presidenza della Camera dei deputati, una (simbolica) proposta di modificazione al regolamento (Doc. II, n. 23) a iniziativa dell’on. Luigi di Maio, concernente l’istituzione di un “Comitato per il controllo parlamentare”.
Come viene chiarito nella relazione di accompagnamento, la proposta nasce dal lavoro svolto dal Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione della Camera durante la XVII legislatura al fine di identificare «nuove modalità per rafforzare gli strumenti e le procedure» di verifica e controllo parlamentare. Coerentemente con questa prospettiva, il progetto in commento si fa carico di delineare i tratti fondamentali di «un organismo politico che dia impulso all'attività di controllo», da istituirsi in «necessario raccordo con il sistema delle Commissioni permanenti», al fine di impostare «un corretto rapporto con le responsabilità ed i poteri del Governo».
Dal punto di vista normativo, la proposta suggerisce due modifiche regolamentari: l’aggiunta di un articolo dedicato interamente al Comitato per il controllo parlamentare (art. 16-ter); l’estensione, attraverso l’introduzione di un comma aggiuntivo, delle previsioni contenute nell’attuale art. 148 - concernente la possibilità per un presidente di commissione o per un presidente di gruppo di avanzare, per tramite del Presidente della Camera, una «richiesta di informazioni, chiarimenti, documenti alla Corte dei conti nei limiti dei poteri a questa attribuiti dalle leggi vigenti» - al presidente del predetto Comitato o ad un quinto dei suoi componenti nell’ambito delle attività di sua competenza.
Dal punto di vista della composizione, il c. 1 dell’art. 16-ter stabilisce che il Comitato è composto da venti deputati nominati dal Presidente della Camera in modo tale da garantire la paritaria rappresentanza tra le forze di maggioranza e quelle di opposizione avendo riguardo che, al loro interno, sia rispecchiata «la proporzione dei relativi gruppi». Il presidente del comitato è eletto a maggioranza dei due terzi tra i membri appartenenti all’opposizione e viene affiancato da due vicepresidenti e due segretari (art. 16-ter, c. 2).
La composizione del comitato può comunque essere oggetto di variazioni: il c. 4 dell’art.16-ter prevede che ogni commissione permanente, bicamerale o d’inchiesta interessata per materia all’ambito di verifica del Comitato possa designare due suoi componenti (di cui uno appartenente alle forze di opposizione) a partecipare ai lavori.
In linea generale, l’attività del comitato si svolge sulla base di un programma annuale, predisposto dal presidente del comitato all’inizio di ogni anno avendo riguardo, tra l’altro, delle indicazioni fornite dalle Commissioni permanenti, e sottoposto per l’adozione (ovvero per l’eventuale integrazione) alla conferenza dei presidenti di Gruppo (art. 16-ter, c. 3).
Da un lato, il comitato ha il compito di declinare in modo specifico la sua attività valutativa facendo riferimento all’attuazione del programma annuale. Ciò nondimeno, per come è articolata la proposta, non è chiaro se l’attività valutativa debba riguardare solo atti normativi o, in termini più ampi, segmenti di politiche pubbliche. La proposta si limita infatti a precisare che il comitato dovrebbe individuare «i provvedimenti normativi, le relative disposizioni, gli adempimenti in esse previste e le eventuali ulteriori questioni di merito connesse» oggetto di verifica. Non chiarisce il punto la seconda parte della disposizione la quale stabilisce che, per ogni attività di verifica, vengano designati due relatori (uno dei quali espressione delle forze di opposizione) con il compito di redigere e proporre all’organo i dati e i parametri oggetto dell’accertamento congiuntamente alla «metodologia da utilizzare per il loro accertamento e il programma delle attività da condurre per lo svolgimento della verifica». Nell’esercizio di questa attività, il c. 11 dell’art. 16-ter specifica che il Comitato possa avvalersi anche della collaborazione di soggetti pubblici con ordinamento autonomo, potendo anche chiedere all’ISTAT e agli enti di ricerca di compiere elaborazioni e studi statistici «previa definizione dell’oggetto e delle finalità» della valutazione.
Dall’altro lato, il comitato ha anche il compito di monitorare il tasso di reattività dell’esecutivo all’utilizzo degli istituti di sindacato e di indirizzo di origine parlamentare, verificando anche «la regolarità, la completezza e la tempestività degli adempimenti del Governo concernenti la trasmissione di relazioni al Parlamento e le nomine governative negli enti pubblici previste da disposizioni di legge» (art. 16-ter, c. 9), con la possibilità di effettuare audizioni formali e di chiedere al Governo la trasmissione di atti, documenti o informazioni concernenti le materie oggetto di valutazione (art. 16-ter, c. 10). Per quanto riguarda le audizioni, il comitato di controllo ha la possibilità di coinvolgere un ampio numero di soggetti potendo procedere all’audizione non solo di ministri e di altri rappresentanti del governo o degli enti privati di interesse pubblico sottoposti al controllo parlamentare sulle nomine governative, ma anche, ad esempio, dei rappresentanti della Corte dei conti, delle autorità amministrative indipendenti, delle autonomie territoriali, dell’ISTAT e degli enti di ricerca.
Sotto il profilo procedurale, il comitato conclude la propria attività di verifica predisponendo una relazione finale, nella quale vengono elencati i risultati raggiunti oltre che, eventualmente, proposte di modifica alla normativa vigente. L’elemento degno di nota, in questo senso, è dato dalla specificazione che, per ogni programma trimestrale dei lavori dell’assemblea, il comitato possa richiedere l’iscrizione della discussione di almeno una relazione prodotta alla quale può seguire anche l’approvazione di una o più risoluzioni (art. 16-ter, c. 8).
Al fine di valorizzare il ruolo del comitato si prevede, infine, che nel caso in cui sia in discussione, presso l’assemblea ovvero una commissione permanente, un progetto di legge relativo ad una delle materie oggetto di verifica da parte del comitato, questo possa proporre all’assemblea o alla commissione gli emendamenti che ritenga opportuni per «migliorare il testo del progetto di legge in discussione, anche al fine di inserire elementi utili a semplificare l’attività di verifica dell’attuazione della nuova normativa approvata» (art. 16-ter, c. 7).
2. Benché avanzata al crepuscolo della XVII legislatura, la proposta in commento può essere letta alla luce del dibattito concernente la modifica dei regolamenti parlamentari sviluppatosi nel corso degli ultimi anni.
Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, nell’incertezza circa le sorti della legislatura, la riforma dei regolamenti parlamentari divenne oggetto precipuo di discussione presso delle Giunte per il regolamento di Camera e Senato nella prospettiva di realizzare una semplificazione ed una “razionalizzazione” delle procedure esistenti. Questo obiettivo fu alla base della proposta di riforma regolamentare adottata dalla Giunta della Camera l’8 gennaio 2014. In quella circostanza venne proposta una “manutenzione” regolamentare di ampio spettro che, oltre a incidere su alcuni istituti di carattere ispettivo (interrogazioni a risposta immediata e non, interpellanze, informative urgenti), avrebbe modificato anche le procedure disciplinate nel capo XIII del regolamento (procedure di indagine, informazione e controllo in commissione). In questa direzione venne proposta la possibilità di ampliare il novero dei soggetti ai quali le commissioni permanenti avrebbero potuto chiedere chiarimenti su questioni politiche e amministrative rientranti nei singoli ambiti di competenza della commissione nonché informazioni e osservazioni “per finalità meramente conoscitive” (art. 143, c. 2) e venne avanzata anche la possibilità di attribuire alle commissioni permanenti il compito di svolgere “un costante monitoraggio delle politiche pubbliche nelle materie di loro competenza, anche attraverso l’istituzione di appositi “comitati permanenti” (art. 143, c. 3-ter). (sul punto v. E. GRIGLIO, La revisione del Regolamento della Camera: un timido tentativo di ripensare gli strumenti di indirizzo e controllo, congiuntamente a tutti gli altri contributi contenuti nel fascicolo speciale di Osservatorio sulle Fonti, n. 1/2014).
Tuttavia, contrariamente alle attese di quei mesi, la suddetta proposta di revisione regolamentare non ebbe alcun esito significativo. Del resto, il successivo avvicendamento, nel febbraio 2014, tra l’esecutivo diretto da Enrico Letta e quello guidato da Matteo Renzi e la presentazione, ai primi di aprile, del d.d.l. di revisione costituzionale “c.d. Renzi-Boschi” portarono ad un cambiamento delle coordinate logico-teoriche che, fino ad allora, avevano sotteso la discussione sulla riforma dei meccanismi e delle procedure parlamentari.
Da quel momento, infatti, furono la composizione della seconda Camera e i rapporti tra le due articolazioni dell’assise legislativa, con precipuo riferimento agli spazi ed alle modalità di discussione e di approvazione degli atti normativi, ad essere centro delle discussioni parlamentari e del dibattito scientifico. In quella fase, soprattutto in virtù dei numerosi rimandi ai regolamenti contenuti nel d.d.l. costituzionale, la riforma dei regolamenti parlamentari fu oggetto di alcuni commenti che ne evidenziarono la centralità nel processo di implementazione del disegno riformistico (G. BRUNELLI, Alcuni nodi (che andranno sciolti) presenti nel procedimento legislativo bicamerale e nel "voto a data certa" e A. MANZELLA, Rinvio pluralismo ai regolamenti parlamentari e rigidità costituzionale: alla prova dei referendum in F. BASSANINI (a cura di), Cambiare la Costituzione? Un dibattito tra costituzionalisti sui pro e i contro della riforma, Rimini, Maggioli, 2016, rispettivamente pp. 103-119 e pp. 309-314; E. GRIGLIO, I regolamenti parlamentari come snodo attuativo del bicameralismo differenziato: la diversificazione dei rinvii e i nuovi rimedi interni, in federalismi.it, n. 20/2016).
Ciò nondimeno, a seguito dell’esito referendario del 4 dicembre 2016, l’esigenza di risolvere per via regolamentare, a costituzione inalterata (“vigente”), alcune delle principali problematiche connesse con il nostro sistema parlamentare è stata ri-proposta - anche attraverso la pubblicazione di alcuni studi collettanei sul tema - dalla dottrina, ed è stata recepita dagli attori politico-istituzionali a partire dalla primavera del 2017 portando non solo all’unificazione della gran parte delle strutture amministrative di supporto alle attività delle Camere (annunciata nel maggio 2017) ma anche all’“organica” revisione del regolamento del Senato (realizzata nel dicembre 2017) (sul tema v. V. LIPPOLIS - N. LUPO (a cura di), Il Filangieri. Quaderno 2015-2016, Il Parlamento dopo il referendum costituzionale, Napoli, Jovene, 2017 e F. BASSANINI – A. MANZELLA (a cura di), Due Camere, un Parlamento. Per far funzionare il bicameralismo, Firenze, Passigli, 2017).
La riforma approntata a Palazzo Madama ha avuto come obiettivo principale la ridefinizione della disciplina dei gruppi parlamentari, delle attribuzioni e i poteri delle commissioni permanenti, delle procedure di programmazione dei lavori e dei vincoli di ordine temporale concernenti le discussioni in Assemblea cercando, per quanto possibile, di sfruttare gli spazi di dialogo con l’altro ramo del Parlamento (sul punto v. N. LUPO, Funzioni, organizzazione e procedimenti parlamentari: quali spazi per una riforma (coordinata) dei regolamenti parlamentari?, in federalismi.it, numero speciale 1/2018, p. 18 ss; G. PICCIRILLI, Finalmente una (prima) riforma del regolamento del Senato. Luci e ombre di un intervento che necessita di essere completato, in Osservatorio sulle Fonti, n. 3/2017). In questo senso, se si eccettuano le misure connesse con le procedure decisionali europee, gli interventi aventi ad oggetto gli strumenti di controllo e di verifica parlamentare sono stati, ancora una volta, piuttosto limitati (v. comma 1 art. 46 e comma 1-bis art. 47 R.s).
Si è così confermata, per converso, la tendenza ad intervenire sugli istituti di controllo e di verifica parlamentare adottando una logica sperimentale ed incrementale, testimoniata, tra l’altro, dalla creazione dell’Ufficio Valutazione Impatto (Impact Assessment Office) con il precipuo compito di valutare le politiche pubbliche.
Detto in altri termini, pur nella piena consapevolezza del relativismo procedurale proprio del Parlamento, tale per cui non esiste ab origine un rapporto univoco tra procedure e istituti regolamentari e funzioni parlamentari, come portato della polifunzionalità dei primi rispetto alle seconde, il tema del controllo parlamentare (dei suoi obiettivi; del suo scopo) è rimasto, ancora una volta, ai margini della discussione sul nostro sistema parlamentare.
In questo senso, le difficoltà nel veicolare le riflessioni contenute nel Rapporto sul Controllo parlamentare (aprile 2017) in direzione di una riforma che potesse essere ragionevolmente discussa dalle forze politiche (come non sembra essere quella in commento), oltre a rendere evidente il progressivo affanno delle forze politiche nel realizzare un perfezionamento delle procedure codificate nel regolamento della Camera (in linea con quanto svolto al Senato), testimoniano la persistente assenza di una discussione prospettica sul ruolo delle due Camere che sappia andare al di là della tradizionale impostazione “legicentrica” (su cui il doveroso rimando a A. MANZELLA, Introduzione, in A. MANZELLA – F. BASSANINI (a cura di), Per far funzionare il Parlamento. Quarantaquattro modeste proposte, Bologna, il Mulino, 2007, p. 29 ss avendo alla mente però anche l’ammonimento di G. SARTORI, espresso in Elementi di teoria politica, Bologna, il Mulino, 19953, pp. 231 ss).