Legge provinciale 23 aprile 2019, n. 1, “Abrogazione della legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, “Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale” e altre disposizioni”
Corte cost., ord. 3 luglio 2019, n. 190
La legge prov. 23 aprile 2019, n. 2 abroga la legge prov. 20 settembre 2012, n. 15 (“Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale”), ponendo fine ad un lungo contenzioso con lo Stato.
Con ricorso n. 182/2012 il Governo aveva, infatti, impugnato alcune previsioni della legge n. 15/2012 in tema di toponomastica. In particolare, l’art. 1, co. 4 che, prevedendo che “ogni toponimo è raccolto nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue a livello di comunità comprensioriale” consentiva che “in futuro alcuni toponimi possano essere solamente monolingui e, in particolare, che quelli in lingua italiana già previsti dalla legislazione statale in vigore possano essere eliminati dalla toponomastica ufficiale” sulla base del criterio dell’uso a livello di comunità comprensioriale. Tale previsione si sarebbe posta in contrasto con il principio del separatismo linguistico previsto dallo statuto speciale e riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sentt. nn. 159/2009 e 188 del 1987), nonché con l’art. 117, co. 1, Cost. e art. 1, co. 2, lett. b) dell’Accordo di Parigi del 5 settembre 1946 (Accordo Degasperi-Gruber).
Analoghe censure erano formulate nei confronti dell’art. 1, co. 5, che attribuiva al consiglio delle comunità comprensoriali il potere di trasmettere al comitato cartografico le proposte di inserimento nel repertorio dei toponimi: competenza, secondo il ricorrente, eccedente le funzioni istituzionali delle comunità comprensoriali, rivelandosi pertanto irragionevole e «contraria al principio di inscindibilità del territorio provinciale ai fini toponomastici» enunciato nello statuto.
Il ricorrente censurava i commi 4 e 5 dell’art. 1 anche sotto il profilo della violazione degli artt. 16 e 120, co. 1, Cost., in quanto l’istituzione di un nuovo sistema di ricognizione della toponomastica, fondato sul criterio dell’uso comprensoriale, avrebbe reso «il sistema instabile», creando ostacoli alla libera circolazione delle persone e barriere territoriali a livello provinciale e infraprovinciale.
Il Governo aveva, altresì, impugnato l’art. 3 dal momento che la funzione di accertare e approvare i toponimi, attribuita al consiglio comprensoriale e al comitato cartografico, sarebbe, invece, riservata, dall’art. 101 dello statuto speciale, alla legge provinciale. Avrebbe, inoltre, violato il principio di parità dei gruppi linguistici e di salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e culturali (art. 2 St. speciale), dal momento che la composizione del comitato cartografico e la modalità di assunzione delle relative decisioni non potevano considerarsi paritarie: da un lato, in combinazione con il principio maggioritario stabilito per l’adozione delle deliberazioni, avrebbero consentito la formazione di alleanze tra due gruppi linguistici; dall’altro, la previsione per la validità delle adunanze della presenza della maggioranza dei componenti e per le decisioni della maggioranza assoluta dei presenti avrebbe reso sufficiente la presenza dei rappresentanti di due gruppi linguistici per assumere decisioni riguardanti anche (o soltanto) il terzo gruppo.
Il ricorrente censurava, infine, gli artt. 2, co. 2, e 4, co. 1, legge prov. 15/2012, i quali, nel prevedere che «l’ordine di precedenza [con cui sono registrati i toponimi] è dato dalla consistenza dei gruppi linguistici nei luoghi di pertinenza, risultante dall’ultimo censimento generale della popolazione», avrebbero violato l’art. 4, comma 4, del d.P.R. n. 574 del 1988, che vieta qualsiasi ordine gerarchico o di precedenza tra le indicazioni nelle due (o tre) lingue.
Dopo diversi rinvii dell’udienza pubblica, richiesti dalle parti in ragione della pendenza di trattative volte al raggiungimento di un accordo relativamente al superamento dei profili di incostituzionalità lamentati dal ricorrente, la Provincia autonoma di Bolzano procedeva all’integrale abrogazione della legge.
Di qui la conseguente rinuncia al ricorso da parte del Governo e l’estinzione del processo davanti alla Corte costituzionale.