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Cause C-202/18 e C-238/18 – La Corte di giustizia annulla la decisione di uno Stato membro di sollevare dall’incarico il governatore della Banca centrale nazionale (1/2019)

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 26 febbraio 2019, Rimšēvičs/ Lettonia, cause riunite C-202/18 e C-238/18, ECLI:EU:C:2019:139
Nella sentenza oggetto della segnalazione, la Corte di giustizia, nella composizione della Grande sezione, ha esercitato per la prima volta la competenza attribuitale dell’art. 14.2, secondo comma dello Statuto del Sistema europeo di Banche centrali e della Banca centrale europea (d’ora in avanti, Statuto SEBC e BCE)1. In base a tale competenza, in presenza di determinate condizioni, il giudice dell’Unione può svolgere un controllo sulle decisioni nazionali che sollevano dall’incarico i governatori delle Banche centrali degli Stati membri2. Prima di procedere alla valutazione delle misure adottate dalla Repubblica di Lettonia nei confronti del sig. Rimšēvičs, governatore della Banca nazionale, la Corte ha chiarito la natura del ricorso di cui all’art. 14.2 dello Statuto, qualificandolo come ricorso di annullamento. Ciò comporta che il giudice dell’Unione, in presenza di determinate condizioni, ha il potere di annullare un atto adottato da un’autorità nazionale. Nel caso di specie, la Corte ha fatto uso di tale potere annullando la decisione nazionale in questione, adottata dall’Ufficio per la prevenzione e la lotta alla corruzione della Lettonia, nella parte in cui vietava al sig. Rimšēvičs di esercitare le sue funzioni di governatore della Banca centrale di Lettonia.

Nella sentenza oggetto della presente nota, la Grande sezione della Corte di giustizia è stata investita per la prima volta di un ricorso fondato sull’art. 14.2, secondo comma, del Protocollo n. 4 allegato ai Trattati, contenente lo Statuto del SEBC e della BCE. Tale disposizione conferisce al giudice dell’Unione la competenza a conoscere di una decisione nazionale che sollevi dall’incarico il governatore di una Banca centrale nazionale nel caso in cui quest’ultimo non soddisfi più le condizioni richieste per l’espletamento delle sue funzioni o si sia reso colpevole di gravi mancanze. L’articolo precisa altresì che il ricorso deve essere proposto nel termine di due mesi dal governatore interessato o dal consiglio direttivo della BCE; il controllo della Corte attiene alla violazione dei Trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa all’applicazione dei medesimi.
Come precisato dall’Avvocato generale nelle sue conclusioni, tale peculiare competenza si fonda sul fatto che “i governatori delle Banche centrali degli Stati membri la cui moneta è l’euro, benché nominati e sollevati dall’incarico dagli Stati membri, sono parimenti membri di un organo di un’istituzione dell’Unione, ossia del consiglio direttivo della Banca centrale europea” (par. 4 delle conclusioni dell’AG). Pertanto, l’indipendenza dei governatori delle Banche centrali nazionali, al pari di quella della BCE, deve godere di una protezione particolare. Il ricorso in questione rappresenta quindi “un mezzo sui generis nel sistema dei ricorsi dinanzi al giudice dell’Unione, giacché esso offre al governatore di una Banca centrale nazionale e alla BCE la possibilità di deferire direttamente al controllo della Corte un atto adottato da un’autorità nazionale” (par. 36 delle conclusioni dell’AG),
Tuttavia, l’art. 14.2 dello Statuto SEBC e BCE non precisa la natura del ricorso messo a disposizione a tutela di tale indipendenza; in particolare, non chiarisce se debba essere considerato un ricorso di annullamento o debba essere invece inteso come un ricorso per inadempimento, secondo i modelli, rispettivamente, degli artt. 263 e 258 TFUE. La qualificazione della natura del ricorso non è di poco conto: nel primo caso, la Corte si vedrebbe attribuito il potere di annullare direttamente una decisione adottata da un’autorità nazionale, con la quale un governatore viene sollevato indebitamente dal suo incarico; nella seconda ipotesi, la Corte invece potrebbe dichiarare l’incompatibilità di una misura nazionale con lo Statuto del SEBC e della BCE, ma spetterebbe poi allo Stato membro adottare le misure necessarie al fine di assicurare l’attuazione della sentenza della Corte nell’ordinamento giuridico interno.
La questione della natura giuridica del ricorso previsto dall’art. 14.2 dello Statuto del SEBC e della BCE è stata quindi affrontata dalla Corte nella sentenza in oggetto, in cui il giudice dell’Unione è stato investito di due ricorsi proposti dal sig. Rimšēvičs, governatore della Banca centrale di Lettonia, da un lato, e, dall’altro, la BCE su decisione del suo consiglio direttivo. Tali ricorsi avevano a oggetto la decisione con la quale l’Ufficio per la prevenzione e la lotta alla corruzione della Lettonia aveva provvisoriamente vietato al sig. Rimšēvičs di esercitare le funzioni di governatore della Banca centrale di Lettonia.
I fatti all’origine della causa riguardavano l’arresto del sig. Rimšēvičs in seguito all’avvio, da parte del suddetto Ufficio, di un’indagine penale preliminare a suo carico, in quanto sospettato di aver richiesto ed accettato una tangente in qualità di governatore della Banca centrale di Lettonia al fine di esercitare un’influenza a favore di una Banca privata lettone. Successivamente il sig. Rimšēvičs era stato rilasciato; tuttavia gli erano state imposte varie misure cautelari, in particolare il divieto di ricoprire la sua carica di governatore della Banca centrale. Il sig. Rimšēvičs aveva quindi proposto ricorso sulla base dell’art. 14.2 dello Statuto del SEBC e della BCE avente ad oggetto tali misure cautelari e chiedendo, in sostanza, alla Corte di voler dichiarare l’illegittimità della decisione adottata. Contestualmente, anche la BCE, su decisione del consiglio direttivo, proponeva ricorso avanti alla Corte, chiedendo di dichiarare che la Repubblica di Lettonia aveva violato l’art. 14.2 dello Statuto del SEBC e della BCE.
Innanzitutto, la Corte di giustizia prende in esame l’eccezione di incompetenza a conoscere dei due ricorsi sollevata dalla Repubblica di Lettonia, per fornire alcune precisazioni in merito all’interpretazione delle condizioni in cui misure nazionali possono essere impugnate ai sensi dell’art. 14.2 dello Statuto del SEBC e della BCE.
In primo luogo, la Corte rileva che la decisione con cui viene “sollevato dall’incarico” un governatore nazionale può avere anche carattere provvisorio. Infatti, “il divieto temporaneo, imposto al governatore di una Banca centrale nazionale, di esercitare le sue funzioni può costituire uno strumento di pressione nei confronti di quest’ultimo” (par. 52) particolarmente efficace, in quanto “esso può essere revocato in qualsiasi momenti non solo in funzione dell’evoluzione dell’indagine, ma anche della condotta del governatore interessato” (ibid.). Inoltre, se le misure temporanee non rientrassero nell’ambito applicativo dell’art. 14.2, sarebbe agevole per lo Stato membro interessato sottrarsi al controllo previsto da tale articolo, adottando misure provvisorie consecutive, cosicché “detta disposizione rischierebbe di trovarsi privata di effetto utile” (par. 53). Infine, sebbene una misura abbia in principio carattere provvisorio, non è escluso che essa non possa essere “definitiva quanto ai suoi effetti” (par. 54), come nel caso di specie, in cui il termine massimo di durata della misura provvisoria imposta al sig. Rimšēvičs poteva andare al di là di quello previsto per la durata del suo mandato da governatore. Pertanto, “la Corte è competente, ai sensi [dell’art. 14.2, secondo comma,] a conoscere di un ricorso contro una misura come il divieto provvisorio di svolgere l’incarico di governatore della Banca centrale di Lettonia contenuto nella decisione impugnata” (par. 55).
In secondo luogo, la Corte prende in esame la contestazione mossa dalla Repubblica di Lettonia secondo cui le misure nazionali oggetto del ricorso sarebbero “destinat[e] a garantire lo svolgimento efficace del procedimento penale avviato a carico della persona oggetto di tale decisione” (par. 56), nonché coperte da segreto investigativo. Pertanto, la Corte, anche in base al dettato dell’art. 276 TFUE3, non sarebbe competente a conoscere di tali misure. Il giudice dell’Unione rileva tuttavia che, “se è vero che in materia penale gli autori dei Trattati hanno conferito all’Unione solo competenze limitate, si evince dalla giurisprudenza della Corte che il diritto dell’Unione impone dei limiti alla competenza degli Stati membri in tale materia” (par. 57), in particolare, per quanto riguarda il rispetto “non solo delle libertà fondamentali garantite dal diritto dell’Unione (…), ma anche dell’insieme del diritto dell’Unione, in particolare del diritto primario” (ibid.). Pertanto, “le norme di diritto processuale penale nazionale non possono ostacolare la competenza attribuita alla Corte dall’art. 14.2, secondo comma, dello Statuto SEBC e della BCE, in tutte le ipotesi in cui detta disposizione è applicabile” (ibid). Inoltre, la competenza della Corte nel caso di specie non è limitata ai sensi dell’art. 276 TFUE, in quanto la presente causa riguarda le attribuzioni che spettano alla Corte direttamente ed espressamente in virtù dell’art. 14.2, secondo comma, dello Statuto SEBC e BCE.
In terzo luogo, ad avviso della Repubblica di Lettonia, il riconoscimento della competenza della Corte a conoscere di tale ricorso “attribuirebbe al governatore della Banca centrale di Lettonia un’immunità penale” (par. 60) e avrebbe quindi delle conseguenze rilevanti sullo svolgimento del processo penale. Secondo la Corte, invece, l’art. 14.2 “non riconosce alcuna immunità penale al governatore di una Banca centrale nazionale, né limita le misure cautelari che possono essergli imposte” (par.61). L’eventuale concomitanza di un ricorso previsto in base a tale articolo con un procedimento penale nazionale riguarda, secondo la Corte, solo l’ipotesi eccezionale in cui “tale procedimento determini l’adozione (…) di una misura provvisoria che possa essere equiparata al sollevamento dall’incarico ai sensi di detta disposizione” (ibid). Nel caso di specie, la Corte rileva che nessun elemento addotto dalla Repubblica di Lettonia dimostra che il ricorso sia tale da ostacolare il normale svolgimento delle indagini a livello nazionale. In base a tali motivazioni, la Corte ha quindi respinto l’eccezione sollevata dalla Repubblica di Lettonia relativa alla sua incompetenza a conoscere dei ricorsi proposti dal sig. Rimšēvičs e dalla BCE.
Prima di procedere alla valutazione del merito della decisione impugnata, la Corte si è soffermata sulla questione della natura del ricorso previsto dall’art 14.2, comma secondo, dello Statuto dello SEBC e della BCE.
In relazione a tale questione, la Corte di giustizia ha deciso di non seguire il ragionamento svolto dall’Avvocato generale nelle sue conclusioni, il quale aveva rilevato che “alla luce dell’architettura dei mezzi di ricorso instaurati dai Trattati, è coerente considerare il mezzo di ricorso di cui all’art. 14.2 dello Statuto del SEBC e della BCE non un ricorso di annullamento, bensì un ricorso di accertamento simile al ricorso per inadempimento” (par. 53 delle conclusioni dell’AG). A sostegno di tale conclusione, l’Avvocato generale aveva sottolineato come il sistema dei mezzi di ricorso dinanzi al giudice dell’Unione sia caratterizzato da due sfere che, pur se interconnesse, sono tuttavia ben separate (ibid., par. 54). La prima è quella delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, i cui atti sono soggetti al controllo di legittimità e al potere di annullamento da parte del giudice dell’Unione; la seconda sfera è quella degli Stati membri e dei loro organi, nella quale “il giudice dell’Unione non interviene dando forme direttamente all’ordinamento giuridico nazionale, ma si limita ad accertare l’incompatibilità di un atto o di una situazione giuridica di diritto nazionale con il diritto dell’Unione e con gli obblighi incombenti allo Stato membro di cui trattasi in forza dei Trattati” (par. 55, conclusioni AG). In sintonia con la separazione di queste due sfere, pertanto, secondo l’AG la Corte non sarebbe “competente a pronunciarsi direttamente sul sollevamento dall’incarico dei governatori delle Banche centrali nazionali, poiché questi ultimi possono essere nominati e rimossi unicamente dalle autorità nazionali” (ibid., par. 56). Infatti, “l’attuazione di un potere di annullamento del giudice dell’Unione nell’ambito del ricorso previsto all’art. 14.2 dello Statuto del SEBC e della BCE porterebbe dunque a rendere indistinte la sfera dell’Unione e quella degli Stati membri” (ibid., par.58). Peraltro, se da un lato “conferire alla Corte il potere di annullare una decisione con la quale un governatore viene sollevato dal suo incarico sarebbe un’arma estremamente efficace al fine di tutelare l’obiettivo dell’art. 14.2 dello Statuto del SEBC e della BCE, ossia la salvaguardia dell’indipendenza dei governatori delle Banche centrali nazionali” (ibid., par. 59), dall’altro lato, “l’annullamento di un atto adottato da un’autorità nazionale costituirebbe un’ingerenza non solo insolita, bensì anche estremamente profonda nell’ambito di competenza e dell’autonomia procedurale degli Stati membri” (ibid., par. 60).
Discostandosi da tale ricostruzione, la Corte ha rilevato, innanzitutto, che i due ricorsi presentati sulla base dell’art. 14.2 non erano identici. Infatti, il petitum formulato dal sig. Rimšēvičs mirava a far dichiarare dalla Corte l’illegittimità della decisione impugnata, mentre quello del ricorso promosso dalla BCE richiamava la procedura di infrazione, chiedendo alla Corte di pronunciare una sentenza dichiarativa sulla violazione, da parte della Repubblica di Lettonia, dell’articolo citato. La Corte ha quindi osservato, in via preliminare, “che l’articolo 14.2 dello Statuto del SEBC e della BCE non contiene alcun riferimento esplicito o implicito al procedimento per dichiarazione di inadempimento disciplinato dagli articoli 258 a 260 TFUE” (par. 65).
Al contrario, “dall’interpretazione tanto letterale quanto sistematica e teleologica dell’art. 14.2 di tale Statuto discende, invece, che il ricorso previsto in tale articolo va qualificato come ricorso in annullamento” (par.66). Infatti, quanto al tenore letterale della disposizione, il giudice dell’Unione rileva che il ricorso, come quello di annullamento disciplinato dall’art. 263 TFUE, “può essere proposto da un singolo, nel caso di specie dal governatore sollevato dal suo incarico, avverso una decisione adottata nei suoi confronti” (par. 67). Inoltre, entrambe le disposizioni enunciano negli stessi termini che i ricorsi devono essere proposti entro il termine di due mesi e che i ricorrenti possono far valere motivi vertenti sulla “violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione”. In base ad un approccio sistematico, la Corte ha inoltre ritenuto che la peculiarità dell’art. 14.2 “non è incompatibile con le caratteristiche del ricorso di annullamento” (par. 68). Infatti, sebbene tale disposizione deroghi alla “ripartizione generale delle competenze tra il giudice nazionale e il giudice dell’Unione come previsto nei Trattati e, segnatamente dall’art. 263 TFUE” (par. 69), in base al quale un ricorso ai sensi di detto articolo può riguardare solo atti di diritto dell’Unione, “tale deroga si spiega con lo specifico contesto istituzionale del SEBC in cui si iscrive” (ibid.). Secondo la Corte, il “SEBC rappresenta nel diritto dell’Unione una costruzione giuridica originale che associa e fa strettamente cooperare istituzioni nazionali, ossia le Banche centrali nazionali, e un’istituzione dell’Unione, segnatamente la BCE, e all’interno della quale vigono un’articolazione diversa e una distinzione meno pronunciata tra l’ordinamento giuridico dell’Unione e gli ordinamenti giuridici interni” (ibid.). L’art. 14.2 trae quindi le conseguenze di “detto sistema fortemente integrato voluto per il SEBC dagli autori dei trattati e, in particolare, dallo sdoppiamento funzionale del governatore di una Banca centrale nazionale, il quale è sì un’autorità nazionale, ma agisce nell’ambito del SEBC e, se è governatore di una Banca centrale nazionale di uno Stato membro la cui moneta è l’euro, siede nel principale organo direttivo della BCE” (par. 70). Proprio in considerazione di “tale status ibrido e (…) al fine di garantire l’indipendenza funzionale dei governatori delle Banche centrali nazionali in seno al SEBC (…), eccezionalmente, una decisione adottata da un’autorità nazionale e che solleva uno di loro dal suo incarico può essere impugnata dinanzi alla Corte” (ibid.).
Pertanto, l’art. 14.2 “aggiunge al sistema dei mezzi di ricorso contemplati dai trattati un mezzo di ricorso specifico, come risulta dal numero fortemente ridotto delle persone che possono avvalersene, dall’oggetto unico delle decisioni contro le quali esso è previsto e delle circostanze eccezionali in cui esso può essere esperito” (par. 71).
Infine, riguardo allo scopo per il quale tale ricorso è stato introdotto, “esso costituisce (…) un elemento essenziale dell’equilibrio istituzionale necessario ai fini della stretta cooperazione tra le Banche centrali nazionali e la BCE all’interno del SEBC” (par. 72). Infatti, il ricorso in parola “costituisce una delle principali garanzie affinché i governatori, sebbene nominati dagli Stati membri ed eventualmente da essi sollevati dall’incarico, svolgano i compiti ad essi attribuiti dai trattati in piena indipendenza e non accettino alcuna istruzione da parte delle autorità nazionali” (ibid.). Ed è proprio in considerazione della rilevanza di tale obiettivo, nonché “dell’inconveniente causato da qualsiasi ritardo nel sanzionare un [illegittimo] sollevamento dall’incarico di un governatore” (par. 73), che gli autori dei trattati hanno introdotto il ricorso di cui all’art. 14.2 dello Statuto. Infatti, “la mancata partecipazione prolungata di un membro del consiglio direttivo può compromettere gravemente il corretto funzionamento di tale organo fondamentale della BCE” (ibid.) e può comportare conseguenze gravi e immediate per l’interessato. Pertanto, secondo la Corte “sarebbero disattese le intenzioni degli autori dello Statuto SEBC e BCE se la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 14.2, secondo comma, di detto Statuto avesse natura dichiarativa e se i suoi effetti dovesse, quindi, dipendere dall’esecuzione di quest’ultima da parte delle autorità nazionali” (par. 74). Inoltre, secondo la Corte, l’esercizio della competenza ai sensi dell’art. 14.2 non esclude che la Commissione possa poi avviare un procedimento per inadempimento, nel caso in cui lo Stato membro venga meno agli obblighi ad esso incombenti in virtù della disposizione richiamata.
In definitiva, la Corte ritiene che il ricorso previsto dall’art. 14.2, secondo comma, di tale Statuto sia volto “all’annullamento della decisione adottata al fine di sollevare dall’incarico il governatore di una Banca centrale nazionale” (par. 76) e che quindi il petitum dei due ricorsi proposti debba essere considerato come volto all’annullamento della decisione impugnata.
La Corte ha quindi qualificato il mezzo di ricorso di cui all’art. 14.2 come un ricorso di annullamento e ha proceduto alla valutazione nel merito dell’eventuale violazione delle condizioni cui tale disposizione subordina il sollevamento di un governatore dall’incarico.
Nel caso di specie, rileva la Corte, “il divieto imposto al sig. Rimšēvičs di esercitare le funzioni di governatore della Banca centrale di Lettonia è motivato dalle esigenze di un’indagine penale concernente presunte condotte di quest’ultimo, ritenute delittuose, le quali, qualora accertate, costituirebbero “gravi mancanze” ai sensi dell’art. 14.2 dello Statuto della SEBC e della BCE” (par. 90). In questo contesto, spetta al giudice dell’Unione “accertare se un divieto provvisorio, imposto al governatore interessato, di esercitare l’incarico sia adottato solo se sussistono indizi sufficienti del fatto che quest’ultimo ha commesso gravi mancanze tali da giustificare siffatta misura” (par. 92).
Secondo la Corte, la Repubblica di Lettonia - sia durante la fase scritta, sia durante l’udienza - non ha fornito “alcun principio di prova in merito alle accuse di corruzione che hanno motivato l’avvio delle indagini e l’adozione della misura impugnata” (paragrafi 92 e 93). Pertanto, “la Corte non può che dichiarare che la Repubblica di Lettonia non ha dimostrato che il sollevamento del sig. Rimšēvičs dall’incarico sia fondato sull’esistenza di indizi sufficienti del fatto che egli ha commesso gravi mancanze ai sensi dell’articolo 14.2, secondo comma, dello Statuto del SEBC e BCE”, accogliendo quindi il motivo sollevato dal sig. Rimšēvičs vertente sul carattere non giustificato di tale decisione. La decisione adottata dall’Ufficio per la prevenzione e la lotta alla corruzione è quindi annullata dalla Corte nella parte in cui vieta al sig. Rimšēvičs di esercitare le sue funzioni di governatore della Banca centrale di Lettonia.


1 Protocollo n.4 sullo Statuto del SEBC e della BCE, allegato al TUE e TFUE (GU 2016, C 202, p.230).

2 L’articolo prevede che “Un governatore può essere sollevato dall'incarico solo se non soddisfa più alle condizioni richieste per l'espletamento delle sue funzioni o si è reso colpevole di gravi mancanze. Una decisione in questo senso può essere portata dinanzi alla Corte di giustizia dal governatore interessato o dal consiglio direttivo, per violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa all'applicazione dei medesimi. Tali ricorsi devono essere proposti nel termine di due mesi, secondo i casi, dalla pubblicazione della decisione, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza”.

3 Art. 276 TFUE prevede che “Nell'esercizio delle attribuzioni relative alle disposizioni dei capi 4 e 5 della parte terza, titolo V concernenti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la Corte di giustizia dell'Unione europea non è competente a esaminare la validità o la proporzionalità di operazioni condotte dalla polizia o da altri servizi incaricati dell'applicazione della legge di uno Stato membro o l'esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna”.

Osservatorio sulle fonti

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