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Nessuna questione pregiudiziale in tema di soglie di sbarramento nella disciplina delle elezioni europee (1/2019)

Sentenza n. 239/2018 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 21 dicembre 2018 – Pubblicazione in G.U. del 27/12/2018, n. 51

Motivo della segnalazione

Nella sentenza n. 239 del 2018 la Corte costituzionale ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato e aventi ad oggetto l’articolo 21, primo comma, numeri 1-bis) e 2), e l’articolo 22 della legge 24 gennaio 1979, n. 18 (Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia), con riferimento agli articoli 1, secondo comma, 3 e 48, secondo comma, della Costituzione.

Ad avviso del Consiglio di Stato, la previsione della soglia di sbarramento del 4 per cento, fissata per l’accesso al riparto proporzionale dei seggi nelle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, limiterebbe «in modo irragionevole e ingiustificato il presidio di democraticità» che trova espressione nell’elezione dei rappresentanti in Parlamento, senza che ciò trovi fondamento nel bilanciamento con altri interessi meritevoli di tutela. La presenza di una soglia di sbarramento violerebbe, inoltre, il principio di uguaglianza del voto, poiché determinerebbe la «sostanziale esclusione dalla rappresentanza politica di ampie fasce dell’elettorato», in nome della predicata esigenza di governabilità da parte delle istituzioni europee.

 

La decisione in commento si segnala, nello specifico, per un passaggio preliminare in cui la Corte si pronuncia sull’istanza con la quale gli appellanti nel giudizio a quo hanno chiesto di operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, al fine di vagliare la compatibilità con i trattati della previsione di soglie di accesso nell’ambito della disciplina nazionale relativa all’elezione dei membri del Parlamento europeo.

Si tratta di una facoltà riconosciuta in capo ai singoli Stati membri dall’articolo 2-bis dell’Atto di Bruxelles (allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom, del Consiglio del 20 settembre 1976, relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto), inserito dalla decisione del Consiglio 2002/772/CE/Euratom, a norma del quale gli Stati membri possono prevedere «la fissazione di una soglia minima per l’attribuzione dei seggi» nel limite del 5 per cento dei suffragi espressi. Lo Stato italiano ha scelto di esercitare tale facoltà con la legge n. 10 del 2009, che ha novellato la legge n. 18 del 1979 prevedendo la soglia di sbarramento del 4 per cento dei voti validi espressi.

Sul punto, nel respingere la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia presentata dagli appellanti, sul presupposto che il giudice a quo, rinviando al merito l’esame degli argomenti posti alla base dei dubbi di conformità dell’Atto di Bruxelles ai trattati, abbia sollevato la questione di legittimità costituzionale con esclusivo riferimento a parametri di diritto interno, la Corte ha ricordato quanto affermato nella sentenza n. 110 del 2015 con riferimento alla medesima questione della conformità dell’atto elettorale europeo ai trattati.

In proposito, i giudici costituzionali avevano infatti ritenuto «assorbente la considerazione che l'art. 3 dell'Atto relativo all'elezione dei rappresentanti del Parlamento europeo a suffragio universale [...] non impone affatto l'introduzione della soglia di sbarramento, ma semplicemente ne consente l'adozione ai singoli Stati membri nella misura massima del cinque per cento». Di conseguenza, non «vi è […] alcuna questione pregiudiziale [da] rivolgere alla Corte di giustizia, non sussistendo dubbi di sorta sull’esatto significato dell’evocata previsione del diritto dell’Unione europea, né integrando la previsione stessa in alcun modo il parametro di costituzionalità, secondo quanto invece richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte ai fini della sussistenza del dedotto nesso di pregiudizialità (ordinanze n. 207 del 2013 e n. 103 del 2008)».

Osservatorio sulle fonti

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