Sentenza n. 229/2018 – giudizio per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato
Deposito del 6/12/2018 – Pubblicazione in G.U. 12/12/2018 n. 49
Motivo della segnalazione
Con la sentenza n. 229/2018 la Corte costituzionale si è pronunciata su un conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato, sollevato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Bari nei confronti del Governo. In particolare, le contestazioni del ricorrente avevano ad oggetto l’art. 18, comma 5, del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 177 (Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche). Stando a questa disposizione, il Capo della polizia-direttore generale di P.S. e i vertici delle altre Forze di polizia dovrebbero adottare apposite istruzioni affinché i responsabili di ciascun presidio di polizia trasmettano alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale. Ad avviso del ricorrente, questa disposizione sarebbe stata adottata in eccesso di delega – con conseguente lesione dell’art. 76 Cost. – e avrebbe violato le prerogative costituzionali dell’autorità giudiziaria requirente, con particolare riguardo ai principi desumibili dagli artt. 109 e 112 Cost. (dipendenza funzionale della polizia giudiziaria dall’autorità giudiziaria e obbligatorietà dell’azione penale).
In particolare, l’eccesso di delega risulterebbe palese perché nessuno dei principi e criteri dettati dalla legge 7 agosto 2015, n. 124 avrebbe autorizzato il Governo a introdurre una previsione di questo tenore.
La Corte ha ritenuto il conflitto ammissibile e si è pronunciata in senso favorevole al ricorrente. In questa sede è opportuno soffermarsi sulle ragioni che hanno condotto il giudice delle leggi ad affermare l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, ossia la violazione dell’art. 76 Cost. L’organo ricorrente per conflitto di attribuzione, infatti, deve lamentare una diretta lesione delle sfere di competenze che la Costituzione gli riconosce; tale esigenza s’impone a fortiori qualora il conflitto abbia ad oggetto un atto avente valore legislativo. In assenza di una limitazione del genere infatti, avrebbe luogo una significativa alterazione del significato del giudizio per conflitto di attribuzioni, che si trasformerebbe surrettiziamente in un sindacato di costituzionalità di una disposizione legislativa alla luce di qualsiasi parametro costituzionale, così “invest[endo] il potere dello Stato ricorrente di una inesistente funzione di vigilanza costituzionale e del compito di sollecitare a questo scopo l’intervento della Corte costituzionale”. Né si potrebbe riconoscere al ricorrente – sulla falsariga di quanto avviene nel giudizio in via principale – la possibilità di lamentare una “ridondanza” dell’asserito eccesso di delega sulle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite. Se così fosse, però, l’incisione delle attribuzioni della magistratura requirente discenderebbe non già dall’eventuale eccesso di delega, bensì, in via diretta e immediata, dalla violazione dei parametri costituzionali concernenti lo status del pubblico ministero. Se anche si conviene sul fatto che il Governo abbia agito in carenza di potere – “per avere adottato una disposizione di decreto legislativo reputata in eccesso di delega” – il pregiudizio che ne deriva risulta arrecato alla sola sfera di attribuzioni che la Costituzione riconosce in capo al ricorrente. A quest’ultimo la via del conflitto di attribuzioni si schiude “solo per la tutela di tali attribuzioni, alla luce dei parametri costituzionali che delimitano, tra i poteri in conflitto, il perimetro delle rispettive competenze”. Infine, se è vero che in un’altra occasione la Corte costituzionale ha annoverato l’art. 76 Cost. fra i parametri che possono essere fatti valere dalla Corte dei conti in sede di conflitto di attribuzioni (sentenza n. 221/2002), ciò derivava dalla specificità del caso e dalla posizione del potere ricorrente, dal momento che “il principio di legalità … secondo la Costituzione, presiede all’ordinamento dei poteri della Corte dei conti di controllo sugli atti del Governo [e] qualifica lo status costituzionale della Corte dei conti medesima”.