Sentenza n. 223/2018 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 05/12/2018; Pubblicazione in G. U. 12/12/2018 n. 49
Motivo della segnalazione
In questa decisione la Corte costituzionale si confronta con questioni di legittimità sollevate dalla Corte di cassazione in ordine all’art. 9, comma 6, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), ), in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 7 della CEDU.
Oggetto di attenzione sono previsioni che, nel procedere ad una depenalizzazione in riferimento ad una fattispecie precedentemente prevista come reato, ha riconfigurato come illecito amministrativo la stessa, disponendo l’applicazione retroattiva della nuova disciplina, che viene in rilievo dunque come legge applicabile in relazione ai fatti del giudizio a quo.
A fronte di ciò, il giudice rimettente dubita, in particolare, in rapporto ai parametri sopra richiamati, della costituzionalità della disposizione impugnata appunto nella parte in cui dispone che una sanzione amministrativa (la confisca per equivalente) introdotta dalla legge 62/2005 si applichi, allorché il procedimento penale non sia stato definito, anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 62 del 2005, «e ciò pur quando il complessivo trattamento sanzionatorio generato attraverso la depenalizzazione sia in concreto meno favorevole di quello applicabile in base alla legge vigente al momento della commissione del fatto».
Il quesito sottoposto all’attenzione della Corte verte in sostanza sulla riferibilità al solo caso della successione tra leggi penali il principio della irretroattività della legge sfavorevole, desumibile tanto dall’art. 25, comma 2, Cost. quanto dall’art. 7 della CEDU o, invece, anche al caso di lex posterior che introduca una sanzione amministrativa al posto di una precedente sanzione penale, prevedendo, al contempo, come solitamente avviene l’applicabilità retroattiva di tali nuove sanzioni ai fatti commessi prima della loro entrata in vigore.
Come rilevato dal giudice delle leggi, «l’applicazione retroattiva delle nuove sanzioni amministrative – ancorché di natura sostanzialmente punitiva, e in quanto tali attratte dall’orbita di garanzia dell’art. 25, secondo comma, Cost. – è di solito compatibile con la norma costituzionale in parola, non venendo in questione l’applicazione retroattiva di un trattamento sanzionatorio più severo di quello vigente al momento del fatto, bensì – all’opposto – l’applicazione retroattiva di un trattamento sanzionatorio che risulta normalmente più favorevole». Diverso risulta invece l’approdo cui deve giungersi ove si possa dimostrare, come, secondo la Corte, nel caso di specie, che il trattamento sanzionatorio di natura amministrativa introdotto dalla legge di depenalizzazione sia deteriore rispetto a quello previsto dalla legge penale previgente.
La Corte perviene così a dichiarare l’incostituzionalità della disposizione impugnata, sulla base di un percorso argomentativo incentrato sull’affermazione che «la presunzione di maggior favore del trattamento sanzionatorio amministrativo rispetto al previgente trattamento sanzionatorio penale nell’ipotesi di depenalizzazione di un fatto precedentemente costitutivo di reato non può che intendersi, oggi, come meramente relativa, dovendosi sempre lasciare spazio alla possibilità di dimostrare, caso per caso, che il nuovo trattamento sanzionatorio amministrativo previsto dalla legge di depenalizzazione risulti in concreto più gravoso di quello previgente».