Archivio rubriche 2019

La Corte ribadisce la propria giurisprudenza in tema di “rapporti” fra legislatore delegante e legislatore delegato (1/2019)

Sentenza n. 212/2018 – Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 22/11/2018 – Pubblicazione in G.U. 28/11/2018, n. 47

Motivo della segnalazione

La Corte costituzionale è stata chiamata a giudicare della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, lettera c), numero 2), e 8 del d. lgs. n. 5/2017, recante “Adeguamento delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonché modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell’articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76”, in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 22, 76 e 117, primo comma Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 della CEDU e agli artt. 1 e 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

 

Più in particolare, posto che la prima delle due disposizioni censurate inserisce, nell’art. 20 del d.P.R. n. 223/1989, (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente), il comma 3-bis, il quale prevede che “[p]er le parti dell’unione civile le schede devono essere intestate al cognome posseduto prima dell’unione civile”, mentre la seconda delle disposizioni censurate prevede, d’altra parte, che “[…] l’ufficiale dello stato civile, con la procedura di correzione di cui all’articolo 98, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, annulla l’annotazione relativa alla scelta del cognome effettuata a norma dell’articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2016, n. 144”, ad avviso del giudice a quo risulterebbe concretata una violazione delle seguenti disposizioni costituzionali: in primo luogo l’art. 2, poiché la parte dell’unione civile verrebbe privata, d’ufficio e senza contraddittorio, del cognome comune legittimamente acquisito e utilizzato, così determinando la lesione dei diritti al nome, all’identità e alla dignità personale; in secondo luogo il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3, non essendo rinvenibile alcuna giustificazione del potere statale d’intervenire d’imperio, con la procedura senza contraddittorio prevista per la correzione di errori materiali, al fine di modificare l’identità personale di un soggetto; in terzo luogo l’art. 22, poiché, con l’eliminazione della valenza anagrafica del cognome comune, la parte dell’unione civile verrebbe privata di un cognome già acquisito; in quarto luogo l’art. 76, poiché il legislatore delegante non avrebbe conferito alcun potere di revoca o annullamento delle iscrizioni e annotazioni già effettuate; infine gli artt. 11 e 117, primo comma, poiché sarebbe pregiudicato il diritto al nome e al rispetto della vita privata e familiare, garantito dall’art. 8 della CEDU e dagli artt. 1 e 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

A fronte delle questioni sottoposte alla sua attenzione il Giudice delle leggi si sofferma innanzitutto sulla supposta lesione dell’art. 76 Cost. dal momento che è proprio la scelta del legislatore delegato che è stata censurata dal giudice rimettente, assumendo che essa contrasti, in primo luogo, con i principi posti dalla legge n. 76/2016 e, dunque, appunto con l’art. 76 Cost.

A questo proposito la Corte ha modo e occasione di ribadire con forza il suo pregresso orientamento in merito a quello che potrebbe essere definito il “rapporto” intercorrente fra legislatore delegato e legislatore delegante.

La Consulta infatti osserva che la previsione di cui all’art. 76 Cost. non osta all’emanazione, da parte del legislatore delegato, di norme che rappresentino un coerente sviluppo e un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante: più specificamente, si deve escludere che la funzione del primo sia limitata ad una mera “scansione linguistica” di previsioni stabilite dal secondo. Il sindacato costituzionale sulla delega legislativa deve, così, svolgersi attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli, riguardanti, da un lato, le disposizioni che determinano l’oggetto, i princìpi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione e, dall’altro, le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i princìpi e i criteri direttivi della delega: il che, se porta a ritenere del tutto fisiologica quell’attività normativa di completamento e sviluppo delle scelte del delegante, circoscrive, d’altra parte, il vizio in discorso ai casi di dilatazione dell’oggetto indicato dalla legge di delega, fino all’estremo di ricomprendere in esso materie che ne erano escluse.

La Corte così conclude che nel caso specifico nell’opera di adeguamento dell’ordinamento dello stato civile alle previsioni sul cognome delle unioni civili è stata compiuta una scelta che rappresenta il coerente sviluppo dei principi posti dalla legge di delega e dunque la stessa Corte, che nel seguito del dispositivo arriverà alla medesima conclusione anche per gli altri parametri invocati dal giudice a quo, rileva che innanzitutto in riferimento all’art. 76 Cost. la questione sollevata non è fondata.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

L’Osservatorio sulle fonti è stato riconosciuto dall’ANVUR come rivista scientifica e collocato in Classe A.

Contatti

Per qualunque domanda o informazione, puoi utilizzare il nostro form di contatto, oppure scrivici a uno di questi indirizzi email:

Direzione scientifica: direzione@osservatoriosullefonti.it
Redazione: redazione@osservatoriosullefonti.it

Il nostro staff ti risponderà quanto prima.

© 2017 Osservatoriosullefonti.it. Registrazione presso il Tribunale di Firenze n. 5626 del 24 dicembre 2007 - ISSN 2038-5633