Sentenza n. 28/2019 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale
Deposito del 28/02/2019 – pubblicazione in G. U. 06/03/2019, n. 10
Motivo della segnalazione
La decisione in questione riguarda la legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Abruzzo 23 gennaio 2018, n. 5, recante «Norme a sostegno dell’economia circolare - Adeguamento Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti (PRGR)», nonché dell’adeguato piano regionale di gestione integrata dei rifiuti, composto dagli Allegati a tale legge, in riferimento agli artt. 117, II comma, lettera s), e 118, I comma, della Costituzione. La parte ricorrente ritiene che l’Abruzzo, nel provvedere all’adeguamento del piano mediante legge anziché mediante atto amministrativo, abbia leso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema nonché il principio generale di «primarietà dell’ambiente».
L’art. 199 del d. lgs. 152/2006 (Norme in materia ambientale), prevede che le Regioni predispongano e adottino i piani di gestione dei rifiuti applicando la procedura in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), e rendano disponibili le informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate. Per il governo, quanto previsto dalla disposizione appena citata imporrebbe alle Regioni l’adozione del piano con atto amministrativo. Questo perché l’adozione dell’atto amministrativo, al termine di un percorso procedimentale, consentirebbe un’appropriata valutazione degli interessi in gioco, relativi alla tutela ambientale; la normativa statale corrisponderebbe, quindi, a una soglia minimale di tutela, che le Regioni sono tenute a rispettare.
Quanto disposto dall’Abruzzo sarebbe in contrasto con gli artt. 117, II comma, lett. S) e 118, I comma, Cost. perché il piano, come ridefinito, si porrebbe in ulteriore contrasto con i livelli minimi di tutela uniforme sul territorio nazionale e con il contenuto della funzione amministrativa statale di carattere programmatorio stabiliti dall’art. 35, I comma, del d.l. 133/2014 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, nella l. 164/2014, nonché dal d.P.C.m. 10 agosto 2016 (Individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati). Il piano conterrebbe previsioni contrastanti con le stime relative al fabbisogno ed alla capacità di smaltimento della Regione Abruzzo di cui alle richiamate norme statali (punto 1.2 del considerato in diritto).
La Consulta, valutate come fondate le questioni, osserva che la parte ricorrente è andata a contestare la fonte con cui il piano è stato adeguato, poiché il legislatore regionale non potrebbe intervenire in una sfera riservata all’attività amministrativa.
Preliminarmente, il giudice delle leggi osserva che si tratta di una materia di competenza esclusiva statale: quindi, la legge statale può certamente imporre la forma dell’atto amministrativo, anziché consentire l’uso della fonte primaria. Vengono richiamate, sul punto, le sentt. n. 44 del 2010, n. 271 e n. 250 del 2008, nonché, con riferimento all’art. 118 Cost., la sent. 20 del 2012. Va però rilevato che l’art. 199 del d.lgs. n. 152 del 2006 non pone un vincolo esplicito in tal senso; ma la Corte ritiene che esso sussista, dal momento che già in altre occasioni la stessa Consulta ha avuto modo di osservare «in via generale, che «il passaggio dal provvedere in via amministrativa alla forma di legge è più consono alle ipotesi in cui la funzione amministrativa impatta su assetti della vita associata, per i quali viene avvertita una particolare esigenza di protezione di interessi primari “a fini di maggior tutela e garanzia dei diritti […]; viceversa, nei casi in cui la legislazione statale, nelle materie di competenza esclusiva, conformi l’attività amministrativa all’osservanza di criteri tecnico-scientifici, lo slittamento della fattispecie verso una fonte primaria regionale fa emergere un sospetto di illegittimità” (sentenza n. 20 del 2012; nello stesso senso sentenze n. 90 del 2013 e n. 143 del 1989)» (punto 2.3 del considerato in diritto). Del resto, proprio con riferimento all’ambiente e all’ecosistema, la Consulta ha chiarito che «le norme statali che rimettono la definizione di interventi regionali ad atti di pianificazione devono intendersi prescrittive della forma dell’atto amministrativo; solo così, infatti, è possibile assicurare «le “garanzie procedimentali per un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici”, con conseguente divieto per la regione di ricorrere ad una legge-provvedimento» (sent. 174/2017; nello stesso senso, sent. 139/2017)» (ibidem). L’atto amministrativo – sottolinea la Corte - «costituisce il punto di approdo di un’adeguata attività istruttoria svolta nella sede procedimentale, aperta al coinvolgimento degli enti territoriali e dei soggetti privati interessati, e quindi preordinata all’apprezzamento e alla sintesi delle plurime istanze coinvolte (siano esse statali, locali o private); è in tale sede che dette istanze possono adeguatamente emergere ed essere valutate in modo trasparente, e ciò non solo a garanzia dell’imparzialità della scelta – nel rispetto del principio di cui all’art. 97 Cost. – ma anche e soprattutto per il perseguimento, nel modo più adeguato ed efficace, dell’interesse primario coinvolto, che consiste nell’inveramento della tutela ambientale (sentenze n. 69 e 66 del 2018).» (punto 2.4 del considerato in diritto). Il legislatore non ha seguito le indicazioni ed è intervenuto incidendo con atti in forma di legge sul piano regionale di gestione integrata dei rifiuti. Così facendo, ha omesso di dar corso all’adeguata valutazione dei diversi interessi coinvolti nella materia così come previsto dal legislatore statale; sulla base di quanto detto sopra la disciplina regionale è incostituzionale. La pronuncia della Corte colpisce non solo l’impugnato art. 2 della legge reg. Abruzzo 5/2018 ed il piano allegato, ma, in via consequenziale, si riverbera anche sull’art. 11, comma IV-bis, della legge reg. Abruzzo 45/2007, aggiunto dall’art. 11, I comma, della legge reg. Abruzzo 44/2011, che stabilisce una riserva di legge per l’adeguamento del piano regionale dei rifiuti. Quest’ultima previsione, infatti, quantunque estranea alle censure del ricorrente, è manifestamente correlata con la norma regionale impugnata, perché è all’origine del vizio della stessa, evidenziando così la necessità di estendere ad essa la dichiarazione di illegittimità costituzionale.
Restano assorbiti ulteriori motivi di censura.