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Con due ordinanze, iniziano a trovare applicazione le nuove norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (1/2020)

Risale al 22 gennaio la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della novella alle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, deliberata dal giudice delle leggi l’8 gennaio. Essa è relativa, tra l’altro, alla necessità di un’apposita ordinanza (nuovo art. 4-bis n.i.) per decidere, precedentemente alla trattazione della causa, dell’ammissibilità dell’intervento in un giudizio in via incidentale di terzi «titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio» (nuovi commi 6 e 7 dell’art. 4 n.i.), onde consentire a tali soggetti l’accesso agli atti processuali. Inoltre, la riforma delle norme integrative introduce la possibilità di convocare una camera di consiglio, presenti i giudici e le parti, per l’audizione di «esperti di chiara fama», al fine di «acquisire informazioni attinenti a specifiche discipline» (nuovo art. 14-bis). Con due recenti provvedimenti, queste due disposizioni hanno già trovato prima applicazione.

Nella camera di consiglio del 10 febbraio, relativa al giudizio in via d’eccezione sull’art. 13 della l. 47/1948 e sull’art. 595, co. 3 c.p., in materia di diffamazione a mezzo della stampa (relatore il prof. Francesco Viganò), è stata deliberata l’ordinanza n. 37/2020 (depositata il 27 febbraio). Essa interviene sull’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, il quale era stato promosso da tale ente in quanto «da tempo avrebbe orientato la propria azione politica e culturale alla denuncia delle criticità della disciplina sanzionatoria della diffamazione a mezzo stampa», nella qualità di «organismo rappresentativo […] preposto alla tutela di “tutti gli interessi pubblici, oggettivamente immanenti, della categoria professionale”, risultando così portatore di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio».
L’intervento è stato dichiarato ammissibile, e il Consiglio autorizzato ad accedere agli atti del giudizio, ma non già in ragione del fatto che esso svolge «funzioni di autogoverno e promozione del miglioramento, aggiornamento e perfezionamento della professione giornalistica», né in quanto contribuisce a tutelare i diritti e rappresentare gli interessi collettivi degli esercenti la professione giornalistica, i quali sono bensì inerenti al thema decidendum, ma avrebbero, al più, consentito di inviare una memoria come amicus curiae (ex nuovo articolo 4-ter n.i.). Piuttosto, il «nesso con lo specifico rapporto giuridico dedotto in giudizio» viene identificato «in relazione alla competenza disciplinare attribuita al Cnog», in quanto «dall’eventuale condanna penale e dalla sua gravità, a carico del giornalista e del direttore responsabile imputati nel procedimento a quo, deriverebbero specifiche conseguenze in ordine all’avvio dell’azione disciplinare».
Peraltro, mette conto rilevare che, nonostante avesse questa facoltà (ex art. 4-bis, co. 3 n.i.), la parte costituitasi in giudizio non ha ritenuto di «depositare [una] sintetica memoria concernente […] la questione dell’ammissibilità dell’intervento». Interessante, inoltre, osservare come, contrariamente agli auspici di una parte della dottrina, l’intervento del presidente del Consiglio dei ministri non è stato soggetto, in ordine all’ammissibilità, a uno scrutinio analogo a quello dell’ente di categoria: dal tenore della pronuncia, secondo la quale la novella «recepisce la costante giurisprudenza […] in merito all’ammissibilità dell’intervento nei giudizi in via incidentale di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo, dal presidente del Consiglio dei ministri e dal presidente della Giunta regionale», parrebbe anzi che questa eventualità non fosse proprio presa in considerazione dai giudici costituzionali, i quali avrebbero, dunque, privilegiato una lettura autonoma dei commi 1 e 2 dell’art. 4 n.i. rispetto ai seguenti e al successivo art. 4-bis.
Inoltre, con un comunicato stampa, datato 28 febbraio 2020, la Corte ha altresì annunciato di aver già provveduto a dare applicazione all’art. 14-bis n.i., deliberando un’apposita «ordinanza di convocazione esperti», emessa in camera di consiglio il 27 febbraio e depositata in cancelleria. Questa interviene nel giudizio in via incidentale sull’art. 1, co. 1047 della l. 205/2017, in materia di posizioni organizzative di elevata responsabilità dei dirigenti delle agenzie fiscali (relatore il prof. Nicolò Zanon). Al fine di «acquisire ulteriori e specifiche informazioni in relazione alle esigenze organizzative delle Agenzie fiscali, alle mansioni assegnate al personale e alle modalità di selezione dello stesso», il 23 marzo 2020 saranno auditi dai giudici il prof. Elio Borgonovi (già ordinario di Economia aziendale nell’Università commerciale “Luigi Bocconi” di Milano) e il dott. Vieri Ceriani (dirigente pubblico, già sottosegretario all’Economia e alle finanze nel Governo Monti); come di regola, l’adunanza si terrà alla presenza delle parti, che potranno essere autorizzate dalla presidente a porre anch’esse domande (anche se, invero, di questo il comunicato non fa menzione, a differenza della possibilità di intervenire riconosciuta espressamente a tutti i giudici).
La Corte, dunque, dimostra di voler pienamente attingere ai nuovi strumenti processuali che ha studiato e introdotto per sé stessa. Restano da vedere operativi, tra le novità, gli amici curiae, che, con le loro memorie, potranno contribuire a portare all’attenzione della Consulta le ragioni legate alla promozione di «interessi collettivi o diffusi», da essi rappresentati e «attinenti alla questione di costituzionalità» (art. 4-ter n.i): ma non si dovrà pazientare a lungo. La strada della rivendicata “apertura alla società civile” è ormai aperta.

Osservatorio sulle fonti

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