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La disciplina delle relazioni future tra Unione europea e Regno Unito alla luce del rapporto tra il nuovo Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione e il precedente Accordo di recesso (1/2021)

Il 30 dicembre 2020, a seguito dell’iter negoziale iniziato nel febbraio del medesimo anno[1], è stato firmato l’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’Energia atomica, da una parte, e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra (d’ora in avanti, «Accordo sugli scambi commerciali»)[2]. La presente scheda mira quindi a chiarire il regime applicabile alle relazioni tra Regno Unito e Unione europea, alla luce del rapporto tra il precedente l’Accordo di recesso del Regno Unito e Irlanda del Nord dall’Unione europea[3] e l’Accordo sugli scambi commerciali. Verranno inoltre brevemente ricostruiti i contenuti più rilevanti di quest’ultimo accordo[4].

L’Accordo sugli scambi commerciali rappresenta l’ultima tappa, in ordine cronologico, del lungo percorso che ha condotto al recesso del Regno Unito e Irlanda del Nord dall’Unione europea, con effetto dal 1° febbraio 2020.[5] Invero, la procedura di conclusione dell’Accordo sugli scambi commerciali non è ancora formalmente terminata, difettando la previa approvazione del Parlamento europeo, che l’art. 218, par. 6, TFUE richiede, trattandosi di un accordo di associazione. Tuttavia, le parti hanno convenuto di applicare l’accordo in via provvisoria a decorrere dal 1° gennaio 2021 e fino al 28 febbraio 2021 – data successivamente prorogata al 30 aprile 2021, su decisione del Consiglio di partenariato,[6] al fine di permettere la traduzione dell’accordo nelle 24 lingue ufficiali e, quindi, una più approfondita analisi del testo da parte del Parlamento europeo prima della sua approvazione. Nel Regno Unito è invece già entrato in vigore, il 31 dicembre 2020, l’European Union (Future Relationship) Act 2020,[7] con il quale il Parlamento nazionale ha dato esecuzione, a livello interno, all’Accordo sugli scambi commerciali.

Con la scadenza, il 31 dicembre 2020, del periodo transitorio previsto dall’Accordo di recesso, durante il quale il diritto dell’Unione ha continuato a trovare applicazione quasi nella sua interezza nel e al Regno Unito e Irlanda del Nord,[8] l’attuale disciplina delle relazioni tra quest’ultimo stato e l’Unione europea è ora contenuta, in parte, nelle disposizioni ancora applicabili dello stesso Accordo di recesso, e in parte, nell’Accordo sugli scambi commerciali. Inoltre, a questi due strumenti, si aggiungono anche l’Accordo tra il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Comunità europea dell’energia atomica per la cooperazione sugli usi sicuri e pacifici dell’energia nucleare[9], nonché l’Accordo tra l’Unione europea e il Regno di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sulle procedure di sicurezza per lo scambio e la protezione di informazioni classificate[10], che tuttavia esulano dall’oggetto di questa scheda.

Per quanto riguarda, più specificamente, i rapporti tra l’Accordo di recesso e l’Accordo sugli scambi commerciali, va innanzitutto precisato che mentre il primo trova la sua base giuridica nell’art. 50 TUE, il secondo è un accordo di associazione ai sensi dell’art. 217 TFUE[11]. Sebbene i due strumenti abbiano quindi una natura giuridica differente, il loro stretto legame emerge sia dall’art. 50, par. 2, TUE, il quale prevede che «l’Unione negozia e conclude con [lo] Stato [che decide di recedere] un accordo volto a definire le modalità di recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione» (corsivo aggiunto), sia dall’art. 184 dell’Accordo di recesso, in cui le parti - Regno Unito e Unione europea – si sono impegnate, «in buona fede e nel pieno rispetto dei rispettivi ordinamenti giuridici, [a] prendere le misure necessarie per negoziare sollecitamente gli accordi che disciplinano le loro relazioni future di cui alla dichiarazione politica del 17 ottobre 2019». Con tale dichiarazione[12], che accompagnava l’Accordo di recesso, sono stati infatti stabiliti i parametri «of an ambitious, broad, deep and flexible partnership across trade and economic cooperation with a comprehensive and balanced Free Trade Agreement at its core, law enforcement and criminal justice, foreign policy, security and defence and wider areas of cooperation» (punto 3, dichiarazione politica). Inoltre, nella dichiarazione, si sottolineava come il negoziando Accordo sulle relazioni future avrebbe dovuto tenere conto dello «unique context» in cui si trovava il Regno Unito, per lungo tempo uno Stato membro dell’Unione, caratterizzato da un «high level of integration between the Union's and the United Kingdom's economies, and an interwoven past and future of the Union's and the United Kingdom's people and priorities» (punto 5, dichiarazione politica).     

L’Accordo sugli scambi commerciali concerne dunque un’ampia gamma di settori che interessano i rapporti tra Unione europea e Regno Unito. Esso si compone di 7 parti, ciascuna delle quali comprensiva di diversi articoli con una specifica numerazione e sigla che riprende l’area tematica cui appartengono: Disposizioni comuni e Istituzionali (artt. COMPROV. 1 – INST. 8); Commercio, Trasporti, Pesca e Altri accordi (artt. GOODS.1 -  OTH.10); Cooperazione delle autorità di contrasto e giudiziarie in materia penale (artt. LAW.GEN.1 – LAW.DS.7); Cooperazione tematica (artt. HS.1 – CYB.5); Partecipazione ai programmi dell’Unione, sana gestione finanziaria e disposizioni finanziarie (artt. UNPRO.0.1 – UNPRO.8); Risoluzione delle controversie e disposizioni orizzontali (artt. INST.9 – INST.36); Disposizioni finali (artt. FINPROV.1- FINPROV.7). Sono inoltre parte integrante dell’Accordo i protocolli, gli allegati, le appendici e le note a piè di pagina, come stabilito dall’art. FINPROV.7 dello stesso.

Alla disciplina contenuta nell’Accordo sugli scambi commerciali, si aggiungono le disposizioni dell’Accordo di recesso che, salvo alcuni aspetti, continuano ad applicarsi anche dopo la fine del periodo transitorio. In particolare, l’art. 185 dell’Accordo di recesso prevede espressamente, salvo alcune eccezioni, che la disciplina contenuta nella parte seconda, Diritti dei cittadini, nella parte terza, Disposizioni relative alla separazione, nonché nel titolo I, rubricato Coerenza d’interpretazione e applicazione (artt. 158- 163), e negli articoli da 169 a 181, della parte sesta, Disposizioni istituzionali e finali, trovi applicazione dalla fine del periodo transitorio. Per quanto riguarda i protocolli, parte integrante dell’Accordo di recesso, sempre l’art. 185 precisa che, al termine del periodo transitorio, l’intero Protocollo su Irlanda e Irlanda del Nord è divenuto applicabile, insieme al Protocollo sulle zone di sovranità del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a Cipro (ad eccezione del suo art. 11). Al contrario, il protocollo su Gibilterra (tranne il suo art. 1 sui diritti dei cittadini), ha cessato di applicarsi alla fine del medesimo periodo[13].

In questa sede, si cercherà quindi di dare conto dei punti più rilevanti del contenuto dell’Accordo sugli scambi commerciali, che consta di quasi 1500 pagine, cercando di evidenziare le maggiori differenze rispetto a quanto previsto dall’Accordo di recesso.     

Innanzitutto, nella prima parte dell’Accordo sugli scambi commerciali, intitolata Disposizioni comuni e istituzionali, viene indicato l’obiettivo dell’Accordo, ovvero «[stabilire] le basi di ampie relazioni tra le parti, in uno spazio di prosperità e buon vicinato caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione, nel rispetto dell'autonomia e della sovranità delle parti» (art. COMPROV. 1). Queste ultime si impegnano ad assistersi reciprocamente nell’adempimento dell’accordo (o di un eventuale accordo integrativo), «nel pieno rispetto reciproco e in totale buona fede» (art. COMPROV. 3).

Di particolare interesse appaiono, poi, gli artt. COMPROV. 13 e COMPROV. 16, dai quali emerge la natura dell’Accordo sugli scambi commerciali quale accordo di diritto internazionale pubblico. Infatti, le disposizioni dell’Accordo e dell’eventuale accordo integrativo devono essere «interpretate in buona fede sulla base della loro accezione abituale nel loro contesto e alla luce dell'oggetto e della finalità del presente accordo secondo le norme di interpretazione consuetudinarie del diritto internazionale pubblico, comprese quelle codificate nella convenzione di Vienna sul diritto dei trattati» (art. COMPROV. 13, par. 1). Inoltre, né tale accordo né l’eventuale accordo integrativo «istituiscono l'obbligo di interpretare le disposizioni ivi contenute secondo il diritto interno dell'una o dell'altra parte», né la loro interpretazione, resa dall’organo giurisdizionale di una parte, «è vincolante per gli organi giurisdizionali dell'altra parte» (ibid., paragrafi 2 e 3). L’Accordo peraltro esclude che le sue disposizioni o quelle dell’eventuale accordo integrativo possano essere considerate come idonee a produrre effetti diretti: infatti, salvo alcune eccezioni, «nulla nel presente accordo o eventuale accordo integrativo dovrà interpretarsi in modo da conferire diritti o imporre obblighi a persone diversi dai diritti o dagli obblighi istituiti tra le parti in forza del diritto internazionale pubblico, né da consentire che il presente accordo o eventuale accordo integrativo sia direttamente invocato negli ordinamenti giuridici interni delle parti» (art. COMPROV. 16, par.1).

Tali disposizioni appaiono in netta discontinuità con quanto invece previsto dall’art. 4 dell’Accordo di recesso, rubricato «Metodi e principi relativi agli effetti giuridici, all'attuazione e all'applicazione del presente accordo», secondo cui le disposizioni di tale Accordo e quelle del diritto dell'Unione da esso rese applicabili «producono nei confronti del Regno Unito e nel Regno Unito gli stessi effetti giuridici che producono nell'Unione e nei suoi Stati membri» (art. 4, par. 2). Ciò implica che, da un lato, «le persone giuridiche o fisiche possono in particolare far valere direttamente le disposizioni contenute nel[l’]accordo o cui [l’]accordo rinvia, che soddisfano le condizioni di efficacia diretta a norma del diritto dell'Unione» (Ibid.); dall’altro lato, il Regno Unito ha l’obbligo di provvedere ad assicurare la conformità con il paragrafo 1, anche per quanto riguarda il conferimento alle proprie autorità giudiziarie e amministrative «dei poteri necessari per disapplicare le disposizioni nazionali incoerenti o incompatibili, attraverso il diritto primario nazionale» (art. 4, par. 3).   

La seconda parte dell’Accordo sugli scambi commerciali, su cui non è possibile fornire un esame dettagliato, dara l’eterogeneità dei contenuti, è dedicata alla disciplina del Commercio, trasporti, pesca e altri accordi, ed è suddivisa in 6 Rubriche: Commercio; Settore aereo; Trasporto su strada; Coordinamento della sicurezza sociale e visti per soggiorni di breve durata; Pesca; Altre disposizioni

La terza parte dell’Accordo sugli scambi commerciali riguarda, invece, la Cooperazione delle autorità di contrasto e giudiziarie in materia penale, il cui obiettivo è quello di regolare la cooperazione tra autorità dell’Unione, da un lato, e del Regno Unito, dall’altro, «in materia di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati e di prevenzione e contrasto del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo» (art. LAW.GEN.1). Sono quindi escluse dall’ambito di applicazione le «situazioni verificatesi tra gli Stati membri o tra gli Stati membri e istituzioni, organi o organismi dell'Unione, [nonché le] attività di autorità responsabili per la salvaguardia della sicurezza nazionale quando agiscono in questo ambito» (ibid., par. 2). Di particolare rilievo è l’art. LAW.GEN.3, nel quale si sottolinea che la cooperazione di cui alla presente parte «si basa sul rispetto che le parti e gli Stati membri nutrono da lunga data per la democrazia, lo Stato di diritto e la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, come enunciati anche nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e sull'importanza che attribuiscono all'attuazione sul piano interno dei diritti e delle libertà previste da detta convenzione» (par. 1). Inoltre, «[n]ulla della presente parte modifica l'obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici quali sanciti in particolare nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo e, per l'Unione e i suoi Stati membri, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea» (par. 2).  

Va infine rilevata l’esistenza di un apposito meccanismo di risoluzione delle controversie relative alla parte terza dell’Accordo sugli scambi commerciali. Esso prevede una prima fase in cui le parti si adoperano «per risolvere la controversia avviando consultazioni in buona fede per pervenire a una soluzione concordata» (art. LAW.DS.4, par. 1). Se le parti non arrivano a una soluzione concordata (art. LAW.DS.5), la parte attrice può, in presenza di determinate circostanze, «sospendere i titoli della presente parte cui si riferisce la violazione grave mediante notifica scritta per via diplomatica» (art. LAW.DS.6, par.1). In particolare, tale notifica specifica la violazione grave degli obblighi a carico della parte convenuta su cui si basa la sospensione. I titoli così sospesi potranno essere ripristinati unilateralmente, qualora la parte attrice ritenga che «sia venuta meno la grave violazione degli obblighi su cui si basava la sospensione» (ibid., par 5)

La parte quarta riguarda la Cooperazione telematica, e tocca aspetti quali la Sicurezza sanitaria e la Cybersicurezza, mentre la parte quinta prende in esame la Partecipazione ai programmi dell'Unione, Sana gestione finanziaria e Disposizioni finanziarie, e si applica «alla partecipazione del Regno Unito ai programmi e alle attività dell'Unione e ai relativi servizi, ai quali le parti hanno convenuto che il Regno Unito partecipi» (art. UNPRO.0.1).

La parte sesta riguarda invece la Risoluzione delle Controversie e disposizioni orizzontali e prevede l’istituzione di «un meccanismo efficace ed efficiente per evitare e risolvere le controversie che possono insorgere tra le parti riguardanti l'interpretazione e l'applicazione del presente accordo o eventuale accordo integrativo per pervenire, per quanto possibile, a una soluzione concordata» (art. INST.9). A tal fine, «le parti si impegnano a non avvalersi di meccanismi di risoluzione diversi da quelli previsti dal presente accordo» (art. INST.11). Per quanto riguarda la procedura, in via di principio, essa si compone di più fasi. In un primo tempo, è previsto che qualora la parte attrice reputi che l’altra parte «abbia violato un obbligo ad essa incombente in virtù del presente accordo o eventuale accordo integrativo, le Parti si adoperano per risolvere la controversia avviando consultazioni in buona fede per pervenire a una soluzione concordata» (art. INST.13, par. 1). Se non si raggiunge una soluzione concordata, la parte attrice può chiedere la costituzione di un collegio arbitrale, che si compone di tre arbitri scelti, in principio, d’accordo tra le parti (artt. INST.14 e INST.15). Tale collegio si esprime con un lodo, nel quale indica «le conclusioni di fatto e di diritto e le motivazioni alla base di tutte le risultanze da esso formulate» (art. INST.17). Se nel lodo arbitrale, il collegio riconosce che la parte convenuta ha violato un obbligo ad essa incombente in virtù dell’Accordo o eventuale accordo integrativo, «detta parte prende provvedimenti per l'esecuzione immediata del lodo al fine di conformarsi alle disposizioni contemplate» (art. INST. 21, par.1) o, qualora l’esecuzione immediata non sia possibile, la parte convenuta deve indicare «il periodo ragionevole di cui avrà bisogno per conformarsi a detto lodo» (art. INST. 22, par. 1). Il collegio arbitrale può inoltre nuovamente essere adito, qualora vi sia disaccordo tra le parti sull’esecuzione del lodo. In determinate circostanze, la parte attrice potrà sospendere l’applicazione degli obblighi derivanti dalle disposizioni dell’Accordo sugli scambi commerciali in questione (art. INST.24).

La procedura così descritta si distingue da quella prevista dall’Accordo di recesso, in particolare, per quanto riguarda il ruolo della Corte di giustizia. Anche nella risoluzione delle controversie riguardanti l'interpretazione e l'applicazione delle disposizioni dell’Accordo di recesso è previsto che le parti debbano «avvia[re] consultazioni in buona fede in sede di comitato misto per pervenire a una soluzione concordata» (art. 169). In mancanza di tale soluzione, ed entro i tre mesi dalla comunicazione dell’intenzione di avviare la consultazione, l’Unione o il Regno Unito possono chiedere la costituzione di un collegio arbitrale, che si compone di cinque membri (artt. 170 e 171). Il collegio arbitrale decide con un lodo entro, di regola, dodici mesi dalla costituzione del collegio stesso, il quale è vincolante per le parti (art. 175). Tuttavia, ove la controversia sottoposta ad arbitrato «sollev[i] una questione d'interpretazione di un concetto di diritto dell'Unione, [ovvero] d'interpretazione di una disposizione del diritto dell'Unione (…) il collegio arbitrale non decide su una tale questione» (art. 174). In tal caso, infatti, esso chiederà alla Corte di giustizia dell'Unione europea di pronunciarsi sulla questione e la decisione di quest’ultima sarà vincolante per il collegio arbitrale. 

Per quanto riguarda la parte relativa alle Disposizioni finali, va rilevato come, a differenza dell’Accordo di recesso, sia possibile per le parti denunciare l’intero Accordo sugli scambi commerciali «mediante notificazione scritta per via diplomatica all'altra parte» (art. FINPROV. 8). In tal caso, l’accordo o eventuale accordo integrativo cesserà di essere in vigore il primo giorno del dodicesimo mese successivo alla data della notifica.

 

[1] Una cronologia della procedura di negoziazione dell’accordo sulle future relazioni tra UE e Regno Unito è consultabile all’indirizzo https://www.consilium.europa.eu/en/policies/eu-uk-negotiations-on-the-future-relationship/

[2] In GU L 444 del 31 dicembre 2020, pp. 14-1462. Il testo dell’accordo è reperibile all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A22020A1231%2801%29.

[3] GU L 29 del 31 gennaio 2020, pp. 7-187; consultabile all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:12020W/TXT).

[4] Per una prima analisi dei contenuti dell’Accordo si rimanda al webinar organizzato dall’Associazione Italiana Studiosi di Diritto dell’Unione europea (AISDUE) su “I nuovi rapporti commerciali e di cooperazione Unione europea – Regno Unito” del 12 febbraio 2021: https://www.youtube.com/watch?v=udABaLznIsg&t=47s&ab_channel=AISDUE

[5] La cronologia dell’intera procedura è consultabile all’indirizzo https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-uk-after-referendum/. L’entrata in vigore dell’Accordo di recesso  è avvenuta il 1° febbraio 2020.

[6] Ai sensi dell’art. FINPROV. 11. Il consiglio di partenariato è un organo ad hoc previsto dall’Accordo, che comprende rappresentanti dell'Unione e rappresentanti del Regno Unito. 

[7] Il testo è consultabile all’indirizzo https://www.legislation.gov.uk/ukpga/2020/29/contents/enacted.

[8] Cfr. Accordo di recesso, art. 127.

[9] In GU L 445 del 31 dicembre 2020, pp. 5-22. Il testo è reperibile https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:22020A1231(04).

[10] In GU L 444 del 31 dicembre 2020, pp. 1463-1474. Il testo è reperibile all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv%3AOJ.L_.2020.444.01.1463.01.ENG

[11] In questo senso si è pronunciato il servizio giuridico del Consiglio, che, con un parere, ha peraltro precisato la natura esclusiva della competenza esercitata dall’Unione nel concludere l’accordo. Il testo non è ancora reperibile online, ma si rimanda su questo punto a http://eulawanalysis.blogspot.com/2021/01/the-brexit-deal-council-legal-service.html

[12] Qui il testo della dichiarazione:  https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/revised_political_declaration.pdf

[13] Per una sintesi della struttura e dei principali contenuti dell’Accordo di recesso, si veda, in questo Osservatorio, N. Lazzerini, L’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, in Osservatorio sulle fonti (https://www.osservatoriosullefonti.it/archivi/archivio-rubriche/archivio-rubriche-2020/525-fonti-dell-unione-europea-e-internazionali/2757-osf-1-2020-ue-4). Si rinvia inoltre alle spiegazioni dell’Accordo di recesso fornite dalla Commissione europea e reperibili sul sito https://ec.europa.eu/info/publications/eu-uk-withdrawal-agreement-explained_en

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