Sent. n. 66/2022 – giudizio di costituzionalità in via incidentale
Deposito del 11/03/2022 – Pubblicazione in G. U. 16/03/2022 n. 11
Motivi della segnalazione
Soffermandosi sulle questioni ritenute significative dallo specifico punto di vista della Rubrica, la sentenza in oggetto è stata emessa nell’ambito di un giudizio in via incidentale promosso dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, la quale dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 81, 97, 103, 111 (questo in relazione all’«art. 6 CEDU come ripreso dall’art. 47 Carta UE») e 119, primo, secondo e quarto comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, in combinato disposto con il comma 684, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», «come interpretati autenticamente» dall’art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), ovverosia nel presupposto interpretativo che essi, nel regolare la procedura di discarico per inesigibilità dei crediti, avrebbero «effetto anche per le società private “scorporate”». In particolare, l’art. 1, comma 815, della legge n. 160 del 2019, dispone che «[i] contenuti delle norme vigenti riferite agli agenti della riscossione si intendono applicabili, sin dalla data di entrata in vigore delle stesse norme, anche alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, il cui ramo d’azienda è stato trasferito ai sensi dell’articolo 3, comma 24, lettera b)», del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (cioè alle cosiddette società private “scorporate”).
Ad essere sollevate sono questioni attinenti alla complessa materia della contabilità pubblica e, in particolare, vertenti sul tema dell’applicabilità delle norme riferite ad attività degli agenti della riscossione a quelle svolte, in regime di concessione, per conto degli enti locali dalle c.d. società private scorporate. Sul punto la Corte (con sent. n. 51/2019) si era espressa in senso negativo (cioè nel senso della non applicabilità di quelle norme alle società scorporate, non qualificabili come agenti della riscossione). La succitata disposizione della legge n. 160/2019, la quale adoperava espressioni tipiche delle leggi di interpretazione autentica e come tale era stata intesa dai giudici a quibus, era stata da questi ultimi ritenuta contrastante, innanzitutto, con il principio di ragionevolezza, sulla base di argomentazioni desunte dalla sent. n. 51/2019, da cui si desumeva che il meccanismo delineato dalle previsioni impugnate era stato «introdotto nello specifico intento di rispondere a particolari ed eccezionali esigenze riferibili solo ed esclusivamente agli agenti “pubblici” della riscossione e per i quali i termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità erano, al momento della sua entrata in vigore, ancora aperti, a differenza di quelli riferibili alle società private “scorporate”, che erano, invece, ormai scaduti».
La Corte, nella decisione in esame, rileva in primo luogo che la succitata disposizione del 2019 non effettivamente di interpretazione autentica, come si evince dal fatto che la stessa è stata emanata non solo in mancanza di un contrasto giurisprudenziale o di dubbi manifestati dalla dottrina, ma proprio a ridosso della sentenza n. 51 del 2019, la quale aveva espressamente escluso che dalle impugnate previsioni della legge n. 190/2014 potesse desumersi un significato quale quello indicato dalla disposizione asseritamente interpretativa: la soluzione interpretativa proposta non rientrava “tra i possibili significati attribuibili alla littera legis”.
Acclarata la natura “innovativa” della norma espressa dalla legge del 2019, da considerarsi dunque “semplicemente retroattiva” (e non di interpretazione autentica), la stessa viene dichiarata incostituzionale in quanto irragionevole (con assorbimento delle altre questioni di costituzionalità), dal momento che il meccanismo in discussione era stato introdotto nel 2014 nello specifico intento di rispondere a particolari ed eccezionali esigenze riferibili solo ed esclusivamente agli agenti “pubblici” della riscossione e per i quali i termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità erano, al momento della sua entrata in vigore, ancora aperti, a differenza di quelli riferibili alle società private “scorporate”, che erano, invece, ormai scaduti e di cui la norma retroattiva produrrebbe l’inammissibile effetto della riapertura. Non si reperisce quindi, sulla scorta di quanto chiarito dal giudice delle leggi già nella sent. n. 51/2019, alcuna ragionevole giustificazione per la normativa innovativa retroattiva.