Sent. n. 188/2022 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 25 luglio 2022 – Pubblicazione in G.U. del 27/07/2022, n. 30
La Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Consiglio di Stato, relativa all’art. 7 della legge della Regione Veneto n. 13 del 2012, il quale ha disposto che «al titolare dell’Ufficio di protezione e pubblica tutela dei minori spetta il 30 per cento dell’indennità della diaria a titolo di rimborso spese, del rimborso spese di trasporto e del trattamento di missione previsti dalla legge regionale 30 gennaio 1997, n. 5», fissando di fatto una riduzione dell’indennità in misura del 70%, soglia ben più alta rispetto alla decurtazione prevista per l’indennità di altre cariche.
La norma si porrebbe, innanzitutto, in contrasto con il principio del legittimo affidamento, giacché la decurtazione imposta avrebbe carattere permanente, non in linea con la giurisprudenza costituzionale che ammette interventi di tale portata purché temporanei e finalizzati al contenimento della spesa pubblica. Inoltre, sarebbe lesiva anche di altri parametri costituzionali, in particolare degli artt. 36 e 53 Cost.
L’aspetto di maggior interesse sul piano delle fonti attiene proprio alla definizione nel merito della questione sotto il profilo della dedotta violazione del principio del legittimo affidamento, il quale rinviene la propria copertura nell’art. 3 Cost.
Afferma la Corte costituzionale che tale principio può essere considerato come «ricaduta e declinazione “soggettiva” dell’indispensabile carattere di coerenza di un ordinamento giuridico, quale manifestazione del valore della certezza del diritto», tuttavia, esso non riceve una tutela “assoluta” e “inderogabile”. Infatti, in ipotesi di “rapporti di durata”, «il legislatore dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, […] a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non trasmodi in un regolamento irrazionalmente lesivo del legittimo affidamento dei cittadini». Inoltre, il medesimo principio deve essere sottoposto all’ordinario bilanciamento con gli altri interessi e valori costituzionalmente rilevanti.
Nonostante l’asserita derogabilità della protezione che la Costituzione riconosce al principio del legittimo affidamento, soprattutto di fronte a modifiche retroattiva in peius, in grado di intaccare pretese di natura economica dei cittadini, il Giudice delle leggi ritiene fondata la questione di legittimità sollevata nel caso di specie.
In primo luogo, la Corte rileva come la causa normativa che ha portato ad approvare una disposizione che decurta una determinata indennità – come disposto dall’art. 7 della legge della Regione Veneto n. 13 del 2012 – sia da annoverare nelle esigenze di contenimento della spesa pubblica, che, secondo la giurisprudenza, costituisce una «ragionevole giustificazione di un intervento modificativo in peius di un rapporto di durata». Tuttavia, tale ragione non è di per sé sufficiente a fondare la legittimità dell’intervento normativo, il quale dovrà essere vagliato anche sotto il profilo della proporzionalità, al fine di verificare che non si traduca in una lesione del principio dell’affidamento.
A tal fine, la Corte dovrà verificare se la decurtazione retroattiva «sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi».
Se, infatti, come si ricava dalla natura non “inderogabile” dell’affidamento, il ricorrente non può invocare a priori il mantenimento dell’originario trattamento economico riconosciuto, ciò non esclude l’illegittimità di una decurtazione quando appaia sproporzionata rispetto ad altre misure, di analogo tenore ma di entità più contenuta, disposte rispetto ad altri soggetti (ad es., rispetto ai consiglieri regionali, che hanno subito una decurtazione delle indennità inferiore della metà rispetto ai ricorrenti). Per tale ragione la Corte ritiene che «il test di proporzionalità non può ritenersi superato con riferimento alla valutazione del minor sacrificio imposto, alla stregua della percentuale di riduzione del compenso, sia in sé considerata, sia in rapporto a quelle praticate nel medesimo contesto temporale e normativo», ragion per cui la disposizione va incontro a censura nella misura in cui, praticando una riduzione sproporzionata, lede il principio del legittimo affidamento sulla stabilità del rapporto.