La figura del collaboratore parlamentare, nonostante assuma particolare rilevanza nel coadiuvare il deputato o il senatore nello svolgimento del suo mandato, è da sempre stata oggetto, in Italia, di una tutela alquanto lacunosa. È un tema lungamente affrontato e oggetto di confronto tra la categoria e le istituzioni interessate. Più volte è stato oggetto di specifici ordini del giorno proposti in sede di approvazione del bilancio interno delle Camere. Tuttavia, si è arrivati ad avere una disciplina del ruolo, delle mansioni e del trattamento economico del collaboratore parlamentare solo al termine della XVIII legislatura e limitatamente alla Camera dei deputati.
In particolare, con delibera del 4 ottobre 2022, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati è intervenuta sulla disciplina dei collaboratori dei deputati, modificando la precedente delibera dell’Ufficio di Presidenza del 30 gennaio 2012, n. 185. Si tratta di un intervento fortemente auspicato dall’ampia categoria dei collaboratori parlamentari, che da tempo chiedeva l’introduzione di disposizioni chiare e trasparenti, volte a disciplinare il rapporto tra collaboratore e parlamentare, parlamentare e istituzione, nonché di adeguare la normativa italiana a quella delle più importanti democrazie occidentali e del Parlamento europeo.
La delibera dell’Ufficio di Presidenza della Camera ha esplicitamente previsto che al deputato sia riconosciuta la possibilità di farsi assistere da non più di due collaboratori scelti tra il personale esterno all’amministrazione della Camera dei deputati, sottoscrivendo un contratto di lavoro subordinato o autonomo professionale o di collaborazione coordinata e continuativa, secondo le forme previste dalla stessa delibera.
Vengono, inoltre, definite le modalità di conferimento e cessazione dell’incarico, per cui si individuano precise scadenze temporali circa la comunicazione all’Amministrazione da parte del deputato del conferimento dell’incarico o della cessazione dello stesso, ma anche l’oggetto del contratto, che può riguardare «esclusivamente lo svolgimento di compiti di segreteria, di studio e ricerca, oppure di predisposizione di atti e documenti connessi all’esercizio del mandato parlamentare» sulla base delle direttive e delle disposizioni impartite dal deputato. Si esclude, inoltre, la possibilità di conferimento dell’incarico di collaborazione «al coniuge, alla parte dell’unione civile, al convivente, ai parenti o affini entro il quarto grado del deputato».
Nonostante la titolarità del rapporto di lavoro spetti alle parti contraenti, unico responsabile dell’erogazione della retribuzione e dei relativi oneri fiscali e previdenziali è la Camera dei deputati che, a tal fine, si avvale delle dotazioni di spesa già previste dal bilancio.
Quanto al trattamento economico, per la retribuzione dei collaboratori si prevede l’utilizzo di voci già previste nella dotazione del deputato, ossia relative alle c.d. spese per l’esercizio del mandato. Il singolo deputato può avvalersi della collaborazione di un collaboratore a tempo pieno, a tempo parziale al 75% o a tempo parziale al 50%, nonché della collaborazione di due collaboratori a tempo parziale al 50%. Per ciascuna di queste ipotesi, la recente delibera definisce gli ammontari annui (72.288 € lordi per un collaboratore a tempo pieno, 50.550 per un collaboratore al 75%, 58.050 per ciascun collaboratore al 50%), nonché la parte di tali somme costituita dal rimborso delle spese per l’esercizio del mandato (oscillanti dal 60 al 70% dell’importo lordo).
La disciplina di cui si tratta non trova forme corrispondenti presso il Senato della Repubblica. Nell’imminenza del termine della XVIII legislatura era anche stato convocato il Consiglio di Presidenza – il 10 ottobre, ossia nel periodo successivo allo svolgimento delle elezioni e precedente alla prima della riunione delle nuove Camere – con all’ordine del giorno proprio la disciplina dei collaboratori parlamentari. Tuttavia, a quanto risulta, il mancato raggiungimento del numero legale non ha consentito la trattazione del tema, generando una ulteriore – anomala e quantomai problematica – asimmetria tra i due rami del Parlamento.