La Corte costituzionale torna ad occuparsi della potestà statutaria delle Regioni e del rapporto tra il Presidente della giunta regionale e l’organo consiliare. La questione prende le mosse da una modifica promossa dalla Regione Puglia attraverso un emendamento alla legge regionale 29 dicembre 2022, n. 32, recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio di previsione 2023 e Bilancio pluriennale 2023-2025 della Regione Puglia (legge di stabilità regionale 2023)», nella parte in cui introduce il terzo e il quarto periodo all’art. 5, comma 2, della legge della Regione Puglia 28 gennaio 2005, n. 2 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale). Le disposizioni sottoposte al giudizio della Corte prevedevano, tra le altre cose, la necessaria presa d’atto del Consiglio regionale in caso di dimissioni del Presidente della giunta regionale, il prolungamento da 3 a 6 mesi del termine entro il quale dovevano essere indette nuove elezioni a partire dalla “presa d’atto”, la previsione che solamente in caso di dimissioni volontarie il termine della presa d’atto fosse fissata in 30 giorni.
La Corte viene chiamata ad approfondire nuovamente il tema del rapporto tra elettori e Presidente della giunta derivante dal combinato disposto degli articoli 121, 122, 123, 126 Cost., così come modificati dalla L. Cost. 1 del 1999.
La modifica introdotta con la legge costituzionale del 1999 rappresenta un elemento fondamentale che difficilmente può essere superato attraverso una riforma regionale. Infatti, senza alcuna presunzione di esaustività, ma rimandando al copioso dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul tema, che si è consumato in particolare negli anni successivi alla riforma, con la modifica in oggetto si è identificato il modello naturale e certamente preferibile da attuare ai sistemi di governo regionali. Il modello scelto può essere, seppur con le dovute accortezze, identificato in un modello presidenziale spurio. Tutto ciò ha determinato la previsione di un sistema naturale di elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della giunta, delineandolo quale architrave e presupposto costituzionale e politico del funzionamento delle Regioni. La Costituzione lascia senza dubbio la possibilità al legislatore regionale di prevedere in via statutaria una diversa modalità di elezione del Presidente ma fissa quale soluzione transitoria, fino all'entrata in vigore dei nuovi statuti e delle leggi elettorali, la via del suffragio universale e diretto. Tale previsione mira a rafforzare il ruolo del Presidente, contenendo altresì eventuali meccanismi limitanti, non in virtù di enunciazioni di mero principio ma quali fondamenta del principio fiduciario tra elettore e Presidente della giunta che trova la sua massima espressione nel concetto di “simul stabunt, simul cadent” con il Consiglio regionale.
La Corte costituzionale ha avuto modo di approfondire il delicato rapporto intercorrente tra Presidente ed elettorato in più occasioni, limitando di volta in volta lo spirito riformatore e innovativo di alcuni consigli regionali che hanno intrapreso rischiose strade di “limitazione gentile” dei poteri presidenziali
Il caso pugliese si inserisce in questo filone giurisprudenziale, con il legislatore regionale che ha provato ad incidere, sia sul rapporto fiduciario che sui poteri del Presidente, ma la Corte Costituzionale, in quest’ultima pronuncia, ha dichiarato l’incostituzionalità di queste previsioni in quanto contrastanti con la forma di governo prescelta dalla Regione stessa che all’art. 41, comma 1, del proprio statuto stabilisce l’elezione «a suffragio universale dai cittadini, donne e uomini, iscritti nelle liste elettorali dei comuni della Puglia, con voto diretto, personale, eguale, libero e segreto, contestualmente alla elezione del Consiglio».
La legge reg. Puglia n. 32 del 2022 prevedeva, come visto, la sostituzione del secondo periodo dell’art. 5, comma 2, della legge reg. Puglia n. 2 del 2005 con tre distinti periodi a) «[n]ei casi di scioglimento anticipato del Consiglio regionale previsti dallo Statuto, a esclusione delle ipotesi previste dal primo comma d[e]ll’articolo 126 della Costituzione, si procede all’indizione delle nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Regione Puglia entro sei mesi» (art. 5, comma 2, secondo periodo); b) tale termine «decorre dalla presa d’atto da parte del Consiglio regionale» (art. 5, comma 2, terzo periodo); c) «quando lo scioglimento è conseguenza delle dimissioni del Presidente della Regione, la presa d’atto deve avvenire entro trenta giorni dalla presentazione delle stesse» (art. 5, comma 2, quarto periodo).
La Corte ha posto alla base del proprio ragionamento l’applicazione puntuale dell’art. 126, terzo comma, Cost. e del principio del simul stabunt, simul cadent quali elementi ostativi alla possibilità che il Consiglio o altro organo possa sopravvivere ad eventuali dimissioni, sfiducie, morte o impedimenti del Presidente della Giunta.
La Corte, richiamando la propria giurisprudenza, ripercorre l’elemento della tipizzazione del rapporto fiduciario nel sistema “normale” di elezione di Consiglio regionale e Presidente della Giunta, confermando l’impossibilità di una qualsiasi differente attuazione che vada a limitarne gli effetti.
Tutto ciò comporta un rapporto di consonanza politica che non può sfociare né in una fiducia né in uno scollegamento delle sorti del Consiglio da quello del Presidente che risultano tanto indipendenti nell’individuazione di eventuali indirizzi politici confliggenti quanto legati in un’eventuale sorte. Questi principi, ben definiti dalla dottrina, sono così riportati alla base della recente decisione della Corte costituzionale sul caso pugliese.
Infatti, la riforma introduceva la decorrenza del termine per indire nuove elezioni dalla “presa d’atto” senza che quest’ultima fosse, a sua volta, vincolata a un termine preciso. Oltre a ciò, prevedeva che solamente in caso di dimissioni del Presidente della Giunta, la presa d’atto dovesse essere approvata entro 30 giorni senza, tuttavia, prevedere un eventuale meccanismo sanzionatorio o altra tipologia di azione da intraprendere in caso di inadempienza.
La stessa differenza tra dimissioni volontarie del Presidente e altre cause era sintomo del fatto che il legislatore regionale aveva l’intenzione di incidere sul potere di indirizzo politico del Presidente e dell’attuazione del mandato elettorale, in quanto lo si sottoponeva a una condizione sospensiva senza un limite temporale, comportando un eccessivo spostamento del potere di decidere in capo all’organo consiliare.
Lo spostamento in avanti delle elezioni e la loro dipendenza dalla scelta del Consiglio regionale indeboliva la figura presidenziale e demandava la scelta di quando andare ad elezioni meramente all’opportunità politica valutata dal Consiglio stesso, con un ampio margine di discrezionalità e di decisione.
La Corte ritiene, altresì, priva di fondatezza l’argomentazione secondo la quale il principio del simul stabunt simul cadent sarebbe stato disciplinato direttamente dalla legge regionale tramite rinvio dagli artt. 22, comma 4, e 41, comma 8 dello Statuto, in quanto quella legge avrebbe avuto la sola possibilità di regolare il sistema elettorale.
Attraverso le argomentazioni predette è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, della legge della Regione Puglia 29 dicembre 2022, n. 32, recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio di previsione 2023 e Bilancio pluriennale 2023-2025 della Regione Puglia (legge di stabilità regionale 2023)», nella parte in cui introduce il terzo e il quarto periodo nell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Puglia 28 gennaio 2005, n. 2 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale).
Questa sentenza definisce ulteriormente i limiti della potestà regionale sul tema, evidenziando la stretta strumentalità del rapporto tra il Presidente della Giunta e la fiducia affidatagli dagli elettori e limitando ancora di più eventuali strumenti di mitigazione del potere presidenziale, in particolare quelli che allungano il tempo di permanenza in carica del Consiglio rispetto al Presidente della Giunta.