Le Rubriche dell'Osservatorio

A cura di Nicola Lupo, con la collaborazione di Cristina Fasone, Luca Gori e Giovanni Piccirilli


 

 

Recentemente il Senato si è trovato ad esaminare un nuovo caso di richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità ex art. 68, primo comma, Cost.: nello specifico, si trattava di un procedimento a carico dell’on. Carlo Calenda, segretario di Azione e membro dell’omonima componente del Gruppo Misto, per il reato di diffamazione aggravata di cui all’art. 595, comma 3, c.p. La vicenda giudiziaria era sorta da un post del senatore Calenda sul social network “X” (in passato noto come “Twitter”) del 3 aprile 2024, nel quale era riportata un’immagine contenente le dichiarazioni dell’on. Emma Bonino, Presidente di +Europa: “Europee: Bonino, no Calenda a Stati Uniti d’Europa grande errore”, corredata di alcuni commenti da parte dell’ex Ministro dello Sviluppo economico.

In data 10 aprile 2024, la seduta plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura ha deliberato in merito alla sovrapposizione tra l’articolo 20 della legge 247 del 2012, rubricata “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense” e l’articolo 33 comma 2 della legge 195 del 1958, recante “Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura”. Questo è avvenuto si iniziativa di consiglieri laici, nella specie quelli la cui appartenenza politica può essere ricondotta alle scelte espresse dalla coalizione di centro-destra. La controversia riguardava prettamente l’interpretazione del suddetto articolo 33 comma 2, il quale impone l’incompatibilità tra l’essere iscritti a un albo professionale e la carica di Consigliere del CSM, e l’articolo 20 del Codice deontologico forense, il quale impone invece la sospensione dall’esercizio della professione di avvocato in caso di assunzione da parte dell’iscritto all’albo di tutta una serie di cariche negli organi costituzionali, tra le quali rientra proprio la carica di consigliere del CSM. La norma della legge del 1958 appare pienamente in linea col dettato costituzionale: difatti, all’articolo 104 ultimo comma, la Carta stabilisce che i componenti del Consiglio non possono essere iscritti ad alcun albo professionale “finché sono in carica”. Le conseguenze dell’approvazione della delibera da parte del CSM sono duplici: da un lato, per i consiglieri del CSM delle precedenti composizioni si apre la strada della richiesta di risarcimento dei danni patiti per la mancata iscrizione all’Albo (nel caso, ovviamente, fossero iscritti ad esso), dall’altro gli attuali consiglieri del CSM iscritti all’albo avranno diritto ai benefici che deriveranno dall’aver versato i contributi previdenziali negli anni della Consiliatura, a cui non avrebbero avuto diritto se fossero stati costretti a cancellarsi dall’Albo, anziché semplicemente a sospendersi.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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