Le Rubriche dell'Osservatorio

Rubriche

Dopo il Tribunal Constitucional spagnolo[1] e il Conseil Constitutionnel francese,[2] nel luglio 2013 è stata la Corte costituzionale italiana a porre definitivamente fine (almeno all’apparenza) all’iniziale atteggiamento di chiusura manifestato nei confronti del principale strumento di dialogo con la Corte di giustizia, il rinvio pregiudiziale. Invero, e a differenza del giudice costituzionale spagnolo e francese, nel caso della nostra Consulta non si è trattato di una ‘prima volta’ in assoluto. Come ben noto, dopo una prima fase in cui la Corte costituzionale aveva tout court escluso la possibilità di ‘vestire’ la qualifica di «giurisdizione nazionale» di cui all’art. (ora) 267 TFUE (cfr. ordinanza 29 dicembre 1995 n. 536), con l’ordinanza 13 febbraio 2008, n. 103,[3] era stato proposto un rinvio pregiudiziale nell’ambito di un procedimento di legittimità costituzionale in via principale. Con l’ordinanza n. 207 del 3 luglio 2013[4] la Corte costituzionale ha per la prima volta proposto un rinvio pregiudiziale nell’ambito di un ricorso di legittimità costituzionale in via incidentale, in tal modo abbattendo l’ultimo limite che la stessa sembrava voler salvaguardare nell’ordinanza del 2008.

Il 26 giugno 2013 sono stati adottati quattro atti - due regolamenti e due direttive - che procedono ad un riassetto del Sistema Europeo Comune di Asilo, accomunati dall’intento di stabilire - secondo quanto si legge nel MEMO/13/862 della Commissione europea, ‘EU action in the fields of migration and asylum’, 9 ottobre 2013:  - «common high standards and stronger co-operation to ensure that asylum seekers are treated equally in an and fair system – wherever they apply». 

Ormai da alcuni anni è possibile reperire il testo della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sul sito EUR-Lex. Tuttavia, è solo dal 1° luglio 2013 - data di entrata in vigore Regolamento (UE) n. 216/2013 del Consiglio del 7 marzo 2013  - che (in linea di principio, soltanto) la versione elettronica della Gazzetta è autentica e produce effetti giuridici.

L’art. 4 della direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (G.U.U.E. 2002 L 201, p. 37), stabilisce che i fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico sono tenuti a notificare alle autorità nazionali competenti - e, in alcuni casi, anche agli abbonati e alle altre persone interessate - le «violazioni dei dati personali», definite dall’art. 2, lettera i), della medesima direttiva come quelle violazioni di sicurezza che comportano accidentalmente o in modo illecito la distruzione, la perdita, la modifica, la rivelazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, memorizzati o comunque elaborati nel contesto della fornitura di un servizio di comunicazione accessibile al pubblico nell’Unione. Al paragrafo 5, l’art. 4 conferisce alla Commissione la facoltà di adottare misure tecniche di attuazione riguardanti le circostanze, il formato e le procedure applicabili alle prescrizioni in materia di informazioni e comunicazioni di cui allo stesso articolo. Nell’esercizio di tale facoltà è stato adottato il Regolamento n. 611/2013, che disciplina le modalità ed i termini nel rispetto dei quali i fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico devono provvedere alla notifica delle violazioni di dati personali come sopra definite.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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