Fonti degli Enti locali

Diritto di accesso e Regolamento comunale sul sistema di videosorveglianza (3/2024)

T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, 29 luglio 2024, n. 671

La circostanza che il Regolamento del Comune di Bergamo sul sistema di videosorveglianza per la sicurezza cittadina e per la disciplina dei dati personali, all'art. 4, non annoveri tra le finalità, alle quali rispondono le telecamere installate, quella di ricostruire gli incidenti stradali e le relative responsabilità (a parte le ipotesi fattispecie di reato e le richieste provenienti dalla Polizia Giudiziaria), non risulta dirimente.

Come già correttamente rilevato da precedenti statuizioni giurisprudenziali: "La fonte del diritto di accesso è, infatti, la legge dello Stato (art. 22 ss. l. n. 241/90 e artt. 59 e 60 del d.lgs. n. 196 del 2003) da ritenersi prevalente sulla disciplina del regolamento locale. Il diritto di accesso agli atti costituisce, invero, "principio generale dell'attività amministrativa" ed attiene ai "livelli essenziali" delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, "di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione", come disposto dall'art. 29, comma 2-bis, della legge n. 241/90" (Tar Puglia, Lecce, sent. n. 1579/2021, Tar Campania, Napoli, Sent. 2608/2023). La normativa locale, pertanto, non può costituire circostanza impeditiva alla piena operatività di previsioni normative primarie.

 

Sulla base di quanto precede, se da un lato sussisterebbe in capo alla ricorrente la pretesa ad ottenere le immagini della videosorveglianza a fini difensivi, dall'altro, tuttavia, dal provvedimento impugnato e dalle difese del Comune si evince che le stesse sono state cancellate in applicazione dell'art. 10 comma 5 del richiamato Regolamento comunale. Tale previsione regolamentare, difatti, così prevede: "5. Le immagini videoregistrate sono conservate, per un tempo non superiore a cinque giorni successivi alla rilevazione, presso il server di sistema che consente di aderire alle finalità indicate all'art. 4 del presente regolamento nonché a investigative dell'autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria. Decorso il suddetto termine di cinque giorni le immagini riprese in tempo reale sovrascrivono quelle registrate".

Il Collegio ritiene che sia legittima la previsione di un tempo limite alla conservazione delle immagini. Una tale previsione appare manifestamente diretta ad evitare che i dati personali siano conservati per un tempo eccessivamente lungo. Ciò attraverso l'adozione di sistemi di minimizzazione, cioè di conservazione non oltre il tempo necessario per il raggiungimento del risultato per cui il trattamento è stato predisposto ed atti a consentire la identificazione del dato non oltre quanto necessario per il raggiungimento della finalità stessa. Difatti, dalle registrazioni tramite il sistema di videosorveglianza potrebbero venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti "terzi", estranei alla vicenda di volta in volta oggetto di contesa. La fattispecie, pertanto, va disciplinata alla luce del principio di temporaneità della conservazione dei dati sensibili, come desumibile dall'art. 5 del Regolamento Unione Europea 27 aprile 2016 n. 679/2016.

Pertanto, la pretesa all'acquisizione delle immagini pubbliche di video sorveglianza è senz'altro legittima e possibile quando essa avviene coordinando le esigenze difensive, poste a base di chi ne invochi l'ostensione, con la necessità di salvaguardare il vincolo di temporaneità che indefettibilmente dovrà connotare la conservazione dei dati personali. In tal senso, assumerà un valore fondamentale la tempestività dell'istanza formalmente diretta ad acquisire i filmati.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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