L’11 giugno u.s., attraverso un emendamento di giunta alla l.r. 14 giugno 2024, n. 7 (“Abrogazioni e modifiche di leggi e disposizioni regionali in collegamento con la sessione europea 2024. Altri interventi di adeguamento normativo”), il Consiglio Regionale dell’Emilia-Romagna ha apportato una modifica alla normativa elettorale regionale disciplinata dalla l.r. n. 21/2014 (“Norme per l’elezione dell’assemblea legislativa e del presidente della giunta regionale”).
Le ragioni di tale urgente intervento, puntuale e circoscritto, risiedono nella contingenza determinatasi all’indomani delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, che hanno visto l’elezione al Parlamento europeo del Presidente della Giunta, Stefano Bonaccini, determinando per quest’ultimo la sopravvenuta necessità di rassegnare le proprie dimissioni, attesa l’incompatibilità tra le due cariche.
Alle dimissioni volontarie del Presidente conseguono, in ossequio al noto principio del simul stabunt simul cadent sancito dall’art. 126, co. 3, Cost. e ribadito dall’art. 32 dello Statuto, lo scioglimento dell’Assemblea e la “decadenza” della Giunta regionale.
Se da un lato è previsto, ai sensi dell’art. 32, co. 3 bis, dello Statuto, che nei casi di cessazione anticipata dalla carica del Presidente della Giunta, le relative funzioni vengano esercitate dal vicepresidente, fino all’insediamento dei nuovi organi, dall’altro, non risultano esplicitati – in maniera differenziata rispetto ai casi di fisiologica conclusione della legislatura – i termini per l’indizione delle nuove elezioni e, conseguentemente, i limiti temporali della prorogatio.
Della vicenda è stato interessato, per conto della Regione Emilia-Romagna, il Prof. Giandomenico Falcon, il quale ha reso un articolato parere sulla base del quale è ragionevole ritenere sia stata intrapresa l’iniziativa legislativa de qua.
Muovendo dalla prorogatio, pare opportuno ricordare come la giurisprudenza costituzionale abbia, a più riprese, ribadito che “la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni, e degli eventuali limiti dell’attività degli organi prorogati, sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione, ai sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma di governo regionale” (Corte Cost., sent. n. 196 del 2003).
Tuttavia, la prorogatio, quand’anche non espressamente disciplinata dallo Statuto con riguardo alla limitazione dei poteri esercitabili dal Consiglio e dalla Giunta regionale (Corte Cost., sent. n. 68 del 2010), “«non può che essere interpretata come facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili, e non già certo come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri degli organi regionali», dovendo ritenersi «immanente allʼistituto» della prorogatio l’esistenza di tali limiti (sentenza n. 68 del 2010)” (Corte Cost., sent. n. 243 del 2016).
Orbene, prima dell’intervento normativo in esame, l’art. 16 della l.r. n. 21/2014 – che disciplina la fase di indizione delle elezioni – prevedeva soltanto che esse dovessero aver luogo “nel periodo che intercorre tra il 15 aprile e il 15 giugno” (co. 2) e che i decreti di indizione (“di cui al comma 1”) dovessero essere adottati “dal vicepresidente della Giunta regionale a norma degli articoli 32 e 43, comma 1, lettera b) dello Statuto” (co. 3).
Il legislatore regionale, con l’art. 38 della l.r. n. 7/2024 (“Modifica dell’articolo 16 della legge regionale n. 21 del 2014”) è intervenuto sulla norma poc’anzi citata, disponendo, al comma 3 dell’art. 16 della legge elettorale, l’aggiunta dopo le parole “dello Statuto” delle seguenti: “, sono pubblicati entro tre mesi dallo scioglimento dell’Assemblea legislativa e le elezioni si svolgono entro i successivi due mesi”.
Si tratta, a ben vedere, di una formulazione che riproduce il contenuto della previsione originaria del comma 2 dell’art. 16 della l.r. n. 21/2014 – successivamente abrogato e sostituito dall’art. 2 della l.r. n. 6/2022 – il quale prevedeva, in caso di scioglimento anticipato dell’Assemblea legislativa, che il decreto di indizione dovesse essere “pubblicato entro tre mesi dallo scioglimento” e che le elezioni dovessero “tenersi entro due mesi dalla pubblicazione del decreto di indizione”.
Tale revirement si è reso necessario per poter fronteggiare l’incerto interrogativo relativo alle tempistiche per lo svolgimento delle elezioni anticipate, non espressamente disciplinate nella legge elettorale emiliano-romagnola, ai sensi della quale, invero, si sarebbe dovuto tener conto – anche in questi casi – della finestra temporale indicata all’art. 16, co. 2, con la conseguenza di non poter svolgere le nuove elezioni, anche nel caso di dimissioni rassegnate nel mese di giugno, prima del 15 aprile dell’anno successivo. Il che avrebbe comportato gravi effetti sul regime di “ultraprorogatio” (mutuando un’espressione di MEZZANOTTE, 2015) degli organi regionali, per la durata di circa un anno, in spregio non soltanto al principio di rappresentatività ma anche di buon andamento dell’amministrazione ex art. 97, co. 2, Cost., il quale esige organi pienamente funzionali.
In assenza di un simile intervento normativo, la norma di cui all’art. 16 della l.r. n. 21/2014 sarebbe apparsa in contrasto con la costante giurisprudenza costituzionale in materia di cessazione anticipata degli organi regionali, la quale risulta granitica nel ritenere che essi debbano essere rinnovati il più rapidamente possibile (Corte Cost., sent. n. 196 del 2003 e n. 203 del 2023). Analoga logica, del resto, ha informato anzitutto gli orientamenti legislativi di rango costituzionale, come la disciplina transitoria di cui all’art. 5, co. 2, della l. cost. n. 1/1999, la quale prevedeva che, in caso di scioglimento anticipato, si sarebbe dovuto procedere entro tre mesi all’indizione di nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Giunta. Al contempo di tale influenza si ha traccia– per altro verso – anche nelle pronunce giurisprudenziali volte a individuare nella disciplina costituzionale dettata per il Parlamento (art. 61, co. 1, Cost.) il termine di paragone utile per l’individuazione delle tempistiche relative alle elezioni delle assemblee legislative regionali (ex multis, sent. n. 196 del 2003 e n. 468 del 1991).
Al fine di vagliare se una lettura costituzionalmente conforme dell’art. 16 della l.r. n. 21/2014 avrebbe potuto condurre ad esiti diversi rispetto all’intervento modificativo posto in essere dal legislatore regionale, pare opportuno porre l’attenzione sulla clausola “ferma restando la vigente normativa statale in materia” contenuta al comma 2 dello stesso articolo, che potrebbe fungere da previsione di raccordo e soluzione dei possibili contrasti con la legislazione statale e, in particolare, con l’art. 5, co. 1, della l. n. 165/2004 che stabilisce i principi fondamentali per la legislazione elettorale regionale e le regole sulla durata della legislatura (quest’ultima, di competenza esclusiva statale). Esso prevede che “gli organi elettivi delle regioni durano in carica per cinque anni, fatta salva, nei casi previsti, l’eventualità dello scioglimento anticipato del Consiglio regionale” e dispone altresì che “le elezioni dei nuovi Consigli hanno luogo non oltre i sessanta giorni successivi al termine del quinquennio o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori”.
Pur volendo elevare la previsione di un termine breve a principio della legislazione ordinaria, si rischierebbe di giungere ad un esito interpretativo poco soddisfacente nella misura in cui la regola della finestra annuale prevista dall’art. 16 della l.r. n. 21/2014 risulterebbe comunque tendenzialmente in contrasto con la normativa statale e con i principi costituzionali che sovraintendono la materia – fatta eccezione per i casi (residuali) di piena compatibilità – con un risultato complessivamente insufficiente sul piano della chiarezza e della certezza del diritto.
Pertanto, appare nel merito condivisibile la scelta di procedere con l’introduzione di una puntuale modifica alla legge elettorale regionale per consentire lo svolgimento delle nuove elezioni entro un arco temporale congruo, inferiore a sei mesi, termine recentemente definito “già sensibilmente lungo” in un recente obiter dictum contenuto nella sentenza n. 203 del 2023 dalla Corte Costituzionale.