Il 23 ottobre scorso è stato approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso alle Camere per la conversione in legge il decreto legge 23 ottobre 2024, n. 158, recante Disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale.
Il DL ridefinisce l’elenco dei cd. Paesi di origine sicuri, finora delineato con fonte normativa di tipo secondario (decreto ministeriale).
Sulla base dell’art. 1 del DL vengono considerati Paesi di origine sicuri i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d'Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
Viene stabilito, all’art. 1 del decreto legge, che l’elenco sarà aggiornato periodicamente “con atto avente forza di legge” e notificato alla Commissione Europea. Entro il 15 gennaio di ogni anno, il governo delibererà una relazione sulla situazione dei Paesi già inclusi nell’elenco e dei nuovi Paesi da includere e la trasmetterà alle competenti commissioni parlamentari.
L’approvazione di questo decreto legge si inserisce in un contesto nazionale di forte incertezza sulla definizione di cosa si intenda per “paese sicuro”.
Il 4 ottobre scorso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva direttamente inciso sull’adozione di tali liste a livello nazionale. La Corte di Giustizia ha infatti chiarito che, per la designazione di paese sicuro, è necessario che la situazione di sicurezza sia diffusa in tutto il paese, senza eccezioni di parti di territorio o di popolazione rispetto a determinate categorie di persone. Ai sensi dell’Allegato I alla direttiva 2013/32/UE, affinché un paese possa considerarsi sicuro, deve essere dimostrabile che “non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.
In attuazione della sentenza europea, il 18 ottobre 2024, il Tribunale civile di Roma ha ordinato il trasferimento in Italia dei primi 12 richiedenti asilo, cittadini di Egitto e Bangladesh, trattenuti nei centri albanesi, negando la convalida del loro trattenimento proprio perché, ad avviso del Tribunale, tali Paesi non possono essere ritenuti sicuri in virtù del diritto unionale.
In data 25 ottobre il Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in materia di immigrazione, all’esito della Camera di consiglio del 25 ottobre 2024, ha proposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di due questioni riguardanti la individuazione delle condizioni sostanziali che consentono la designazione di un paese di origine come ‘sicuro’, alla luce del d.l. 23 ottobre 2024, n. 158.
Il primo quesito riguarda la possibilità di designare un paese come sicuro anche in presenza di forme generalizzate e costanti di persecuzione e rischi di danno grave nei confronti di gruppi minoritari presenti nel paese di origine. La richiesta di chiarimento, dunque, attiene alla corretta interpretazione del diritto europeo e, in particolare se “ai sensi degli articoli 36, 37 e 46 della Direttiva 2013/32/UE e del suo Allegato I, il parametro sulla cui base debbono essere individuate le condizioni di sicurezza che sottendono alla designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro debba essere inderogabilmente individuato nella carenza di persecuzioni dirette in modo sistematico e generalizzato nei confronti degli appartenenti a specifici gruppi sociali e di rischi reali di danno grave come definito nell’Allegato I uno della direttiva 2013/32/UE, in particolare se la presenza di forme persecutorie o di esposizione a danno grave concernenti un unico gruppo sociale di difficile identificazione – quali ad esempio le persone LGBTIQA+, le minoranze etniche o religiose, le donne esposte a violenza di genere o a tratta ecc. – esclude detta designazione”.
Il secondo quesito, infine, chiede al giudice europeo di chiarire “se il principio del primato del diritto europeo ai sensi della consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea imponga di assumere che, in caso di contrasto fra le disposizioni della direttiva 2013/32/UE in materia di presupposti dell’atto di designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro e le disposizioni nazionali, sussista sempre l’obbligo per il giudice nazionale di non applicare queste ultime, in particolare se tale dovere per il giudice di disapplicare l'atto di designazione permanga anche nel caso in cui detta designazione venga operata con disposizioni di rango primario, quale la legge ordinaria”.