Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib., 31.1.2013, n. 2337; sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. n. 2338
In materia di imposta comunale sugli immobili (cfr. Cass. n. 11171 e n. 15555 del 2010, n. 9315 del 2007, n. 9135 del 2005), le norme del regolamento previsto dal d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, adottato a norma del precedente art. 52, con il quale i comuni sono abilitati, tra l'altro, a "determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l'imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato" (lettera g), possono essere legittimamente utilizzate dal giudice, anche facendo riferimento al valore delle aree circostanti aventi analoghe caratteristiche, al fine di acquisire elementi di giudizio anche in relazione a periodi anteriori a quelli di emanazione del regolamento stesso, senza che ciò comporti alcuna applicazione retroattiva di norme, ma solo l'applicazione di un ragionamento presuntivo. Tali regolamenti non hanno infatti natura propriamente imperativa, ma svolgono funzione analoga a quella dei cosiddetti studi di settore, previsti dal d.l. 30 agosto 1993, n. 331, artt. 62-bis e 62-sexies, convertito in l. 29 ottobre 1993, n. 427, costituenti una diretta derivazione dei redditometri o coefficienti di reddito e di ricavi previsti dal d.l. 2 marzo 1989, n. 69, convertito in legge l. 27 aprile 1989, n. 154, ed atteggiantisi come mera fonte di presunzioni hominis, vale a dire supporti razionali offerti dall'amministrazione al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti.