CONS. STATO, sez. V, 3 aprile 2023, n. 3427
L’'art. 4, comma 3 del d. lgs. n. 23/2011 prevede, con distinta e cadenzata previsione:
a) che con apposito regolamento, "da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del [...] decreto [legislativo], ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400", avrebbe dovuto essere approvata, "d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali", la normativa secondaria recante "la disciplina generale di attuazione dell'imposta di soggiorno";
b) che, successivamente, i singoli comuni - "in conformità con quanto stabilito nel predetto regolamento" - avrebbero potuto (in termini dichiaratamente facoltativi, e senza pregiudizio, in difetto, della adozione degli atti comunque previsti dalla normativa primaria) "disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo": e ciò mediante "proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446";
c) che, in tal caso, l'adozione del regolamento locale sarebbe dovuta avvenire "sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive".
La regola è perspicua, nel senso che la preventiva consultazione - obbligatoria nell'an ancorché, in difetto di espressa previsione, non vincolante nel quid - costituisca un requisito formale di legittimità del regolamento comunale.
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