Fonti dell'Unione europea

Rubriche

Sentenza n. 63/2016 – Giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 24/03/2016 – Pubblicazione in G.U. 30/03/2016 n. 13

Motivi della segnalazione

Con la sentenza n. 63/2016 la Corte costituzionale ha parzialmente accolto il ricorso con cui il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 70, commi 2, 2-bis, 2-ter e 2-quater, e 72, commi 4, 5 e 7, lettere e) e g), della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 2, disposizioni modificate, da ultimo, dalla legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2.

Sentenza n. 52/2016 – Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

Deposito del 10/03/2016 – Pubblicazione in G.U. 16/03/2016 n. 11 

Motivi della segnalazione

La decisione segnalata presenta numerosi profili di interesse, affrontando e risolvendo, in una maniera ritenuta da molti discutibile in dottrina, una questione di estrema rilevanza concernente, da un particolare punto di vista, l’interpretazione dell’art. 8 Cost.

La decisione della Corte, pronunciata nell’ambito di un giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro le Sezioni unite della Corte di cassazione, si colloca al termine di una lunga vicenda giudiziaria, dipanatasi dinanzi ad organi di giustizia amministrativa e approdata anche davanti alla Corte di cassazione, in seguito a un ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, per “motivi inerenti alla giurisdizione” (art. 111, ult. comma, Cost.). All’origine della vicenda si pone un ricorso al TAR Lazio da parte dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) contro una delibera del Consiglio dei  Ministri con cui si era deciso di non avviare le trattative finalizzate alla conclusione dell’intesa con la stessa UAAR, sul presupposto che la professione di ateismo non potesse essere assimilata ad una confessione religiosa.

Sentenza n. 36/2016 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 19/02/2016 – Pubblicazione in G. U. 24/02/2016, n. 8

Motivi della segnalazione

Oggetto del giudizio di costituzionalità è l'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), così come aggiunti dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134), in riferimento agli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

Interpretazione autentica e limiti all’efficacia retroattiva delle leggi: necessario “appiglio semantico” fra la norma interpretativa e la norma oggetto di interpretazione (in conformità al canone del  “significato proprio delle parole” di cui all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale) 

Sentenza n. 260/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 11/12/2015 – Pubblicazione in G. U. 16/12/2015

 

Motivo della segnalazione

La Corte, nel sindacare la legittimità costituzionale di una norma sedicente di interpretazione autentica, pronuncia alcune affermazioni di portata generale, riguardanti la natura della relazione che deve sussistere fra una norma asseritamente interpretativa e la norma oggetto di interpretazione affinché possa concludersi che la prima svolga effettivamente la funzione dichiarata. Dalle argomentazioni svolte si evince chiaramente che fra le due norme deve esservi un “appiglio semantico”: la norma di interpretazione autentica è tenuta a rispettare il canone ermeneutico generale del “significato proprio delle parole” di cui all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e pertanto deve “enunciare una pausibile variante di senso” della norma oggetto di interpretazione. Diversamente, “non si può ritenere [...] che la norma interpretativa sia servita al legislatore, per emendare un’imperfezione del testo originario, ripristinando il significato autentico della disposizione interpretata, o che abbia risolto contrasti interpretativi, forieri di incertezze rilevanti”, bensì può concludersi che essa è servita ad introdurre una nuova disciplina a cui il legislatore pretende di attribuire illegittimamente efficacia retroattiva, allo scopo di  impedire, in giudizi in corso e con riferimento a vicende non ancora definite, l’applicazione di orientamenti giurisprudenziali consolidati rispettosi del significato proprio delle parole che compongono la norma interpretata (scilicet perché si tratta di orientamenti che ostano al conseguimento del fine perseguito mediante la nuova disciplina sedicente interpretativa). Sicché in simili casi dovrà riconoscersi la lesione, ad un tempo, dell’ “affidamento dei consociati nella sicurezza giuridica” e delle “attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria”. Questi i principi che la lettura della motivazione permette di estrapolare (cfr., in particolare i  nn. 5 e 6 del considerato in diritto, da cui sono tratte le citazioni), coerenti con quanto affermato nella precedente giurisprudenza costituzionale in materia di interpretazione autentica e di limiti all’efficacia retroattiva delle leggi (cfr., in particolare, sent. n. 209/2010, richiamata al cons. n. 6 della sentenza in commento, nonché le decisioni anteriori richiamate in quella pronuncia).

Il principio dell’accordo nei rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni a statuto speciale non ha rango costituzionale e può, pertanto, essere derogato entro determinati limiti

Sentenze nn. 238 e 239/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 19 novembre 2015 – Pubblicazione in G.U. del 25/11/2015, n. 47

 

Motivo della segnalazione

Le due pronunce oggetto di segnalazione si collocano nell’ampio filone giurisprudenziale  concernente l’applicabilità, nei riguardi delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, delle disposizioni statali recanti principi di coordinamento della finanza pubblica.

Entrambe le pronunce originano dai ricorsi presentati dalle regioni ad autonomia speciale e dalle province autonome avverso, rispettivamente, l’articolo 1, commi 526 e 527, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), e l’articolo 1, commi 499, 500, 502 e 504 della medesima legge. Tuttavia, avendo le ricorrenti nelle more del giudizio raggiunto accordi con lo Stato aventi ad oggetto le disposizioni sopra citate, la Corte ha dichiarato cessata la materia del contendere nei riguardi di tutte le ricorrenti, fatta eccezione per la regione Sicilia che ha ritenuto, nonostante l’avvenuta conclusione di un accordo, di non rinunciare ai ricorsi presentati avverso i commi 499 e 526 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014).

Osservatorio sulle fonti

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