Le Rubriche dell'Osservatorio

Rubriche

Il principio dell’accordo nei rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni a statuto speciale non ha rango costituzionale e può, pertanto, essere derogato entro determinati limiti

Sentenze nn. 238 e 239/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 19 novembre 2015 – Pubblicazione in G.U. del 25/11/2015, n. 47

 

Motivo della segnalazione

Le due pronunce oggetto di segnalazione si collocano nell’ampio filone giurisprudenziale  concernente l’applicabilità, nei riguardi delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, delle disposizioni statali recanti principi di coordinamento della finanza pubblica.

Entrambe le pronunce originano dai ricorsi presentati dalle regioni ad autonomia speciale e dalle province autonome avverso, rispettivamente, l’articolo 1, commi 526 e 527, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), e l’articolo 1, commi 499, 500, 502 e 504 della medesima legge. Tuttavia, avendo le ricorrenti nelle more del giudizio raggiunto accordi con lo Stato aventi ad oggetto le disposizioni sopra citate, la Corte ha dichiarato cessata la materia del contendere nei riguardi di tutte le ricorrenti, fatta eccezione per la regione Sicilia che ha ritenuto, nonostante l’avvenuta conclusione di un accordo, di non rinunciare ai ricorsi presentati avverso i commi 499 e 526 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014).

Il principio di retroattività della lex mitior non concerne le norme penali di natura processuale

Sentenza n. 240/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 26 novembre 2015 – Pubblicazione in G.U. del 02/12/2015, n. 48

  

Motivo della segnalazione

Nella sentenza n. 240 del 2015 la Corte costituzionale, pronunciandosi sulle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 464-bis, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate dal Tribunale ordinario di Torino in riferimento agli articoli 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo con riferimento all’articolo 7 della CEDU, fornisce alcune precisazioni in ordine all’ambito di applicazione del principio di retroattività della legge penale più favorevole.  

Il ricorso sollevato dal giudice rimettente originava dalla recente introduzione, ad opera della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di sospensione di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio), dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova degli adulti, in base al quale l’imputato ha accesso ad un programma di trattamento che prevede una serie di attività obbligatorie, quali l’esecuzione di lavori di pubblica utilità, l’attuazione di condotte riparative volte a eliminare le conseguenze dannose del reato, il risarcimento del danno cagionato e, ove possibile, un’attività di mediazione con la vittima del reato. L’esito positivo della prova determina l’estinzione del reato per il quale si procede.

Sulla violazione della legge delega che attua una direttiva dell’UE

 

Sentenza n. 210/2015  – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

 

Deposito del 29/10/2015 – Pubblicazione in G. U. 04/11/2015  n. 44

 

 

Motivo della segnalazione


Con ordinanza del 17 febbraio 2014, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 5, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), il quale stabilisce − per le emittenti televisive a pagamento − limiti orari alla trasmissione di spot pubblicitari più restrittivi di quelli previsti per le emittenti cosiddette “in chiaro”. Ad avviso del giudice rimettente, la previsione si porrebbe in contrasto, in primo luogo, con l’art. 76 Cost., poiché tale misura sarebbe del tutto innovativa e non giustificata da alcuna previsione della legge delega, né da una ratio implicita della direttiva cui la disposizione dovrebbe dare attuazione. Viene, inoltre, denunciato il contrasto con l’art. 3 Cost., per l’intrinseca irrazionalità della disposizione, che introdurrebbe un’ingiustificata differenziazione tra i limiti orari di affollamento pubblicitario applicabili alle emittenti televisive a pagamento e quelli applicabili alle emittenti in chiaro, nonostante l’unicità del mercato di riferimento; ed infine, con l’art. 41 Cost., poiché la disposizione inciderebbe sulla libertà di iniziativa economica delle emittenti televisive a pagamento, in difetto di una chiara ed inequivoca finalità sociale che giustifichi l’intervento normativo in questione.

La Corte e il … parametro incostituzionale

Sentenza n. 197/2015 – giudizio di costituzionalità in via principale

Deposito del 09/10/2015 - Pubblicazione in G. U. 14/10/2015 n. 41

 

Motivo della segnalazione

La Corte costituzionale si è trovata a decidere della costituzionalità della disciplina dettata dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con la L. 3 del 9 marzo 2012; più in particolare, sono stati sottoposti al vaglio del giudice delle leggi i primi due commi dell’art. 1 della legge regionale appena menzionata. La disposizione impugnata interviene in materia di autonomie locali, dettando norme sulla competenza regionale a proposito di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali degli enti locali. Al comma 1, essa stabilisce che – in conformità all’art. 4, primo comma, numero 1-bis dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (l. cost. 1/1963), e agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 9/1997 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni), al fine di valorizzare gli strumenti di autonomia normativa e le forme di rappresentanza delle comunità locali, perseguendo il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica – nella Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia si applica, nelle more dell’attuazione della riforma dell’ente Provincia nell’ambito dell’ordinamento costituzionale, la legislazione regionale in materia elettorale, sugli organi di governo e sulle funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane. Al comma 2 si aggiunge che, fino al recepimento nell’ordinamento regionale della riforma costituzionale appena ricordata, sono confermate le vigenti modalità di elezione, la formazione e la composizione degli organi di governo dei Comuni e delle Province del Friuli-Venezia Giulia, nonché le funzioni comunali e provinciali e le relative modalità di esercizio. Secondo la ricostruzione prospettata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al momento dell’impugnazione, la legge regionale avrebbe dettato una disciplina difforme rispetto a quanto previsto dal d.l. 201/2011 (conv. con modificazioni dalla l. 214/2011), contenente principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica; così facendo, quindi, la disciplina regionale sarebbe stata in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Estensione della questione di costituzionalità al nuovo testo della disposizione impugnata allorché la modifica legislativa non sia tale da soddisfare la Regione ricorrente o da alterare i termini del quadro normativo

Sentenza n. 21/2016 – Giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 11/02/2016; Pubblicazione in G. U. 17/02/2016

 

Motivo della segnalazione

Con ricorso notificato il 12 gennaio 2015 e depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2015, la Regione Campania ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164.

Osservatorio sulle fonti

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