Le difficoltà incontrate per attuare la Brexit hanno avuto l’effetto – per molti inaspettato - di mostrare il radicamento degli ordinamenti nazionali nel sistema normativo dell’Unione europea. Soprattutto nel caso di una “hard-Brexit”, come chiesto da buona parte dell’elettorato britannico. Esiste già un imponente corpus di atti UE che fanno parte dell’ordinamento inglese e che prevalgono sulle leggi approvate dal parlamento, in base al principio di supremazia. La necessità di ritrarsi dall’ordinamento UE ha spinto il Governo inglese a proporre un disegno di legge (c.d. Great Repeal Bill) che riproduce tutte le norme europee. Questo sarà poi sottoposto al parlamento inglese, che le emenderà, le abrogherà, o ne modificherà il contenuto.
Dato il cangiante quadro politico, anche l’interesse per le modalità di applicazione del diritto UE nei paesi membri si è rinnovato. Il tema è stato oggetto di un convegno presso la Libera Università di Bolzano il 27-28 aprile 2017, con gli interventi di costituzionalisti di alcuni paesi europei, che hanno messo in luce i nodi critici che uniscono, o dividono, gli ordinamenti costituzionali interni. I sistemi giuridici analizzati sono quelli di Italia, Francia, Belgio, Austria e Germania. I risultati raggiunti hanno messo in luce le complessità nascenti dall’esistenza di sistemi di tipo federale, ove l’attuazione è di competenza esclusiva o concorrente; dello Stato e delle entità federate. Tale intreccio di competenze interessa da vicino anche l’Italia, se è vero che la fonte principale delle procedure di infrazione non ha più origine legislativa, ma amministrativa; essa dipende sempre più dalla normativa regionale.