Archivio editoriali

In questa sezione sono contenuti gli editoriali apparsi nei numeri precedenti dell'Osservatorio on-line.

foto betta osservatorio 2Nell’ultimo Convegno dell’Associazione costituzionalisti che si è svolto a Parma, Michela Manetti ha messo in luce le difficoltà del Parlamento nello svolgimento della sua funzione legislativa, ma anche le strade che lo stesso Parlamento ha cercato di percorrere per rendere più efficiente e qualitativamente migliore il suo lavoro, attraverso i procedimenti per la qualità della normazione e le attività del Comitato per la legislazione. Percorsi questi che non hanno dato buoni frutti a causa della tendenza del governo di non accettare modifiche ed interferenze nella propria legislazione e “mantenere indenne il testo delle sue proposte dalle intrusioni della stessa maggioranza”.

Il rischio che la perdita del ruolo del Parlamento possa incidere sulla stessa forma di governo, come è stato ipotizzato in dottrina, non esclude tuttavia che in via interpretativa ed in via normativa non vi siano strumenti per accentuare la partecipazione del Parlamento alle scelte politiche e normative sia a livello interno che comunitario.

Il filo rosso che unisce i saggi pubblicati in questo fascicolo è rappresentato proprio dal tentativo di individuare strade e strumenti diversi per consentire al Parlamento di svolgere quantomeno una funzione di controllo sull’attività normativa esercitata da altri organi, di avere adeguate informazioni, di poter intervenire sulle scelte politiche e normative che esercitano gli organi dell’Unione Europea, i governi degli Stati membri ed anche il governo italiano.

I saggi contenuti nel fascicolo 2/2010 confermano sotto diversi profili la “crisi” del tradizionale sistema delle fonti, che riflette il progressivo superamento di un modello incentrato sul Parlamento nazionale e sul ruolo preminente riconosciuto alla legge formale rispetto alle altre fonti del diritto.

I motivi che hanno contribuito alla crisi di questo modello sono in parte noti e sono già stati oggetti di analisi scientifiche. Sul piano “esterno” si assiste ad una continua erosione della sovranità statale correlata al processo di integrazione europea ed alla sempre maggiore rilevanza che le fonti di rango internazionale (in primo luogo la Convenzione europea dei diritti dell’uomo) vengono ad assumere nel nostro ordinamento. Sul piano “interno” si assiste ad una sempre più intensa devoluzione di poteri normativi ed amministrativi in favore delle comunità locali, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione. Si assiste inoltre ad una costante erosione della “centralità” della legge formale per l’uso sempre più ampio delle fonti normative del Governo e delle autorità indipendenti, nonché per l’abuso delle ordinanze di protezione civile, un tempo circoscritte a casi di calamità naturali o di catastrofi e successivamente estese ai cosiddetti “grandi eventi”. Ne è scaturito un sistema in cui lo Stato e il Parlamento non sono più il centro ordinante del sistema e nel quale si vengono sempre più spesso a creare antinomie tra fonti di diverso grado e di diversa provenienza, cui i tradizionali criteri della gerarchia e della competenza non consentono di offrire risposte univoche e soddisfacenti. Sistema che riflette una evidente modifica della forma di Stato (alla luce del nuovo regionalismo delineato a partire dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 e degli sviluppi dell’Unione europea) e della forma di governo (alla luce del progressivo rafforzamento dell’esecutivo, favorito anche dalla nuova legge elettorale).

cristina_grisolia

Continuano anche su questo numero le riflessioni sollecitate da Andrea Simoncini sui problemi che ruotano intorno al confuso evolversi del nostro sistema delle fonti.

Alle prime eloquenti, quanto preoccupate, risposte fornite da Franco Modugno e Antonio Ruggeri nel n. 3/09 dell’Osservatorio, si aggiunge ora l’intervento di Paolo Caretti.

Ancora centrale e ribadita la preoccupazione per l’ormai certa crisi della legge e del  ruolo ad essa assegnato di fonte di regolazione primaria.

Più articolato, invece, l’esame delle cause e dei rimedi da approntare a tale fenomeno.

Così, Caretti, invertendo il metodo di analisi dei primi interventi, pone l’accento, prima ancora che sui possibili rimedi  (siano questi affidati alla fonte costituzionale, siano, invece, affidati a quella ordinaria, come, rispettivamente, proposto da  Antonio Ruggeri e Franco Modugno), sugli aspetti  più propriamente strutturali, legati all’attuale evoluzione della nostra forma di governo, rinviando ogni  soluzione definitiva al momento di un più stabile e sicuro assetto istituzionale.

In tale ottica (e a breve termine), egli opta per modifiche che incidono più che all’”esterno”, all’ “interno” del fenomeno legislativo. L’obbiettivo viene puntato su riforme le quali, sfruttando al massimo i margini di manovra consentiti dall’art. 72 Cost., producano  un rafforzamento del ruolo legislativo svolto dalle commissioni parlamentari. Viste, quest’ultime, quali organismi capaci di esercitare, attraverso le ampie capacità di mediazione che esse tradizionalmente sono in grado di svolgere, un sensibile recupero del prodotto legislativo. Un prodotto che, nato dalla attività collaborativa compiuta dalle commissioni,  non solo possa restituire  funzionalità ed efficienza al  processo di produzione normativa, ma sia anche dotato della stabilità necessaria per resistere al continuo mutare delle maggioranze parlamentari.

Andrea Simoncini

Per una nuova “centralità” della legge: l’avvio del dibattito

Con l’Editoriale dello scorso numero dell’Osservatorio online auspicavamo che la dottrina pubblicististica e costituzionalistica avviasse una riflessione comune sulle questioni principali che oggi agitano il sistema di produzione delle leggi – e non solo delle leggi – in Italia.

Molte ed autorevoli sono state le risposte a questo invito.

In questo numero iniziamo con il pubblicare le prime due, anticipando sin d’ ora che altri interventi sono già previsti per il prossimo numero e – soprattutto - che il dibattito che intendevamo suscitare, per la natura stessa di questa Rivista, potrà certamente proseguire anche nel corso dei numeri successivi.

In questo numero pubblichiamo i contributi dei professori Franco Modugno ed Antonio Ruggeri.

Entrambi vanno al cuore della questione sollevata, ovviamente, con prospettive, giudizi e suggerimenti in parte differenti, ma anche con una rilevante “sintonia” su alcune problematiche di fondo.

Comune, ad esempio, è il giudizio sulla diagnosi dello stato attuale.

Franco Modugno, nelle sue “considerazioni sul ruolo della legge parlamentare”, muove da un dato di fatto ormai incontrovertibile: la legge del Parlamento è oggi sempre più messa “fuori mercato” dall’arrivo di competitors agguerriti e “vincenti”, quali la “avanzante e pervasiva normazione comunitaria”, la “sempre più competitiva legislazione regionale” e la travolgente avanzata dei poteri normativi del Governo.

Se sommiamo queste tre spinte, tutte vòlte a conquistare sempre maggiori spazi regolativi, comprendiamo che “si tratta di una aggressione talmente virulenta” da costringere a chiedersi quale sia oggi davvero la “posizione della legge formale (parlamentare), comunemente definita anche primaria o ordinaria”

Ed analogamente, Ruggeri ritiene che ormai sia sotto gli occhi di tutti la vistosa alterazione del sistema delle fonti rispetto alla disciplina costituzionale.

Dinanzi a questa condizione sempre il professor Ruggeri sintetizza efficacemente l’alternativa: “Qual è il verso da intraprendere nell’opera riformatrice? Adattare il modello costituzionale all’esperienza o tentare di riportare questa a quello? Qui è il cuore della questione su cui siamo oggi nuovamente chiamati a discorrere. È reversibile il superamento del modello costituzionale? E, se sì, quale direzione conviene intraprendere? Quella che porta ad adattare il modello stesso all’esperienza, a “razionalizzare” insomma quest’ultima, o l’altra, opposta, che comporta lo sforzo di ricondurre – fin dove possibile – l’esperienza entro l’alveo tracciato dall’originario modello?”

Gli scenari e le prospettive evocate dai due studiosi presentano indubbiamente “accenti” diversi, ma che risultano tra loro utilmente complementari.

andrea_simoncini

1998-2008: la fine della legge?

1. Le ragioni di un bilancio

Nel maggio di quest’anno si è concluso il primo anno di attività della XVI Legislatura e del Governo Berlusconi IV. Questa scadenza consente di effettuare un primo bilancio con riguardo all’attività legislativa del Parlamento; qual è l’andamento, in termini sia quantitativi che qualitativi, della produzione delle leggi nel nostro paese?

Nella rubrica Fonti statali di questa rivista è possibile trovare Tabelle e Grafici riassuntivi.

Il dato che emerge nel suo complesso appare – sinteticamente – molto significativo e meritevole di un’attenta valutazione.

Se consideriamo, infatti, i dati su base annua è possibile rilevare in questa fase d’avvio della nuova Legislatura (e del relativo Esecutivo) alcuni trends ormai consolidati quantomeno nell’ultimo decennio.

Abbiamo scelto il decennio (1998-2008) come periodo di riferimento dal momento che l’anno 1997 rappresenta in Italia un vero e proprio spartiacque nella prassi parlamentare legislativa. Alla fine del 1996, infatti, la Corte Costituzionale deposita la ben nota sentenza n. 360 con la quale dichiara incostituzionale la reiterazione dei decreti-legge; prima di questa data il panorama della produzione legislativa italiana era del tutto “deformato” da tale fenomeno (basti pensare che eravamo arrivati alla media di oltre un decreto-legge al giorno con la relativa crescita logaritmica delle leggi di conversione); questa pronuncia, dunque, costituisce un vero e proprio turning point, quantomeno sul piano quantitativo. Il successivo 1997 rappresenta un anno di assestamento – di “uscita” dalla reiterazione, come l’abbiamo definito -, un periodo molto particolare (A. SIMONCINI, La “fine” della reiterazione dei decreti legge, in Osservatorio sulle fonti 1997, consultabile anche in questa Rivista, rubrica "Archivio Osservatorio") in cui il sistema parlamentare, nonostante il fortissimo impatto della pronuncia della corte su una prassi che pareva ormai invincibile, riesce ad assorbire il colpo e ad eliminare la reiterazione, tornando a quella media stabile dei “circa” tre decreti legge al mese che costituisce, con qualche sporadica variazione, il “tasso strutturale” di decretazione d’urgenza del nostro sistema (SIMONCINI A., Dieci anni di decretazione d’urgenza, in Osservatorio sulle fonti 2006-2007, p. 132 e ss. si può consultare l’Indice in questa Rivista, rubrica Archivio Osservatorio).

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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