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Rubriche

(aggiornato al 29 febbraio 2012)

A seguito della recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona si rende necessario procedere ad un aggiornamento della consueta informazione relativa al funzionamento della procedura di infrazione: oltre ai cambiamenti relativi alla numerazione delle disposizioni del Trattato rilevanti, si deve dare conto anche di una novità di ordine sostanziale.

 La Corte chiarisce i requisiti per l'acquisizione del diritto al soggiorno permanente sancito dall'art. 16 della direttiva 2004/38/CE[1]

"Il diritto di soggiorno permanente sancito dalla direttiva 2004/38/CE non può essere riconosciuto qualora il soggiorno ultraquinquennale sia regolare dal punto di vista del diritto dello Stato membro ospitante, ma non soddisfi i requisiti stabiliti dal diritto dell’Unione".

Il sistema europeo comune di asilo tra principio di reciproca fiducia e osservanza dei diritti fondamentali [1]

Il ricorrente nella causa N.S. è un cittadino afghano, giunto nel Regno Unito - dove aveva presentato domanda di asilo - dalla Turchia. N.S. era originariamente entrato illegalmente in Grecia, dove dichiarava di essere stato detenuto per quattro giorni prima di venire respinto in Turchia. Tuttavia, in Grecia non aveva presentato alcuna domanda di asilo. Il Secretary of State for the Home Department individuava nella Grecia lo Stato membro competente ad esaminare la domanda di asilo in base a quanto previsto dall'art. 17 del regolamento n. 343/2003, e chiedeva pertanto alla Grecia di prendere in carico il ricorrente nel procedimento principale.[2] Quest'ultima rispondeva alla richiesta entro il termine fissato all'art. 18, n. 7, del regolamento, cosicché, ai sensi di questa stessa disposizione, il suo silenzio veniva equiparato al riconoscimento della propria competenza per l'esame della domanda del ricorrente.

Il diritto del lavoratore alle ferie retribuite di cui all'art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88/CE: inderogabile, ma non direttamente efficace nell'ambito di controversie tra privati[1]

Norme o prassi nazionali che subordinano il diritto alle ferie annuali retribuite ad un periodo di lavoro effettivo minimo di dieci giorni o di un mese durante il periodo di riferimento sono incompatibili con l’art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88/CE. Tale disposizione non osta, invece, ad una disposizione nazionale che prevede una durata diversa delle ferie annuali retribuite a seconda della causa dell’assenza del lavoratore in congedo di malattia, purché in ogni caso detta durata non sia inferiore al periodo minimo di quattro settimane garantito dalla direttiva. 

Se l’incompatibilità della disposizione nazionale con la direttiva è fatta valere nell’ambito di un procedimento tra privati e non è possibile pervenire ad un’interpretazione conforme del diritto nazionale, la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione non può avvalersi dell’effetto diretto della direttiva. Tuttavia, può agire per ottenere il risarcimento del danno subito, secondo quanto previsto nella sentenza Francovich. 

Zambrano atto terzo?[1]

La mera circostanza che possa apparire auspicabile al cittadino di uno Stato membro, per ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare del territorio dell’Unione, che i suoi familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con lui nel territorio dell’Unione, non basta di per sé a far ritenere che il cittadino dell’Unione sia costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non gli venga concesso.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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