Fonti statali

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Con la sentenza n. 67 dell’11 marzo 2022 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, c. 6-bis, del d.l. 13.3.1988, n. 69 (convertito nella l. 13.5.1988, n. 153, istitutiva dell’assegno al nucleo familiare), secondo cui, a differenza di quanto stabilito per i cittadini italiani, il coniuge e i figli del cittadino straniero non residenti in Italia non integrano il nucleo familiare quale definito all’art. 2, c. 6, dello stesso decreto (a meno che lo Stato di cittadinanza dello straniero riservi un trattamento di reciprocità ai cittadini italiani ovvero sia stata stipulata una convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia). Al contrario del giudice remittente (la Sezione lavoro della Corte di Cassazione), la Consulta ha ritenuto dotate di effetto diretto le disposizioni di diritto UE evocate come parametri interposti e, non sussistendo un’ipotesi di doppia pregiudizialità relativa alla Carta dei diritti fondamentali, ha affermato che il giudice remittente – che aveva prioritariamente adito la Corte di giustizia - avrebbe dovuto disapplicare senza porre la questione di costituzionalità.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, causa C-817/19, ECLI:EU:C:2022:491

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Nella sentenza  Ligue des droits humains, la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi, tra l’altro, circa la validità della direttiva PNR alla luce dei diritti fondamentali sanciti dagli artt. 7 e 8 della Carta, nonché dell’art. 52, par. 1, della stessa. La Corte di giustizia si sofferma in particolare sul rispetto del principio di proporzionalità e sul carattere necessario delle ingerenze risultati dalla direttiva PNR ai diritti fondamentali citati. La Corte di giustizia, al termine del proprio lungo ragionamento, arriva alla conclusione  che il trasferimento, il trattamento e la conservazione dei dati PNR previsti da tale direttiva possono essere considerati come limitati allo stretto necessario ai fini della lotta contro i reati di terrorismo e i reati gravi, a condizione che i poteri previsti da detta direttiva siano interpretati secondo quanto statuito dalla Corte di giustizia stessa.

Sentenza della Corte di giustizia (Seconda Sezione) del 13 ottobre 2022, S.C.R.L., Causa C‑344/20, ECLI:EU:C:2022:774

Specificando quanto già affermato nelle precedenti sentenze Achbita e WABE, la Corte di Giustizia è tornata sul tema della compatibilità con il diritto UE del divieto di indossare simboli religiosi imposto dal regolamento interno di un’impresa. In particolare, essa ha chiarito che la religione e le convinzioni personali non possono considerarsi due motivi di discriminazione distinti ai sensi della direttiva 2000/78, relativa alla parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro, ma costituiscono invece un solo e unico motivo di discriminazione. Inoltre, la Corte ha specificato che, nonostante la direttiva ponga dei requisiti minimi e consenta agli Stati membri di mantenere o introdurre nel proprio ordinamento disposizioni più favorevoli, questo margine di discrezionalità non può estendersi fino a consentire agli Stati membri di qualificare, nella propria normativa nazionale di trasposizione della direttiva, la religione e le convinzioni filosofiche come due motivi di discriminazione distinti.

La Corte di Giustizia precisa ulteriormente le condizioni per il riconoscimento a favore di un cittadino di paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione “statico”, del diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’art. 20 TFUE

Sentenza della Corte di giustizia (Quarta Sezione) del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo, Cause riunite C‑451/19 e C‑532/19, ECLI:EU:C:2022:354

 

La Corte ha statuito che l’art. 20 TFUE osta al diniego di una domanda di ricongiungimento familiare presentata a favore di un cittadino di paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato la libertà di circolazione (c.d. statico), per la sola ragione che quest’ultimo non abbia per sé e il suddetto familiare risorse sufficienti per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro, senza che sia in alcun modo considerata l’esistenza, tra tali soggetti, di un rapporto di dipendenza tale per cui il mancato riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato a favore del cittadino di paese terzo costringerebbe il cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione considerato nel suo insieme, privandolo così del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti connessi al suo status di cittadino dell’Unione.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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