Qualità della normazione

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Nell’ultimo mese del 2019 il Consiglio regionale ha approvato sei leggi regionali.

  1. Legge Regionale 6 dicembre 2019, n. 20, Quarta variazione al bilancio 2019-2021 e disposizioni varie, recante l’autorizzazione di spese con variazione di bilancio;
  2. Legge Regionale 20 dicembre 2019, n. 21, Modifiche alla legge regionale 9 gennaio 2014, n. 2 (Razionalizzazione e contenimento della spesa relativa al funzionamento degli organi statutari della Regione), che disciplina le modalità di scelta del personale dipendente del gruppo consiliare, il suo inquadramento giuridico e economico e le modalità di svolgimento del lavoro;
  3. Legge Regionale 20 dicembre 2019, n. 22, Modifiche alla legge regionale n. 8 del 2019 (Proroga di termini), che ha ulteriormente prorogato i termini per la valutazione degli effetti sui destinatari della legge regionale in materia di governo del territorio;

L’attività legislativa della Regione Siciliana del periodo agosto - dicembre 2019 è consistita nella approvazione di quindici leggi, un terzo delle quali sono state oggetto di impugnativa da parte dello Stato ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, e verranno analizzate in questa sede.

1. La prima legge oggetto di impugnazione governativa è la legge 6 agosto 2019, n. 14 Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di pubblica amministrazione e personale. Interventi in favore dell’aeroporto di Trapani Birgi. (6-8-2019).

L’anno in corso rappresenta per l’Unione europea (Unione, in avanti) un momento storico caratterizzato da molteplici sfide di diversa natura e gravità. Tra queste, recentemente si è riproposta quella dell’adesione alla Cedu.

Quest’ultima, paventata più e più volte nel corso del processo di integrazione europea per completare il sistema di tutela dei diritti fondamentali dell’Unione, è divenuta un vero e proprio precetto con il Trattato di Lisbona. In virtù di quest’ultimo, l’art. 6, par. 2, TUE, recita per l’appunto che “l’Unione aderisce alla Cedu”[1]. Il primo tentativo di dare attuazione a questa disposizione è stato posto in essere tra il 2010 e il 2013 dal cosiddetto gruppo ad hoc dei “47+1”. Al termine di un complesso negoziato, il gruppo di negoziatori aveva licenziato un progetto di accordo d’adesione[2], corredato da un pacchetto di documenti ritenuti tutti ugualmente necessari per completare il processo di adesione. Il progetto di accordo veniva di seguito sottoposto al vaglio della Corte di giustizia, attraverso una richiesta di parere avanzata dalla Commissione, ex art. 218, par. 11, TFUE. Come noto, l’esito della valutazione è giunto il 18 dicembre 2014 con il discusso parere 2/13[3]. Una decisione molto dura con cui la Corte di giustizia ha contestato la compatibilità di gran parte delle previsioni contenute nel progetto di accordo con il diritto dell’Unione, paralizzando a lungo il processo di adesione alla Cedu.

Corte di giustizia (Grande Sezione), sentenza 6 ottobre 2020, Causa C-134/19 P, Bank Refah Kargaran c. Consiglio dell’Unione europea, ECLI:EU:C:2020:793.

La sentenza in oggetto si inserisce nel recente filone giurisprudenziale con cui la Corte di giustizia sta progressivamente circoscrivendo il limite al proprio sindacato giurisdizionale in ambito PESC, allargando le maglie della propria competenza ai ricorsi per responsabilità extracontrattuale in capo all’Unione nel quadro della PESC.

La sentenza in oggetto è stata pronunciata dalla Corte di giustizia in seguito all’impugnazione da parte della ricorrente – la Bank Refah Kargaran – della sentenza[1] con cui il Tribunale ha respinto il ricorso avanzato dalla stessa avente a oggetto una domanda fondata sull’art. 268 TFUE e diretta a ottenere il risarcimento dei danni da essa lamentati per via dell’adozione di misure restrittive nei suoi confronti.

a) Con la legge n. 82/2020 viene autorizzata la ratifica del Trattato di estradizione tra la Repubblica  italiana e la Repubblica di Colombia, fatto a Roma il 16 dicembre 2016, e del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Colombia di assistenza giudiziaria in materia penale, fatto a Roma il 16 dicembre 2016, nonché il del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Colombia sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Roma il 16 dicembre 2016.

Con il primo Trattato di estradizione del 2016 viene stabilito (all’articolo 1) che ciascuna Parte, in conformità alle disposizioni del Trattato e su richiesta della Parte Richiedente, si impegna ad estradare all'altra le persone che si trovano nel proprio territorio e che sono ricercate dalla Parte Richiedente e nei confronti delle quali è stata  emessa  una  misura  privativa  della libertà personale nell'ambito di un procedimento penale o una sentenza di condanna definitiva. L’articolo 2 dispone che l'estradizione è concessa quando la richiesta si riferisce a condotte delittuose previste dalla legislazione di entrambe le Parti e che costituiscono un reato punibile con una pena  detentiva di durata minima non inferiore a tre anni.  Quando, invece, l'estradizione è richiesta per l’esecuzione di una sentenza di condanna definitiva, la pena detentiva ancora da eseguire deve essere di almeno un anno. L’articolo 3 prevede che l'estradizione non è concessa se il reato per il quale è richiesta è considerato dalla Parte richiesta come un reato politico.

Osservatorio sulle fonti

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