Fonti Regioni speciali e Province autonome

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Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, causa C-817/19, ECLI:EU:C:2022:491

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Nella sentenza  Ligue des droits humains, la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi, tra l’altro, circa la validità della direttiva PNR alla luce dei diritti fondamentali sanciti dagli artt. 7 e 8 della Carta, nonché dell’art. 52, par. 1, della stessa. La Corte di giustizia si sofferma in particolare sul rispetto del principio di proporzionalità e sul carattere necessario delle ingerenze risultati dalla direttiva PNR ai diritti fondamentali citati. La Corte di giustizia, al termine del proprio lungo ragionamento, arriva alla conclusione  che il trasferimento, il trattamento e la conservazione dei dati PNR previsti da tale direttiva possono essere considerati come limitati allo stretto necessario ai fini della lotta contro i reati di terrorismo e i reati gravi, a condizione che i poteri previsti da detta direttiva siano interpretati secondo quanto statuito dalla Corte di giustizia stessa.

Sentenza della Corte di giustizia (Seconda Sezione) del 13 ottobre 2022, S.C.R.L., Causa C‑344/20, ECLI:EU:C:2022:774

Specificando quanto già affermato nelle precedenti sentenze Achbita e WABE, la Corte di Giustizia è tornata sul tema della compatibilità con il diritto UE del divieto di indossare simboli religiosi imposto dal regolamento interno di un’impresa. In particolare, essa ha chiarito che la religione e le convinzioni personali non possono considerarsi due motivi di discriminazione distinti ai sensi della direttiva 2000/78, relativa alla parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro, ma costituiscono invece un solo e unico motivo di discriminazione. Inoltre, la Corte ha specificato che, nonostante la direttiva ponga dei requisiti minimi e consenta agli Stati membri di mantenere o introdurre nel proprio ordinamento disposizioni più favorevoli, questo margine di discrezionalità non può estendersi fino a consentire agli Stati membri di qualificare, nella propria normativa nazionale di trasposizione della direttiva, la religione e le convinzioni filosofiche come due motivi di discriminazione distinti.

La Corte di Giustizia precisa ulteriormente le condizioni per il riconoscimento a favore di un cittadino di paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione “statico”, del diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’art. 20 TFUE

Sentenza della Corte di giustizia (Quarta Sezione) del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo, Cause riunite C‑451/19 e C‑532/19, ECLI:EU:C:2022:354

 

La Corte ha statuito che l’art. 20 TFUE osta al diniego di una domanda di ricongiungimento familiare presentata a favore di un cittadino di paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato la libertà di circolazione (c.d. statico), per la sola ragione che quest’ultimo non abbia per sé e il suddetto familiare risorse sufficienti per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro, senza che sia in alcun modo considerata l’esistenza, tra tali soggetti, di un rapporto di dipendenza tale per cui il mancato riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato a favore del cittadino di paese terzo costringerebbe il cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione considerato nel suo insieme, privandolo così del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti connessi al suo status di cittadino dell’Unione.

Corte di giustizia (Grande Sezione), sentenza 9 giugno 2022, Causa C-673/20, EP contro Préfet du Gers, Institut national de la statistique et des études économiques, ECLI:EU:C:2022:449.

La sentenza in esame affronta diverse tematiche di carattere “costituzionale”. Segnatamente, la decisione si è concentrata sulla natura dello status di cittadinanza europea e sulle conseguenze che il recesso di uno Stato determina sullo stesso. Inoltre, nel valutare la compatibilità della decisione di conclusione dell’accordo di recesso del Regno Unito con il diritto primario e, segnatamente, con la Carta dei diritti fondamentali, la Corte di giustizia si è pronunciata altresì sull’autonomia “interna” dell’Unione nel negoziare il contenuto di un accordo internazionale.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 18 gennaio 2022, JY (Révocation d'une assurance de naturalisation), causa 118/20[1], ECLI:EU:C:2022:34

Nella sentenza JY, la Corte di giustizia, nella formazione della Grande sezione, ha innanzitutto chiarito che una situazione nella quale un cittadino dell’Unione rinunci alla sua cittadinanza di origine e perda, di conseguenza, lo status di cittadino dell’Unione in ragione della garanzia di naturalizzazione ricevuta dallo Stato membro ospitante, rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, qualora tale garanzia sia successivamente revocata con l’effetto di impedire alla persona interessata di recuperare lo status di cittadino dell’Unione. In tal caso, spetta alle autorità nazionali dello Stato membro ospitante valutare se la decisione di revocare la garanzia di concessione della cittadinanza di tale Stato membro sia compatibile con il principio di proporzionalità in considerazione delle conseguenze che essa comporta per la situazione personale e familiare di tale persona.

Sentenza della Corte di Giustizia del 20 gennaio 2022, Romania/ Commissione, C-899/19 P

La Corte di Giustizia, pronunciandosi sull’impugnazione della sentenza con cui il Tribunale aveva confermato la decisione della Commissione di registrare la proposta di iniziativa dei cittadini europei «Minority SafePack», ha precisato che, pur nel rispetto del principio di attribuzione delle competenze dell’Unione e a condizione che siano basati su una corretta base giuridica, gli atti dell’Unione possono essere diretti al rispetto dei valori su cui questa si fonda. Inoltre, in riferimento all’obbligo di motivare la decisione di registrare una proposta di iniziativa dei cittadini europei, la Corte ha chiarito che, in presenza delle condizioni richieste dal diritto dell’Unione ai fini della registrazione - tra cui in particolare la circostanza che la suddetta proposta non esuli manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto legislativo - , la Commissione è tenuta a procedere alla registrazione e non è titolare di un ampio potere discrezionale al riguardo.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, Causa C‑497/20, ECLI:EU:C:2021:1037

La Corte di Giustizia, pronunciandosi sul rinvio della Corte di Cassazione (Sezioni Unite), ha chiarito che il diritto dell’Unione europea non fa obbligo agli Stati membri di prevedere la possibilità di contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo.  Allo stesso tempo, tuttavia, è stato censurato l’approccio del Consiglio di Stato alla legittimazione dell’offerente escluso nell’ambito di una procedura di appalto, in quanto contrastante con la direttiva sugli appalti pubblici.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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