Impugnazione del disegno di legge n. 471 - 471bis - 471ter approvato nella seduta dell’1 maggio 2010 dall’Assemblea Regionale Siciliana recante “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010”
Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, in data 10 maggio 2010, ha impugnato alcuni articoli del disegno di legge approvato dall’Assemblea regionale siciliana recante “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010”.
Tra le diverse doglianze talune meritano particolare attenzione.
Una prima disposizione (art. 4, comma 11) è contestata perché ritenuta in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. Essa, infatti, nel disporre che una quota del fondo destinato ai trasferimenti annuali in favore dei comuni per lo svolgimento delle funzioni amministrative conferite dalla legislazione vigente, resti nella disponibilità dell’Assessore regionale per le autonomie locali e la funzione pubblica al fine di finanziare attività diverse, «non determina alcun limite alla quota di riserva» ed affida alla assoluta discrezionalità dell’Assessore la scelta in ordine alla utilizzazione delle stesse.
Per violazione degli artt. 3 e 97 sono impugnate anche le previsioni di cui al secondo comma dell’art. 21, al primo comma dell’art. 48, all’art. 87 ed all’art. 104. Quelle di cui all’art. 51, commi 4 e 5 anche per violazione dell’art. 51 Cost., introducendo un ampliamento della categoria di lavoratori precari destinati ad essere stabilizzati, così determinando un aggiramento del principio del concorso pubblico come regola per l’accesso al pubblico impiego ed una disparità di trattamento rispetto al personale precario di altre amministrazioni .Per ragioni analoghe è impugnato l’art. 125, primo comma.
In contrasto con gli artt. 3, 97 e 81, quarto comma Cost. è reputato invece l’art. 36, contenente una norma di interpretazione autentica «delle disposizioni di cui all’art. 39 della L. R. n. 145/1980 e all’art. 24 della L.R- n. 30/2000 riguardanti entrambe l’assistenza legale a carico dell’ente locale in favore di dipendenti ed amministratori soggetti a procedimenti di responsabilità civile, penale o amministrativa in conseguenza di fatti ed atti connessi all’espletamento del servizio e dei compiti d’ufficio». La censura si fonda sull’asserita violazione del principio di ragionevolezza, il cui rispetto può giustificare l’adozione di una norma retroattiva.
Particolare interesse desta l’impugnazione dell’art. 16, comma 7 che detta una diversa definizione della base di calcolo degli oneri del personale degli enti locali rispetto alla vigente normativa nazionale, ai fini di accertare il rispetto del patto di stabilità interno. Tale soluzione, consentita nelle altre Regioni speciali, non lo sarebbe in Sicilia poiché «gli enti locali siciliani, dal 1999 ad oggi, sono assoggettati alle regole generali dettate dalla legislazione nazionale, con conseguente monitoraggio e verifica da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze e per essi quindi non può essere consentita una diversa modalità di computo degli oneri per il personale non preventivamente assentita dagli organi statali».
Un altro gruppo di disposizioni (artt. 6, 8 e 9) sono invece impugnate per violazione degli artt. 3, 117, comma 2 lett. e) e 119 della Costituzione e degli artt. 14, 17 e 36 dello Statuto speciale, poiché introdurrebbero nuovi tributi, esorbitando dalla competenza che pur lo Statuto stesso attribuisce alla Regione, o comunque inciderebbero sulla disciplina di tributi statali (qualificabili tali, in quanto istituti con legge statale, pur se con un gettito a favore delle Regioni). Per ragioni analoghe sono impugnate le disposizioni di cui al capo II, che contengono una disciplina dettagliata di un credito di imposta a favore dei datori di lavoro che assumano lavoratori svantaggiati e disabili. Anche l’art. 127, comma 14 è oggetto di censura perché reputato lesivo delle competenze statali in materia tributaria.
Profili relativi alla violazione delle competenze legislative statali fondano la doglianza avente ad oggetto l’art. 44, che prevede l’istituzione di un fondo nel quale sono destinati a confluire (anche) beni mobili ed immobili confiscati alla mafia. La norma avrebbe ad oggetto una materia riconducibile ad una delle voci di cui all’art. 117, secondo comma, lett. h) ed l).
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