Parere CONSIGLIO DI STATO, Sez. I , 15.4.2010, n. 1588; Ad. del 24.3.2010, affare n. 780
Il comune di Caulonia (RC) aveva provveduto a modificare il proprio statuto inserendo la seguente disposizione: "Il diritto all'elettorato attivo e passivo, in base alla legge, spetta nelle elezioni comunali, oltre ai cittadini italiani ed ai cittadini o elettori di qualsiasi Stato membro dell'Unione Europea, agli apolidi e agli stranieri legalmente soggiornanti in Italia e residenti nel Comune che si trovino in una delle seguenti condizioni:
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Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 7.5.2010, n. 11172; Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 12.5.2010, n. 11442
La sezione tributaria richiama la nota sentenza delle Sezioni Unite n. 12868 del 2005 che, superando il precedente più restrittivo orientamento, aveva statuito che lo statuto del comune -ed anche il regolamento del comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare- può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico-amministrativa del comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il sindaco conserva l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del comune, ai sensi del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).
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Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 19.5.2010, n. 12270
La sezione tributaria ribadisce l’orientamento già espresso dalla Corte di Cassazione (tra le molte Cass. n. 16984/2004) per il quale in base al nuovo testo dell’art. 114 Cost., lo statuto comunale, ove deliberante in materie poste al riparo dalla preferenza della legge statale o regionale, ovvero del regolamento governativo, è fonte del diritto; ne consegue che la violazione o falsa applicazione dello statuto comunale da parte del giudice di merito è denunciabile per Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.