Raccordi parlamentari Italia-UE

Rubriche

CONS. STATO, sez. V, 12 marzo 2019, n.1645; CONS. STATO, sez. V, 12 marzo 2019, n.1646; CONS. STATO, sez. V, 12 marzo 2019, n. 1647

Con il primo motivo di gravame la società appellante deduceva che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, nel caso di specie non si potesse parlare di tardività dell'impugnazione dell'atto presupposto (la delibera comune di Roma n. 18 del 2016), essendo stato tempestivamente impugnato l'atto attuativo senza il quale nessun rilievo poteva avere la previsione generale ed astratta (recata dal regolamento) dell'obbligo di pagare "una somma". L'appellante richiamava, a fondamento di tale censura, un precedente della Sezione con il quale veniva fatta applicazione del consolidato principio per cui, in linea generale e di principio, rispetto agli atti di contenuto normativo è soltanto con il successivo atto applicativo che si viene a radicare tanto l'interesse al ricorso, quanto la legittimazione a ricorrere.

CASS. CIV., sez. trib., 27 marzo 2019, n. 8532
Ai fini della rappresentanza in giudizio del comune l’autorizzazione alla lite non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all'azione; ma lo statuto comunale (atto a contenuto normativo, direttamente conoscibile dal giudice) o anche i regolamenti municipali, nei limiti in cui ad essi espressamente rinvii lo stesso statuto, possono affidarla ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, od anche, con riguardo all'intero contenzioso, al dirigente dell'ufficio legale, così come può esigere detta autorizzazione (della giunta o del competente dirigente), altrimenti non necessaria (S.U. nn. 17550/2002, 12868/2005, 13710/2005).

CASS. CIV., sez. trib., 19 marzo 2019, n. 7673; CASS. CIV., sez. trib., 20 marzo 2019, n. 7796
Secondo un orientamento consolidato di questa Corte "Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune - ed anche il regolamento del Comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare - può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico-amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il Sindaco conserva l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, art. 50, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.” (vedi cass. n. 12868 del 2005; n. 15228 del 2006; n. 29837 del 2008; 4556 del 2012; n. 7402 del 2014).

Dall’analisi condotta sulla legislazione delle Regioni a Statuto ordinario, risulta che solo 8 Regioni hanno introdotto disposizioni finalizzate a garantire la parità di genere nei processi relativi alle nomine e alle designazioni di competenza regionale.
Nella maggior parte dei casi si tratta di disposizioni contenute nell’unica legge che disciplina le nomine e le designazioni di competenza regionale; in taluni casi (come in Lombardia) ci troviamo di fronte a due fonti normative: una che regola le nomine di competenza del Consiglio regionale, l’altra quelle di competenza della Giunta. In altri casi, invece, il principio relativo alla parità di genere viene espresso all’interno della normativa relativa alla disciplina del sistema organizzativo regionale, che contiene anche disposizioni relative alla dirigenza e al personale regionale (Lazio).
Come si può vedere dalla scheda qui sotto, le disposizioni relative alla parità di genere sono state perlopiù aggiunte in un momento successivo, anche sulla spinta dell’approvazione dei nuovi statuti regionali, i quali hanno inserito, tra i principi ispiratori, quello della parità di genere.

Nel recente periodo, il regionalismo differenziato ha rappresentato uno dei temi di maggiore rilievo per le Regioni italiane a statuto ordinario e una delle possibili chiavi di lettura del modello autonomistico dei prossimi anni. Si tratta di un processo che, pur in forme e modalità assai differenti, vede coinvolte tutte le autonomie regionali potenzialmente interessate e che, solo negli ultimi mesi, ha trovato una sua centralità nel dibattito pubblico.
Per queste ragioni, seguendo le indicazioni della Direzione della Rivista, si è deciso di procedere alla pubblicazione degli atti di maggior rilievo, al fine di contribuire ad un dibattito scientifico che metta in luce le conseguenze derivanti dall’attivazione della procedura in oggetto.

Negli ultimi sei mesi dell’attività legislativa il Consiglio regionale ha approvato otto leggi regionali.

La Legge Regionale 31 luglio 2019, n. 12, Prima variazione di bilancio per l'avvio delle attività del"Mater Olbia", autorizza, in attesa della stabile definizione del quadro finanziario per l’acquisto di prestazioni da operatori privati accreditati con il SSR, la spesa di 52.100.000 euro per gli anni 2020 e 20121, nonché una spesa pari a 8.500.000 per le funzioni assistenziali del centro di ricerca medica applicata.

L’attività legislativa della Regione Siciliana del periodo maggio - agosto del 2019 è consistita nella approvazione di otto leggi, tre delle quali sono state oggetto di impugnativa da parte dello Stato ai sensi dell’art. 127 della Costituzione. 

1. Merita di essere segnalata innanzitutto la legge 6 maggio 2019, n. 5 Individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata con la quale la Regione Siciliana ha recepito nell’ordinamento regionale le disposizioni contenute nel D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (Regolamento recante l’individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata), introducendo tuttavia alcune modifiche. Buona parte di queste sono state oggetto di impugnazione da parte dello Stato, giusta delibera del Consiglio dei Ministri del l’11 luglio 2019. 

  • Legge provinciale 17 ottobre 2019, n. 10

“Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Provincia autonoma di Bolzano derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (Legge europea provinciale 2019)”

  • Legge provinciale 4 dicembre 2019, n. 13

“Modifica alla legge provinciale 17 ottobre 2019, n. 10, “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Provincia autonoma di Bolzano derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (Legge europea provinciale 2019)” 

La legge europea 2019 detta, ai sensi della legge prov. 12 ottobre 2015, n. 14, disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento provinciale agli obblighi derivanti dall’Unione europea. 

In particolare, la legge detta disposizioni in materia di rapporti della Provincia con l’UE, precisando meglio il ruolo e la funzione dell’Ufficio di Bruxelles (art. 1) e prevedendo esplicitamente la possibilità per la Provincia di ricorrere alla figura del cosiddetto "esperto nazionale distaccato” (art. 2).

Vengono anche modificate le leggi provinciali in materia di assistenza scolastica, agricoltura, acque e canoni idrici per l’utilizzo di acque pubbliche, per adeguarli al diritto europeo.

Legge Regionale 11 gennaio 2019, n. 1, recante “Legge di semplificazione 2018, di cui si segnala:
Titolo I - Riduzione del numero delle leggi regionali – art. 1 “1. In attuazione dell'articolo 4 della legge regionale 20 ottobre 2016, n. 24 (Norme sulla qualità della regolazione e di semplificazione dei procedimenti amministrativi), l'allegato A alla presente legge reca l'elenco delle disposizioni di legge regionali per le quali è necessaria l'abrogazione espressa. 2.Le disposizioni abrogate con la presente legge continuano ad applicarsi per la disciplina dei rapporti sorti nel periodo della loro vigenza e per l'esecuzione degli impegni di spesa assunti in base alle disposizioni medesime. 3. Ai sensi dell'articolo 15 delle disposizioni preliminari al Codice civile restano comunque fermi gli effetti delle abrogazioni implicite di disposizioni regionali non comprese nell'allegato A”.

Legge provinciale 23 aprile 2019, n. 1, “Abrogazione della legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, “Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale” e altre disposizioni”
Corte cost., ord. 3 luglio 2019, n. 190

La legge prov. 23 aprile 2019, n. 2 abroga la legge prov. 20 settembre 2012, n. 15 (“Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale”), ponendo fine ad un lungo contenzioso con lo Stato.
Con ricorso n. 182/2012 il Governo aveva, infatti, impugnato alcune previsioni della legge n. 15/2012 in tema di toponomastica. In particolare, l’art. 1, co. 4 che, prevedendo che “ogni toponimo è raccolto nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue a livello di comunità comprensioriale” consentiva che “in futuro alcuni toponimi possano essere solamente monolingui e, in particolare, che quelli in lingua italiana già previsti dalla legislazione statale in vigore possano essere eliminati dalla toponomastica ufficiale” sulla base del criterio dell’uso a livello di comunità comprensioriale. Tale previsione si sarebbe posta in contrasto con il principio del separatismo linguistico previsto dallo statuto speciale e riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sentt. nn. 159/2009 e 188 del 1987), nonché con l’art. 117, co. 1, Cost. e art. 1, co. 2, lett. b) dell’Accordo di Parigi del 5 settembre 1946 (Accordo Degasperi-Gruber).

Osservatorio sulle fonti

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