Raccordi parlamentari Italia-UE

Rubriche

Ordinanza n. 243/2018 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 21 dicembre 2018 – Pubblicazione in G.U. del 27/12/2018, n. 51

Motivo della segnalazione

Con l’ordinanza n. 243 del 2018 la Corte costituzionale ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge 2 agosto 2008, n. 130 (Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea), sollevate dal Tribunale ordinario di Siracusa e dalla Corte di Cassazione, per violazione degli articoli 3, 11, 24, 25, secondo comma, 27, terzo comma, 101, secondo comma e 111 della Costituzione.

Sentenza n. 223/2018 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 05/12/2018; Pubblicazione in G. U. 12/12/2018  n. 49

Motivo della segnalazione

In questa decisione la Corte costituzionale si confronta con questioni di legittimità sollevate dalla Corte di cassazione in ordine all’art. 9, comma 6, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), ), in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 7 della CEDU.

Oggetto di attenzione sono previsioni che, nel procedere ad una depenalizzazione in riferimento ad una fattispecie precedentemente prevista come reato, ha riconfigurato come illecito amministrativo la stessa, disponendo l’applicazione retroattiva della nuova disciplina, che viene in rilievo dunque come legge applicabile in relazione ai fatti del giudizio a quo.

Sentenza n. 212/2018 – Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 22/11/2018 – Pubblicazione in G.U. 28/11/2018, n. 47

Motivo della segnalazione

La Corte costituzionale è stata chiamata a giudicare della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, lettera c), numero 2), e 8 del d. lgs. n. 5/2017, recante “Adeguamento delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonché modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell’articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76”, in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 22, 76 e 117, primo comma Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 della CEDU e agli artt. 1 e 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Sentenza n. 194/2018 - giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 08/11/2018; Pubblicazione in G. U. 14/11/2018 n. 45

Motivo della segnalazione

Come già accaduto nella sentenza 120/2018, la Corte costituzionale rinvia, nel proprio iter logico-argomentativo, alla Carta europea dei diritti sociali, segnando così un sensibile passo in avanti nella relazione dei diritti sociali, (anche) con riferimento a fonti sovranazionali sino a tempi recenti trascurate.

Con la decisione qui segnalata, la Corte costituzionale si è pronunciata sull’incompatibilità con la Costituzione dell’art. 1, comma VII, lett. c), della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro) e degli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183).

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale ordinario di Roma. La disciplina de qua prevede, in riferimento ai casi di licenziamento illegittimo, che al lavoratore assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015 spetti un’indennità «in misura [...] modesta», stabilita in modo «automati[co]» con esclusione, quindi, di «qualsiasi discrezionalità valutativa del giudice» e, in particolare, «crescente solo in base alla anzianità di servizio»; secondo il giudice a quo, ciò si pone in contrasto «con gli artt. 3, 4, primo comma, 35, primo comma, 76 e 117, I comma, della Costituzione.».

Da qualche tempo, spunti alla innovazione delle regole e delle procedure della Camera dei deputati giungono dal Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione, organo interno all’Ufficio di Presidenza, previsto dall’art. 3 del Regolamento dei Servizi e del Personale appunto per la formulazione di «indirizzi generali» l’esercizio della «vigilanza sull’attività di documentazione svolta dai Servizi ed Uffici della Camera».

Lo scorso 30 aprile – su iniziativa del deputato Maniero – è stata presentata una proposta di modifica del Regolamento della Camera finalizzata a disciplinare le procedure di dialogo (c.d. Banking Dialogue) con i due organi di vertice dell’Unione bancaria: la Banca centrale europea (BCE) ed il Single Resolution Board (SRB).
Attraverso i Regolamenti istitutivi della Banking Union (Reg. 1024/2013 e 806/2014), l’UE ha riconosciuto ai Parlamenti nazionali una serie di strumenti procedurali finalizzati a consentire un controllo sull’operato di queste autorità (si perdoni il rinvio a R. IBRIDO, L’Unione bancaria europea. Profili costituzionali, Torino, Giappichelli, 2017, spec. 221 ss.). In particolare, i Parlamenti nazionali, possono: (i) presentare osservazioni relative alle relazioni annuali dei due organi; (ii) chiedere la convocazione di scambi di opinione; (iii) formulare quesiti.

Il 7 marzo 2019 sono state presentate presso la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica due proposte di modificazione dei rispettivi regolamenti – incidenti sull’art. 22 r.C. e sull’art. 22 r.S. – tra loro perfettamente coincidenti nell’obiettivo: l’istituzione di una quindicesima Commissione permanente, con denominazione quasi identica, “Infrastrutture e innovazioni [plurale] digitali” alla Camera (Doc. II, n. 8, XVIII leg.) e “Infrastrutture e innovazione [singolare] digitali” al Senato (Doc. II, n. 3, XVIII leg.). Alla Camera, la proposta è sottoscritta da 142 deputati, provenienti principalmente dalle fila del M5S e dalla Lega-Salvini Premier, ma con il supporto anche di deputati del Gruppo di Forza-Berlusconi Presidente, del Gruppo Misto e del gruppo del PD. Al Senato, invece, la proposta di modificazione ha ricevuto 119 sottoscrizioni, quasi esclusivamente dal M5S e dalla Lega-Salvini Premier-Partito sardo d’azione, ad eccezione di un senatore del Gruppo Misto, sen. Saverio De Bonis, che fino a due mesi prima, però, era iscritto al Gruppo del M5S.

Il Presidente della Corte costituzionale, con proprio decreto del 10 giugno 2019, ha stabilito il divieto di utilizzo dei telefoni cellulari e apparati similari a fini di comunicazione e acquisizione di immagini, suoni e video nelle udienze pubbliche.
Nell’articolo unico del decreto, è previsto che «al fine di assicurare il regolare svolgimento delle udienze pubbliche» è disposto che «nel corso delle stesse è vietato l’utilizzo di telefoni cellulari o altri apparati analoghi, in qualsiasi forma, per l’acquisizione di immagini, suoni e video». Fa eccezione l’utilizzo di strumenti elettronici in udienza al solo scopo di scrivere appunti e consultare elaborati in formato elettronico. I commessi sono chiamati ad assicurare il rispetto del decreto presidenziale.

Il decreto presidenziale pare rientrare nell’ambito delle attribuzioni di polizia spettanti al Presidente della Corte costituzionale ai sensi degli artt. 1 e 2 del regolamento generale della Corte costituzionale. Si tratta di un decreto presidenziale, adottato ai sensi dell’articolo 18, comma secondo della legge n. 87 del 1953, che svolge una funzione integrativa del regolamento generale della Corte costituzionale.

Il 12 marzo 2019 è stata presentata presso la Camera dei Deputati una proposta di modificazione “organica” del regolamento sugli affari europei, in particolare sull’art. 25 e sul Capo XXVIII del regolamento: modifiche alle disposizioni relative alle procedure di collegamento con l’Unione europea (Doc. II, n. 9, XVIII leg.), a prima firma dell’on. Sergio Battelli (M5S), presidente della XIV Commissione Politiche dell’Unione europea, e sottoscritta trasversalmente da numerosi deputati di tutti i gruppi costituiti presso questo ramo del Parlamento e componenti della XIV Commissione al momento della presentazione della proposta.

La rubrica del numero precedente di questa rivista si apriva con la notizia che il contratto di governo, al n. 20, denunciava l’eccessivo numero delle leggi e la mancata verifica degli effetti da loro prodotti, promettendo di invertire la rotta. Nell’attuale programma dell’esecutivo, invece, nessuno dei 29 punti si occupa del numero eccessivo delle leggi, di come sono scritte e degli effetti da loro prodotti.
E poiché, come sappiamo, senza un’attenzione politica su questi temi non si fanno passi avanti, non c’è da aspettarsi dal Governo in carica che l’ATN (Analisi Tecnico Normativa) e l’AIR (Analisi di Impatto della Regolazione) accompagnino i disegni di legge statali e che con la VIR (Valutazione di Impatto della Regolazione) siano verificati gli effetti prodotti.
In mancanza di novità sul versante statale, continuiamo il nostro esame sulle Regioni, andando a leggere le relazioni dei Consigli regionali sull’attività legislativa del 2018, secondo quanto risulta dal sito dei Consigli regionali Parlamentiregionali e cioè delle regioni Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Liguria.

Nel contratto di governo fra Lega e Cinque stelle, al numero 20, leggiamo che occorre diminuire drasticamente il numero delle norme in vigore e fare in modo che le leggi siano attuate. Inoltre, continua il contratto, è necessario verificare lo stato di attuazione delle singole disposizioni e la relativa efficacia anche con un bilancio dei risultati concreti della loro attuazione. In particolare, continua il contratto, occorre fare il “tagliando delle leggi” per valutare se gli effetti ottenuti nel lungo periodo siano quelli originariamente proposti e, nel caso, se siano necessarie modifiche, integrazioni o sia addirittura opportuno procedere alla loro abrogazione.
Nulla di tutto questo è stato fatto. La relazione sull’AIR del 2017 (quella del 2018, per la quale è prevista la scadenza di aprile, non è stata ancora trasmessa alle Camere) confermava “l’andamento non positivo” che ha sempre contraddistinto l’utilizzo della VIR (Valutazione di impatto della regolazione) da parte delle Amministrazioni.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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