Raccordi parlamentari Italia-UE

Rubriche

CASS. CIVILE, sez. lav., 11 ottobre 2016, n. 20428

La Corte ha dichiarato fondata l'eccezione di inammissibilità del controricorso, sollevata dal ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, affermato che "nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l'autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all'azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale - competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio ("ex" art. 6, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) - di prevedere l'autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l'uno o l'altro intervento in relazione alla natura o all'oggetto della controversia). Ove l'autonomia statutaria si sia così indirizzata, l'autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell'organo titolare della rappresentanza" (Cass. S.U. 16.6.2005 n. 12868).

TAR CAMPANIA, Napoli, 18 luglio 2016, n. 3582

La sentenza ribadisce che l'istituto della revoca del presidente del consiglio comunale, rientrando nel novero delle "norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente", può essere legittimamente disciplinato solo dallo Statuto comunale (Tar Catania, sez. I, 11706/2015 n.1653, TAR Catania, sez. I, 18/05/2015 n. 1326).
Nel caso, relativo alla revoca del Presidente del Consiglio di Torre Annunziata, il Collegio rileva come dal punto di vista procedurale, siano state osservate le disposizioni di cui all’art.18 dello Statuto dell’ente, secondo il quale “il Presidente ed i Vicepresidenti durano in carica quanto il consiglio che li ha espressi; ciascuno di essi può essere revocato prima della scadenza del mandato, a seguito di approvazione di mozione di sfiducia per grave e reiterata violazione di legge, dello Statuto e dei regolamenti dell’ente, per gravi e reiterati comportamenti pregiudizievoli per la funzionalità ed efficacia dei lavori del Consiglio o lesivi del prestigio dello stesso, per intervenuta o motivata assenza di fiducia tra il Consiglio e il Presidente e/o i Vicepresidenti…la mozione, motivata, può essere presentata dal Sindaco o da almeno un terzo dei Consiglieri in carica; è discussa e votata per appello nominale entro quindici giorni…”.

TAR CAMPANIA, Napoli, 18 luglio 2016, n. 3580

Il TAR Napoli, richiamandosi alla giurisprudenza precedente (TAR Cagliari, sez. II, 27/06/2011 n.664) precisa che “i consiglieri comunali, quali componenti di un'istituzione che deve operare nel rispetto della legge, hanno la possibilità di far valere un interesse morale affinché l'organo politico di appartenenza non agisca, formalmente e sostanzialmente, in violazione di legge; ma ciò non comporta la possibilità, per ciascuno di essi, di proporre ricorsi giurisdizionali avverso atti posti in essere da altri organi comunali (nella fattispecie, gli atti di nomina della giunta da parte del sindaco, ritenuti illegittimi per violazione delle disposizioni costituzionali, legislative e dello statuto comunale a tutela della pari opportunità tra i diversi sessi).

TAR LOMBARDIA, Milano, 19 luglio 2016, n. 1442

I consiglieri ricorrenti adducevano violazione di legge ed eccesso di potere per mancata consegna in tempo utile della documentazione relativa all'ordine del giorno di una seduta consiliare e per mancata consegna in tempo utile della convocazione del consiglio comunale (secondo i ricorrenti sarebbe stata infatti convocata una riunione straordinaria del consiglio comunale, con termini di convocazione ridotti, per trattare argomenti propri dell’assemblea ordinaria).
Ad avviso del TAR, l'art. 38 comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000 e il successivo art. 44 sono chiari nel prevedere la delegificazione del funzionamento del Consiglio comunale con il solo limite della necessaria presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, quale quorum costitutivo delle sedute e del diritto di chiedere la convocazione del Consiglio da parte delle minoranze, sancito dall'art. 39 comma 2. Ne consegue che rientra nelle competenze del regolamento consiliare stabilire quali siano le riunioni ordinarie e straordinarie senza che tale nozione possa desumersi dalla supposta natura delle deliberazioni da adottare.

CASS. CIVILE, sez. trib., 14 ottobre 2016, n. 20778; CASS. CIVILE, sez. trib., 14 ottobre 2016, n. 20779

Qualora con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino l'esame di un regolamento o di una delibera comunale, è necessario, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso, che il testo di detti atti sia interamente trascritto o allegato, non operando, con riguardo alle norme giuridiche secondarie (rispetto alle quali va tenuto distinto il caso delle fonti paraprimarie o subprimarie, quale lo statuto comunale), il principio "iura novit curia", e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali (così come di quelli provinciali) tra i doveri del giudice, che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall'attività svolta dalle parti (Cass. 12547/2016, 2014/1391, 12786/2006, 2006/18661).

CASS. CIVILE, sez. lav., 17 ottobre 2016, n. 20969

La Suprema Corte ritiene che anche nel quadro normativo conseguente alla riforma dell'ordinamento degli enti locali e in base al nuovo testo dell'art. 114 Cost., le norme giuridiche secondarie, come quelle contenute nelle delibere comunali, nei decreti dei Sindaci, nei regolamenti comunali o provinciali non sono comprese tra le fonti del diritto, la cui violazione o falsa applicazione da parte del giudice di merito è denunciabile per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. (Cass. 26 agosto 2004, n. 16984).
Qualora con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino l'esame di tali norme secondarie è necessario - in virtù del principio di specificità dei motivi del ricorso stesso - che le norme invocate siano interamente trascritte o allegate, non operando, con riguardo ad esse (diversamente da quel che si verifica nel caso per le fonti paraprimarie o subprimarie, quale lo statuto comunale), il principio "jura novit curia", e non rientrando, pertanto, la conoscenza delle norme secondarie indicate tra i doveri del giudice, il quale, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall'attività svolta dalle parti (Cass. 29 agosto 2006, n. 18661; Cass. 27 gennaio 2009, n. 1893; Cass. 23 gennaio 2014, n. 1391).

TAR ABRUZZO, Pescara, 29 settembre 2016, n. 321

Secondo la pacifica giurisprudenza del giudice amministrativo, i regolamenti vanno autonomamente e immediatamente impugnati quando contengano disposizioni suscettibili di arrecare in via immediata una lesione attuale dell'interesse di un soggetto; mentre, ove il pregiudizio maturi, come nel caso di specie, a fronte dell'applicazione concreta del regolamento medesimo, sarà quello il giorno da cui decorrerà il termine d'impugnazione, perché solo a decorrere da tale data vi sarà la lesione derivante dalla cogenza della norma regolamentare.

TAR TRENTINO-ALTO ADIGE, Bolzano, 13 settembre 2016, n. 262

L'art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001 prevede che i comuni possano adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
Analogamente il Decreto del Presidente della Provincia n. 24/2009 disponeva all'art. 21 che i comuni possono approvare un regolamento per assicurare la corretta distribuzione urbanistica e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nel rispetto dei limiti e delle competenze di cui alla legislazione vigente e nel rispetto dei principi del piano di settore. Ora, l'art. 4 del D.P.P n. 36/2013, che ha sostituito il D.P.P. n. 24/2009, prevede che, nel rispetto dei limiti e delle competenze di cui alla legislazione vigente, i comuni possano emanare norme volte ad assicurare il corretto inserimento urbanistico degli impianti e a minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. L'art. 3, commi 1 e 2, del medesimo regolamento precisa che nella realizzazione e nell'esercizio delle infrastrutture per le comunicazioni devono essere rispettate le esigenze di salvaguardia della salute, di sicurezza, di tutela della natura e del paesaggio e delle aree protette, tenendo conto della copertura del territorio e della qualità del servizio offerto, e che nella pianificazione delle infrastrutture per le comunicazioni va prestata particolare attenzione alle zone ospitanti elementi sensibili, quali i beni di particolare pregio architettonico o paesaggistico, gli ospedali, le scuole, le case di riposo, gli istituti di degenza e simili.

TAR CAMPANIA, Salerno, 23 agosto 2016, n. 1944

Deve ritenersi che, se ai Comuni non è inibito il potere di adottare un proprio regolamento per disciplinare il corretto insediamento degli impianti, tale potere deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe e non in divieti generalizzati di installazione degli impianti in intere zone del territorio comunale (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4557).
Per tali ragioni, l'individuazione di apposite zone del territorio comunale come zone idonee alla allocazione degli impianti può ritenersi legittima solo ove supportata da specifiche motivazioni, ovvero da ragioni di carattere urbanistico, edilizio, o di tutela di beni di particolare interesse paesaggistico o artistico (Cons. Giust. Regione Sicilia, 27 agosto 2013 n. 735).
Analogamente, il Comune, ove escluda intere parti del suo territorio dalla possibile localizzazione di impianti di telefonia, deve non solo individuare dei siti alternativi, ma anche dimostrare la loro specifica alternatività in termini di copertura di rete, ovvero la loro idoneità a garantire la copertura del servizio su tutto il territorio comunale (Cons. Stato, 23 gennaio 2015 n. 306; 21 gennaio 2015, n. 183).
Per tali ragioni, debbono reputarsi illegittime le previsioni regolamentari che, nel disporre la suddivisione del territorio comunale in zone destinate alla localizzazione degli impianti, introducano limiti generalizzati a siffatta localizzazione su tutto il resto del territorio comunale, mediante una scelta generale ed astratta non supportata da specifiche giustificazioni quanto alla precipua tipologia dei luoghi esclusi né dalla presenza di siti peculiari e qualificabili per il loro particolare valore e/o destinazione (Cfr. TAR Toscana, sez. II, 17 febbraio 2011, n. 335).

TAR MOLISE, Campobasso, 23 settembre 2016, n. 361

Il TAR richiama una recente sentenza dello stesso collegio, n. 396/2014, sulla legittimità del regolamento adottato dal Comune di Campobasso ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001 e della legge regionale n. 20/2006, in analogo contenzioso proposto da Telecom spa, in cui aveva concluso nel senso della sua conformità alla legge statale sulla scorta della seguente motivazione: "Secondo l'attuale disciplina in tema di installazione di strutture operanti quali cc.dd. stazioni 'radio - base per telefonia mobile', risultante dal combinato disposto delle norme contenute nella l. 22 febbraio 2001, n. 36, "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici" e nel d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (c.d. "codice delle comunicazioni"), le funzioni (legislative ed amministrative) relative alla determinazione dei limiti di esposizione alle onde elettromagnetiche sono attribuite allo Stato; rimangono, invece, di competenza delle Regioni le funzioni relative alla localizzazione dei siti di trasmissione ed alla regolamentazione delle modalità procedimentali per il rilascio delle autorizzazioni; dal che deriva che le fondamentali competenze in materia risultano suddivise fra lo Stato e le Regioni" (cfr. TAR Sicilia, Palermo sez. II, 27 marzo 2012, n. 622).

TAR SICILIA, Palermo, 26 settembre 2016, n. 2268

In materia di provvedimenti riguardanti l'utilizzo temporaneo di loculi cimiteriali, il potere extra ordinem di adozione di ordinanze contingibili ed urgenti è regolato da precisi limiti di legge, superati i quali, tal genere di provvedimento non può essere ammesso (cfr. T.A.R., Sicilia, sez. III, n. 2339/2013, 455/2015, 593/2015).
In particolare le ordinanze contingibili ed urgenti sono consentite esclusivamente per far fronte a straordinarie ed imprevedibili esigenze - a cui non è possibile ovviare facendo ricorso agli ordinari strumenti tipizzati dalla legge - per il tempo strettamente necessario affinché l'amministrazione possa intervenire in via ordinaria.
Ciò considerato, è evidentemente impossibile ricondurre ad evento straordinario ed imprevedibile l'esaurimento dei posti salma in un cimitero comunale, avvenuto nel tempo, nell'inerzia dell'amministrazione comunale, che nulla ha fatto per far fronte a tale più che prevedibile conseguenza e che solo dopo avere adottato i provvedimenti impugnati ha deliberato in ordine all'approvazione del progetto di ampliamento del cimitero.
Anche la previsione del termine di efficacia dei provvedimenti impugnati, fino alla prevedibile fine dei lavori di ampliamento del cimitero, non appare conforme ai principi che presiedono alla adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti.
Proprio per la particolare natura eccezionale di tal genere di provvedimenti, la loro efficacia può ritenersi giustificata esclusivamente per il tempo necessario per poter affrontare, con gli strumenti ordinari, le contingenze improvvisamente emerse, che è cosa ben diversa dal tempo necessario per poter risolvere definitivamente, a regime, il problema esistente.

Osservatorio sulle fonti

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