Raccordi parlamentari Italia-UE

Rubriche

Sentenza della Corte di giustizia (grande sezione) del 2 settembre 2021, causa C-350/20 INPS (Allocations de naissance et de maternité pour les titulaires de permis unique)

Su rinvio della Corte costituzionale, a sua volta prioritariamente adita dalla Suprema Corte di Cassazione, la Corte di giustizia ha chiarito che il diritto dell’Unione, in particolare l’art. 12, par. 1, della direttiva 2011/98 sul permesso unico, osta a disposizioni nazionali – quali l’art. 1, comma 125, della legge del 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015) e l’art. 74 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) – che subordinano la concessione di prestazioni previdenziali ai sensi del regolamento (CE) 883/2004 – nella specie, l’assegno di natalità e l’assegno di maternità – alla condizione che i richiedenti cittadini di paesi terzi siano soggiornanti di lungo periodo.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sezione Prima), sentenza 20 maggio 2021, Caso No. 5312/11, BEG S.p.A. c. Italia

La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 20 maggio 2021 afferma la responsabilità dello Stato per violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per aver dato effetto ad un lodo arbitrale pronunciato con il concorso di un arbitro privo della necessaria indipendenza. Il diritto ad un equo processo non è invocabile unicamente davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato, ma anche in giudizi arbitrali, che presuppongono la rinuncia alla giustizia ordinaria. Il fatto che uno degli arbitri avesse rivestito importanti cariche nella società controllante una delle parti dell’arbitrato e l’avesse assistita in un procedimento giudiziario determina la mancanza d’indipendenza e la responsabilità dello Stato per aver dato effetto al lodo arbitrale. 

Titolo completo: La Corte di Giustizia, pronunciandosi sulla conclusione della Convenzione di Istanbul da parte dell’UE, riconosce l’ammissibilità del raggiungimento, prima dell’adozione della decisione di conclusione da parte del Consiglio, di un “comune accordo” degli Stati membri a esserne vincolati

Parere della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 6 ottobre 2021, Convenzione di Istanbul, parere 1/19

La Corte di Giustizia, nel parere adottato sulla conclusione da parte dell’UE della Convenzione relativa alla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ha precisato che i Trattati vietano al Consiglio di subordinare l’adozione della decisione relativa alla conclusione di tale Convenzione al previo accertamento di un “comune accordo” tra gli Stati membri a esserne vincolati, nelle materie rientranti nella loro competenza. Tuttavia, i Trattati non vietano al Consiglio di attendere, prima dell’adozione della decisione di conclusione, il raggiungimento del suddetto “comune accordo” tra gli Stati membri. La Corte ha, inoltre, individuato negli articoli 78 TFUE (politica di asilo e non respingimento), 82, par. 2, 84 TFUE (cooperazione giudiziaria in materia penale) e 336 TFUE (statuto dei funzionari) le basi giuridiche sostanziali della decisione del Consiglio relativa alla conclusione della Convenzione.

Corte di giustizia (Grande Sezione), sentenza 2 febbraio 2021, Causa C-481/19, DB c. Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob), ECLI:EU:C:2021:84.

La sentenza Consob contribuisce ad arricchire il dialogo tra la Corte di giustizia e la Corte costituzionale italiana, confermando l’importanza dello strumento del rinvio pregiudiziale per la risoluzione di potenziali contrasti tra il diritto dell’Unione e il diritto nazionale. Nella sentenza in esame, la Corte di giustizia ha stabilito che gli articoli 47 e 48 della Carta assicurano il diritto al silenzio delle persone fisiche sottoposte a un procedimento amministrativo per abusi di mercato allorché le dichiarazioni rese da queste possano contribuire a farne emergere la responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative aventi carattere afflittivo e/o alla formulazione di un’accusa penale a loro carico. Ciò posto, ha chiarito che le disposizioni di diritto dell’Unione oggetto del rinvio pregiudiziale possono essere interpretate in maniera conforme agli articoli 47 e 48 della Carta, consentendo quindi allo Stato membro di non sanzionare la persona fisica che si avvale del diritto al silenzio nell’ambito del procedimento amministrativo suddetto.

Corte di Cassazione penale (Sezioni Unite), sentenza 18923/2021 

La sentenza n. 18923 del 2021 trae origine da un procedimento penale per illeciti disciplinari, di cui al D. Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 4, comma 1, lett. d), in relazione agli artt. 186, commi 1 e 2 lett. c) e 2 sexies del codice della strada e 337, 582, 576 e 585 c.p., a carico di un magistrato, il quale, messosi alla guida in stato di ebbrezza da assunzione di alcool, aveva usato violenza nei confronti degli agenti della Polizia Municipale che cercavano di accertare l’illecito. Con sentenza n. 130 del 2020, il Consiglio Superiore della Magistratura, nella sua sezione disciplinare, lo aveva condannato alla sanzione della sospensione dalle funzioni per due anni e del trasferimento presso altra sede con obbligo di svolgimento di funzioni solo civili, dopo che la Corte di Cassazione si era pronunciata definitivamente in sede penale, dichiarando, con la sentenza n. 4936/2020, estinti i reati di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni personali aggravate ma, al contempo, rigettando tutti gli altri motivi di ricorso dell’imputato, confermando dunque la ricostruzione dei fatti come operata dal giudice di merito. Il ricorrente agiva dinanzi alla Corte di Cassazione sollevando quindici motivi di impugnazione nei confronti della sentenza disciplinare a suo carico.

LEGGE 15 gennaio 2021, n. 4, Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108ª sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione. (21G00007) (GU Serie Generale n.20 del 26-01-2021).

Con l’articolo 1 della Legge n. 4/2021 il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro in materia di eliminazione della violenza e delle molestie sui luoghi di lavoro.

Con l’articolo 2 piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione.

Il 30 dicembre 2020, a seguito dell’iter negoziale iniziato nel febbraio del medesimo anno[1], è stato firmato l’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’Energia atomica, da una parte, e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra (d’ora in avanti, «Accordo sugli scambi commerciali»)[2]. La presente scheda mira quindi a chiarire il regime applicabile alle relazioni tra Regno Unito e Unione europea, alla luce del rapporto tra il precedente l’Accordo di recesso del Regno Unito e Irlanda del Nord dall’Unione europea[3] e l’Accordo sugli scambi commerciali. Verranno inoltre brevemente ricostruiti i contenuti più rilevanti di quest’ultimo accordo[4].

(Decisione del Comitato sui diritti umani resa nel caso A.S., D.I., O.I. e G.D. c. Italia)

Con decisione depositata il 27 gennaio 2021 il Comitato sui diritti umani, l’organo di controllo del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ha adottato le conclusioni relative alle comunicazioni presentate da tre cittadini siriani e uno palestinese sopravvissuti alla strage di Lampedusa del 2013, che denunciavano la violazione del diritto alla vita di oltre 200 migranti, tra le quali alcuni bambini, che viaggiavano a bordo di una imbarcazione naufragata nelle acque internazionali tra Lampedusa e Malta, nella zona Search and Rescue (SAR) maltese. Secondo la ricostruzione degli eventi, la capitaneria italiana era stata allertata nel naufragio ma aveva inoltrato la richiesta di soccorso a Malta, attendendone inutilmente l’intervento e ritardando così le operazioni di salvataggio. Nonostante la presenza di una nave italiana nelle vicinanze della imbarcazione in pericolo, le autorità italiane hanno temporeggiato a lungo prima di autorizzare l’intervento in soccorso, determinando la morte della maggior parte dei passeggieri.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 17 dicembre 2020, Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a., Causa C‑336/19, ECLI:EU:C:2020:1031

La Corte di Giustizia ha chiarito che gli Stati membri non hanno l’obbligo di garantire la deroga al principio del previo stordimento degli animali durante l’abbattimento prevista dal Regolamento 1099/2009 in relazione alla macellazione compiuta a fini religiosi. Pronunciandosi riguardo ad un decreto adottato dal governo delle Fiandre che, nell’ambito della macellazione rituale, impone l’uso di un procedimento basato sul previo stordimento reversibile la Corte, richiamando l’ampio “margine di discrezionalità” che deve essere riconosciuto alle autorità nazionali in materia, ha ritenuto che il decreto in questione consente di garantire un “giusto equilibrio” tra il benessere degli animali, quale “valore” riconosciuto dall’art. 13 TFUE, e il diritto di manifestare la propria religione, garantito dall’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. 

Sentenza n. 104/2021 – La questione origina da un ricorso in via principale relativo agli artt. 10, commi 1 e 2, e 18, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giu-gno 2019, n. 58, promosso dalla Regione Umbria e dalla Regione Toscana.
Per effetto della rinuncia all’impugnazione dell’art.10, pur interessante sul piano delle fonti, la pronuncia si concentra sull’art.18 della norma impugnata che riguarda l’ambito di operatività del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (Fondo statale).

Sentenza n. 101/2021 – La decisione concerne un ricorso in via principale proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti degli art. 1, comma 2, e 2, comma 1, della legge della Regione au-tonoma Sardegna 21 febbraio 2020, n. 3 (Modifiche alle leggi regionali n. 45 del 1989 e n. 8 del 2015 in materia di Piano di utilizzo dei litorali- PUL).
La questione riguarda l’indirizzo legislativo regionale tendente alla destagionalizzazione del turismo mediante deroghe all’obbligo di rimozione di strutture turistico ricreative a servizio della balneazione. Principalmente, sul piano delle fonti, lo Stato lamenta la lesione dell’art.146 del Codice dei beni cultu-rali (autorizzazione paesaggistica). Articolo che, costituendo (come ribadito dalla Corte) norma di grande riforma economico sociale costituisce limite anche alla competenza esclusiva delle regioni speciali in materia di edilizia e urbanistica che non includerebbe, come invece sostenuto dalla Regione Sardegna, la tutela paesaggistica.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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