Raccordi parlamentari Italia-UE

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Nella gestione dell’emergenza sanitaria in corso, le Camere hanno finora adottato strategie differenti in relazione alla partecipazione a distanza ai propri lavori.

La Camera, con un parere della Giunta per il regolamento del 4 novembre 2020, ha autorizzato lo svolgimento di una serie piuttosto ampia di attività di Commissione, concernenti le sedute dedicate allo svolgimento di comunicazioni del Governo (art. 22, comma 3, del regolamento che, a differenza di quanto accade in Assemblea, non possono concludersi con la votazione su atti di indirizzo); lo svolgimento di atti di sindacato ispettivo; ogni altra seduta delle Commissioni (o di Comitati permanenti costituiti al suo interno) in sede formale nella quale sia previsto esclusivamente lo svolgimento di una discussione e non siano previste votazioni.

Al contrario, al Senato, il parere adottato dalla omologa Giunta il 9 novembre successivo ha limitato l’utilizzo della modalità telematica per le sedute delle Commissioni e delle Commissioni bicamerali per le quali trova applicazione il Regolamento del Senato alle sole audizioni (formali e informali), ferma restando la presenza in sede almeno del Presidente o del Vice Presidente della Commissione, nonché del capo dell’Ufficio di segreteria.

Resta in ogni caso preclusa, allo stato, la possibilità di effettuare votazioni da remoto in qualsiasi sede parlamentare.

Nello stesso tempo, presso entrambe le Camere sono state depositate proposte di modifica regolamentare tese all’introduzione – a regime – di forme di partecipazione a distanza ai lavori parlamentari. In entrambi i casi, si ipotizza la possibilità non soltanto di partecipare alla discussione da remoto, ma anche di esercitare il voto. Nei contenuti specifici, tuttavia, le proposte divergono in maniera significativa.

Alla Camera, la proposta del deputato Ceccanti (A.C., Doc. II, n. 15), piuttosto che disciplinare direttamente i casi e le modalità di ricorso a tale ipotesi, individua nell’Ufficio di Presidenza il soggetto deputato a disciplinare la materia, nonché quello titolare della decisione nei singoli casi di richiesta di accesso alla partecipazione a distanza. Al Senato, la proposta della sen. Botto (A.S, Doc. II, n. 5), procede invece a una diretta individuazione dei casi in cui poter immaginare una partecipazione a distanza (dichiarazione dello stato di emergenza nazionale ovvero in caso di un pericolo imminente che minaccia il Paese; gravidanza, maternità, paternità o malattia grave; casi ulteriori di forza maggiore, valutati con decisione del Presidente del Senato, sentito il parere unanime della Giunta per il Regolamento).

Questa segnalazione è dedicata a una proposta di modifica del regolamento del Senato della Repubblica, il Doc. II, n. 4, presentato dalla senatrice Paola Taverna il 20 febbraio 2020 in materia di presentazione delle petizioni in formato elettronico. Si inserisce, con intenti innovatori, nella disciplina di uno strumento antico, ben radicato nella nostra storia costituzionale, il quale si ritrova nell’art. 57 dello Statuto del Regno e nell’art. 50 della vigente Costituzione, che reca: «tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità».

In questa segnalazione si dà conto di una proposta di modifica puntuale al regolamento della Camera dei deputati, il Doc. II, n. 12, presentato dalla deputata Barbara Pollastrini (27 gennaio 2020), in materia di denominazione delle commissioni permanenti. Essa mira semplicemente a integrare, al primo comma dell’art. 22 r.C., il nome della I Commissione “Affari costituzionali, della Presidenza del consiglio e interni” con l’ulteriore specificazione “Diritti e pari opportunità”.

Nella seduta del 5 febbraio 2020 del Comitato per la legislazione della Camera dei deputati, il Presidente Paolo Russo, ha illustrato una proposta conseguente al ciclo di audizioni sulle attuali tendenze della produzione normativa, organizzate dallo stesso Comitato tra il mese di ottobre 2018 e il mese di maggio 2019, nel corso del turno di presidenza immediatamente precedente, della deputata Dadone (una sintesi dei contenuti delle audizioni è reperibile qui).

Con delibera dell’8 gennaio 2020, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 22 gennaio, i giudici del Palazzo della Consulta hanno introdotto alcune disposizioni innovative all’interno delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Un comunicato stampa, datato 11 gennaio 2020, e ampiamente rilanciato sugli organi di stampa generalista, informava che, grazie alla novella in oggetto, «anche la società civile, d’ora in poi, potrà far sentire la propria voce sulle questioni discusse davanti alla Corte costituzionale».

Risale al 22 gennaio la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della novella alle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, deliberata dal giudice delle leggi l’8 gennaio. Essa è relativa, tra l’altro, alla necessità di un’apposita ordinanza (nuovo art. 4-bis n.i.) per decidere, precedentemente alla trattazione della causa, dell’ammissibilità dell’intervento in un giudizio in via incidentale di terzi «titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio» (nuovi commi 6 e 7 dell’art. 4 n.i.), onde consentire a tali soggetti l’accesso agli atti processuali. Inoltre, la riforma delle norme integrative introduce la possibilità di convocare una camera di consiglio, presenti i giudici e le parti, per l’audizione di «esperti di chiara fama», al fine di «acquisire informazioni attinenti a specifiche discipline» (nuovo art. 14-bis). Con due recenti provvedimenti, queste due disposizioni hanno già trovato prima applicazione.

1. In ritardo rispetto alla data prevista, 30 aprile, è stata presentata al Parlamento la Relazione della Presidenza del Consiglio dei ministri sullo stato di applicazione dell’analisi dell’impatto della regolamentazione (art. 14, comma 10, della legge 28 novembre 2005, n. 246 “legge di semplificazione 2005”).

La Relazione non si occupa, come vedremo,  solo di AIR che, ricordiamo, è disciplinata dal DPCM 15 settembre 2017, n. 169 (Regolamento recante disciplina sull’analisi dell’impatto della regolamentazione, la verifica del suo impatto e la consultazione) cui ha fatto seguito, cinque mesi dopo, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2018 (Approvazione della Guida all’analisi e alla verifica dell’impatto della regolamentazione, in attuazione del DPCM 15 settembre 2017, n. 169).

Sono 823 le pagine ma, di queste, solo 36 parlano di ATN, AIR e VIR documentando lo stato di applicazione degli strumenti di qualità della regolamentazione da parte delle Amministrazioni statali. 

2. Nella Premessa la Relazione parla di un generale miglioramento dell’AIR dovuto a vari fattori: perché accanto al DAGL opera il Nucleo composto da esperti esterni che valutano una per una le relazioni AIR redatte dai vari Ministeri; perché sempre di più alle relazioni AIR partecipano le Direzioni del singolo Ministero che conoscono la realtà disciplinata dal nuovo intervento legislativo; perché è continuata la formazione professionale, attraverso la partecipazione a corsi organizzati dalla Scuola nazionale dell’Amministrazione; perché si è abbandonato il criterio di fare l’AIR per tutti i progetti di leggi e altri atti normativi, per concentrarsi solo su quelli di maggior impatto, individuati in anticipo alla loro adozione grazie ai piani semestrali che consentono di reperire i dati e impostare le ricerche necessarie e quindi farsi trovare pronti quando la politica decide di intervenire. E, anche per la VIR, ha preso piede la loro pianificazione, prevista dall’art. 12 del Regolamento n. 169/2017, in base al quale ogni Amministrazione predispone un piano biennale per la valutazione e la revisione della regolamentazione relativa agli atti normativi in vigore sui quali si intende svolgere la VIR.

Continua, invece, la mancata istituzione di apposite unità organizzative all’interno dei Ministeri, che assicurino un’adeguata capacità di acquisizione di dati e il possesso delle varie professionalità necessarie sia per l’AIR che per la VIR (art. 2, comma 7 del Regolamento 169/2017).

E’ la Guida a richiedere un Ufficio responsabile del coordinamento e delle attività connesse all’effettuazione dell’AIR (e della VIR), con il compito di istituire un gruppo di lavoro che coinvolga le Direzioni competenti e professionalità giuridiche, economiche e statistiche, avvalendosi anche di esperti e di società di ricerca specializzate, nei limiti delle disponibilità finanziarie.

E, quel che è più grave, stentano a decollare le consultazioni dei destinatari dell’intervento normativo, sia in fase di elaborazione degli atti normativi, sia di valutazione e revisione degli stessi, nonostante le tante indicazioni contenute nella Guida del 2018 che considera le consultazioni, almeno di coloro sui quali ricadono i principali effetti delle norme oggetto di AIR (e di VIR), come un adempimento indispensabile.

Nel corso del 2019, le Amministrazioni statali hanno inviato al DAGL 90 relazioni AIR; erano 112 nel 2018. Tale dato, oltre che legato alla riduzione dell’attività fisiologicamente connaturata alla nascita di un nuovo Governo (l’attuale Governo Conte 2 ha giurato il 5 settembre 2019), riflette anche i primi effetti del nuovo Regolamento del 2007 che ha ridotto, opportunamente, l’ambito di applicazione dell’AIR, in modo da concentrare, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’impegno delle Amministrazioni sui provvedimenti di maggiore impatto su cittadini, imprese e Pubblica amministrazione.     

La Relazione racconta di difficoltà nella redazione dell’AIR per i decreti legge, anche se semplificata rispetto a quella prevista per gli altri atti normativi.  La precedente normativa (DPCM 170/2008), invece, escludeva l’AIR per i decreti legge. Secondo l’art. 10, comma terzo, del Regolamento “la relazione AIR che accompagna i decreti legge è presentata al DAGL per la relativa verifica contestualmente alla richiesta di iscrizione del provvedimento all’ordine del giorno della riunione preparatoria del Consiglio dei ministri.  Ma abbiamo visto che la relazione AIR ha bisogno di tempo per essere redatta e per questo si sono previsti i piani semestrali, che consentono all’Amministrazione di farsi trovare pronta quando si deve fare l’AIR: ma questo procedimento, mi pare ovvio, non è applicabile ai decreti legge perché non possono essere previsti nei piani semestrali. Pertanto, mi pare opportuno tornare all’esclusione dell’AIR nei decreti legge.

Per un atto da escludere dall’AIR, un altro, invece, da aggiungere, sempre a nostro avviso, e cioè le norme di attuazione degli statuti delle Regioni a statuto speciale, espressamente escluse dall’art. 6 del Regolamento. Le norme di attuazione, per una interpretazione più che decennale della Corte costituzionale, possono, non solo attuare lo statuto speciale, ma anche integrarlo laddove lo statuto nulla disponga: sono quindi legittime le norme di attuazione praeter statutum e illegittime soltanto quelle contra statutum.

Con le norme di attuazione praeter statutum viene dettata una disciplina che non incontra alcun limite in normative precedenti, come quando si  adotta un disegno di legge, e che può essere   inserita nel Programma normativo semestrale: solo per fare alcuni esempi, con le norme di attuazione la Provincia autonoma di Trento ha costruito un carcere per lo Stato e in Valle d’Aosta il trasporto ferroviario e l’edilizia residenziale pubblica sono stati disciplinati da norme di attuazione.

3. Per tutti gli atti normativi d’iniziativa governativa, inclusi i disegni di legge costituzionali e i decreti legge, senza previsioni di casi di esenzione o di esclusione come nella disciplina dell’AIR, è prevista l’analisi tecnica normativa (ATN) per verificare l’incidenza della normativa proposta sull’ordinamento giuridico vigente e verificare la sua conformità alla Costituzione, alla normativa europea, ai trattati internazionali, alle competenze delle Regioni e anche la qualità formale e cioè il rispetto delle regole di drafting:

170 sono state le relazioni ATN presentate nel 2019 e, di queste, 58 sono state rinviate dal DAGL per modifiche e/o integrazioni relative, spesso, alla mancata analisi degli obiettivi e della necessità dell’intervento normativo, o al rispetto delle competenze regionali e degli enti locali. La Relazione considera necessario modificare l’attuale disciplina dell’ATN per prevedere una metodologia semplificata per i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e i decreti ministeriali, tenendo conto della loro effettiva portata normativa.

Anche la VIR, come l’AIR, non deve essere fatta per tutte le leggi approvate in un certo anno, ma solo sulle normative di maggiore impatto. Il Regolamento prevede che le Amministrazioni programmino le valutazioni su base biennale, attraverso appositi piani che individuano gli atti normativi o gli insiemi di atti normativi “tra loro funzionalmente connessi” da sottoporre a valutazione. Pertanto, nel 2019 le Amministrazioni sono state impegnate nella redazione di tali piani, approvati con decreto ministeriale, redazione avvenuta per quattro Ministeri.

Questo quindi il bilancio 2019: 170 relazioni ATN, 90 relazioni AIR, zero relazioni VIR e quattro piani.

4. Come abbiamo accennato in apertura di queste note, la Relazione riferisce le esperienze di AIR e di VIR a livello europeo perché l’art.11 del Regolamento prevede, per la prima volta, che le Amministrazioni svolgano un’analisi di impatto sui progetti di atti dell’Unione europea significativi per il loro impatto nazionale. E l’articolo 15 dello stesso Regolamento prevede che le stesse Amministrazioni partecipino alle attività di valutazione della normativa promosse dalle Istituzioni dell’UE, con specifico riguardo a quelle relative a norme che disciplinano materie di particolare rilievo per le politiche nazionali… Il DAGL, ove ne ravvisi l’esigenza, provvede a convocare, anche su richiesta dell’Amministrazione competente,

La Relazione riferisce di partecipazione del DAGL ad incontri periodici a Bruxelles per migliorare la legislazione dell’UE in vigore e la sua attuazione, perché i principi per legiferare meglio divengono sempre più parte integrante della cultura istituzionale della Commissione. E, sempre il DAGL, ha rappresentato l’Italia nel Comitato per le politiche di regolazione dell’OCSE, partecipando nel mese di giugno all’annuale incontro degli esperti di qualità della regolazione dei Paesi membri.

A pagina 36 della Relazione finisce il resoconto di cosa fa lo Stato in materia di ATN, AIR, e VIR; e qui dovrebbe fermarsi la Relazione prevista dall’articolo 14, comma 10, della legge 28 novembre 2005, n. 246 che vuole che il Parlamento sia informato di quello che hanno fatto le Amministrazioni dello Stato. E invece seguono 41 pagine sulle esperienze di AIR e VIR delle Autorità amministrative indipendenti e 31 pagine sulle esperienze di AIR e VIR in undici Regioni. Con due allegati: uno sui titoli dei provvedimenti AIR esentati (17) ed esclusi (101); l’altro, su documenti trasmessi da AGCOM, CONSOB e COVIP (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) che occupano più di 700 pagine (707), con schemi di statuto e di regolamenti. Non è la prima volta che ciò accade e cresce pertanto la curiosità di sapere perché.

              

                 

Nella rubrica del numero precedente abbiamo raccontato i principali contenuti di nove saggi sull’applicazione dell’AIR e degli altri strumenti per la qualità della normazione da parte dei Ministeri, con riferimento agli anni 2017 e 2018.
In questo numero la parola passa al Governo, che ha presentato alle Camere la prima relazione dopo l’entrata in vigore del DPCM 169/2017 che ha dettato le nuove regole sull’Air, la VIR e le consultazioni (vedi il n. 1 del 2018). La relazione è stata presentata il 1° agosto 2019 dal Ministro Fraccaro quando i Cinque stelle governavano con la Lega.

L’Osservatorio AIR ha pubblicato nove saggi, indicati nell’indice allegato, nei quali esamina l’applicazione dell’AIR e degli altri strumenti per la qualità della normazione da parte dei Ministeri e delle Amministrazioni indipendenti (in seguito AI), con riferimento agli anni 2017 e 2018. Gli aspetti interessanti sono tanti: quelli più interessanti li riportiamo qui di seguito, rubando le parole ai nove autori della pubblicazione.

  1. Gli strumenti per una buona regolazione ci sono ma talvolta sono inattuati, o utilizzati in modo solo formale. Le criticità dell’AIR, secondo il Consiglio di Stato (parere 1458 del 19 giugno 2017), non sono da ricercare nella sua disciplina, ma nelle carenze della sua attuazione pratica, con la conseguenza che non sono di utile supporto per i decisori pubblici.

Nel periodo considerato, le due Camere del Parlamento italiano hanno ripreso a pieno regime a svolgere l’attività di controllo sugli atti e le procedure europee e di partecipazione al dialogo politico, dopo una riduzione del ritmo dei lavori parlamentari conseguenti allo scoppio della pandemia e al lockdown (cfr. le segnalazioni nel n. 2/2020). Sono stati adottati numerosi pareri e atti di indirizzo sulla politica agricola comune, sullo svolgimento del semestre europeo, sulla politica industriale europea, sulle modifiche al Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile e sul piano pluriennale sulla gestione del tonno rosso. Non sono stati approvati, invece, pareri motivati sul principio di sussidiarietà. Le più importanti novità, però, si sono forse registrate in entrambi i rami del Parlamento nella costruzione di procedure per l’identificazione delle priorità nell’uso dello Strumento per la ripresa e la resilienza nel quadro di Next Generation EU.

A seguito dell’adozione delle conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 17-21 luglio 2020 e delle procedure informative di cui entrambe le Camere sono state oggetto da parte del Governo, ai sensi della legge n. 234 del 2012, prima e dopo lo svolgimento di tale Consiglio europeo, i due rami del Parlamento hanno costruito, in via sperimentale, nuove procedure per formulare indirizzi e controllare l’attuazione dello Strumento per la ripresa e la resilienza (ancora in fase di adozione a livello europeo al momento in cui si scrive (COM (2020) 408 fin.). Le procedure hanno coinvolto tutte le Commissioni permanenti e le Assemblee delle due Camere.

Dopo l’approvazione, il 29 luglio scorso, da parte di entrambe le Assemblee delle Risoluzioni sul Programma nazionale di riforma (PNR) (n. 6/00124 e n. 6/00126), che prospettavano, tra le altre cose, anche un coinvolgimento parlamentare sulla predisposizione dei Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) ora collegati al Semestre europeo, ciascun ramo del Parlamento ha messo in piedi una nuova procedura per definire le priorità nazionali nell’attuazione del nuovo SRR.

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