Raccordi parlamentari Italia-UE

Rubriche

1. Il 24 gennaio 2018 la Corte Costituzionale ha approvato il nuovo Regolamento per i ricorsi in materia di impiego del proprio personale, entrato in vigore il successivo 8 febbraio.[1] Il testo sostituisce il precedente Regolamento del 1999[2] ed è volto a disciplinare le contestazioni dei provvedimenti riguardanti il personale della Corte in attività di servizio e in quiescenza. Le modifiche apportate alla struttura di tutela giurisdizionale interna sono strettamente collegate agli sviluppi della giurisprudenza della stessa Corte in tema di autodichia degli organi costituzionali, nell’ambito del quale è opportuno contestualizzare l’analisi del nuovo Regolamento.

Lo scorso 21 dicembre 2017, ad una settimana dallo scioglimento delle due Camere, è stata presentata, presso la Presidenza della Camera dei deputati, una (simbolica) proposta di modificazione al regolamento (Doc. II, n. 23) a iniziativa dell’on. Luigi di Maio, concernente l’istituzione di un “Comitato per il controllo parlamentare”.
Come viene chiarito nella relazione di accompagnamento, la proposta nasce dal lavoro svolto dal Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione della Camera durante la XVII legislatura al fine di identificare «nuove modalità per rafforzare gli strumenti e le procedure» di verifica e controllo parlamentare. Coerentemente con questa prospettiva, il progetto in commento si fa carico di delineare i tratti fondamentali di «un organismo politico che dia impulso all'attività di controllo», da istituirsi in «necessario raccordo con il sistema delle Commissioni permanenti», al fine di impostare «un corretto rapporto con le responsabilità ed i poteri del Governo».

1. Il 15 dicembre 2017, la Presidenza del Consiglio ha emanato una direttiva interna che adotta le Linee guida per l’individuazione di indirizzi e obiettivi strategici e operativi per l’anno 2018, a sua volta propedeutica all’emanazione delle Direttive generali per l’azione amministrativa e la gestione delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le linee guida sono emanate ogni anno entro il 31 dicembre1, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 400 del 1988 e di un poderoso corpus normativo in materia di organizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri2 . Quelle del 2017, dedicate all’azione amministrativa per l’anno in corso, sono state sottoscritte dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, titolare della delega per l’attuazione del programma di Governo.

Nel primo numero di quest’anno abbiamo raccontato i contenuti principali della nuova disciplina dell’AIR e della VIR introdotti dal DPCM 15 settembre 2017, n. 169 cui ha fatto seguito, il 16 febbraio 2018, l’approvazione di una Guida contenuta in una Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Si tratta di un testo di più di 100 pagine di cui riportiamo gli argomenti trattati, mentre riproduciamo integralmente le cheklist dell’AIR e della VIR che danno un’idea di quello che si dovrebbe fare prima e dopo l’approvazione di nuove normative di una certa importanza.


NUOVO MODELLO DI RELAZIONE AIR
Primo: individuazione delle criticità del contesto attuale che si vuole risolvere.
Secondo: individuazione degli obiettivi che l’Amministrazione intende raggiungere: obiettivi generali (per esempio, la riduzione dell’inquinamento) e obiettivi specifici, strumentali rispetto al raggiungimento di quelli generali.
Terzo: confronto di una serie di alternative di intervento. Individuate le opzioni, va svolta una valutazione preliminare al fine di escludere meno vantaggiose o inattuabili.
Quarto: comparazione delle opzioni e motivazione dell’opzione preferita. L’individuazione dell’opzione preferita non è il frutto di un solo criterio di scelta.
Quinto: modalità di attuazione e monitoraggio.


NUOVO MODELLO DI RELAZIONE VIR
Primo: sintetica illustrazione del provvedimento (o dei provvedimenti) sottoposti a valutazione.
Secondo: situazione attuale e cioè descrizione del grado di attuazione della normativa in esame e verifica di conformità alla normativa.
Terzo: logica dell’intervento, da confrontare con quella che concretamente è andata configurandosi nell’attuazione dell’intervento.
Quarto: criteri e domande di valutazione: a) efficacia: in che misura gli obiettivi sono stati raggiunti; b) efficienza: quali costi e benefici ha prodotto la regolamentazione; c) valutazione della perdurante utilità dell’intervento; d) valutazione della coerenza tra gli atti normativi utilizzati.
Quinto: valutazione
Sesto: considerazioni conclusive.


Un’utile sintesi della direttiva è stata fatta dall’Ufficio valutazione impatto del Senato, Esperienze n. 33, del giugno 2018, che riporta anche alcuni dati sulla qualità della normazione nel 2017. Le relazioni AIR sono state 113, contro le 101 del 2016, in larga maggioranza su decreti legislativi (70), 5 su decreti legge, 25 su disegni di legge, 12 su Decreti del presidente della Repubblica e 1 su un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. I Ministeri della giustizia, dell’economia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno fatto più relazioni degli altri: 15 ciascuna.
Le relazioni VIR sono state molte meno, solo 23, ma in aumento rispetto al passato in cui sono state redatte solo 20 relazioni nel triennio 2013-2015.
Come sempre, le relazioni relative all’ATN sono state più numerose: 140, più 5 predisposte dalla stessa Presidenza del Consiglio.
La lettura delle cheklist, ciascuna di sette pagine, evidenzia come:
- si tratti di adempimenti complessi, anche perché richiedono la quantificazione degli oneri amministrativi i cui criteri sono contenuti nel DPCM 25 gennaio 2013 recante i criteri per l’effettuazione della stima dei costi amministrativi;
- non si tratta di una complessità di carattere giuridico e quindi pare senz’altro inopportuno affidare le valutazioni dell’AIR e della VIR agli Uffici legislativi dei ministeri.

Questa complessità spiega perché, alcune regioni, hanno adottato AIR semplificate e perché i numeri siano, dopo molti anni, ancora bassi, in particolare quelli della VIR, la più lontana dal richiedere competenze di carattere giuridico. Le quali sono invece richieste per l’ATN (Analisi tecnico normativa) che infatti ha numeri molto più alti, perché gli Uffici legislativi dei Ministeri hanno le professionalità richieste per la sua redazione.

Si vedano le checklist per la redazione dell’AIR e della VIR.

1. Il 4 giugno scorso si è tenuto a Roma un incontro, organizzato dal Senato, dal titolo “L’Italia e le sue leggi”, in occasione del completamento della banca dati della Gazzetta Ufficiale con la normativa dal 1861, realizzato dal Poligrafico dello Stato, cui hanno partecipato Filippo Patroni Griffi, Guido Melis, Alfonso Celotto, Luigi Carbone e Sabino Cassese.
Molte le considerazioni interessanti: una, in particolare, di Sabino Cassese, secondo il quale non servono più i testi unici perché molte materie non sono disciplinate solo dalla normativa statale, ma anche dalla normativa comunitaria e regionale. Ma la soluzione, mi sembra, non è quella di non fare i testi unici della normativa statale, ma di accompagnarli con quelli della normativa comunitaria e regionale. Tutti gli interventi si possono ascoltare su questo sito: https://radioradicale.it/scheda/543278/litalia- e-le-sue-leggi.

2. Sul versante statale non ci sono novità e allora sono andato a vedere come è vissuta la qualità della normazione nelle regioni e, a questi fini, ho preso i rapporti sulla legislazione del 2017 dell’Emilia Romagna, della Lombardia e della Toscana: gli unici relativi al 2017.
Buone notizie per quanto riguarda il drafting. In Toscana tutti i progetti di legge vengono accompagnati da osservazioni fatte dagli uffici del Consiglio regionale e le osservazioni sono accolte nel 92% dei casi. Le osservazioni riguardano il rispetto delle Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi che tutte le regioni si sono date (dicembre 2007). Però, dopo più di dieci anni, sarebbe opportuna la rivisitazione di tali regole tenendo conto dell’esperienza acquisita e delle diverse regole seguite in sede parlamentare.
In Lombardia il rispetto di tali regole avviene d’ufficio. Di più, il Regolamento sul funzionamento del Consiglio regionale prevede che i successivi interventi normativi su materia o settore disciplinato da leggi di riordino o da un testo unico devono essere attuati esclusivamente attraverso la modifica, l’integrazione o l’abrogazione delle disposizioni della legge di riordino o del testo unico, pena la irricevibilità del progetto di legge (art. 81, 2 bis).
Sempre in Lombardia, una legge regionale (L.R. 7/2006, art. 24) stabilisce che le disposizioni dei testi unici non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate se non espressamente mediante la indicazione delle norme da abrogare, derogare, sospendere o comunque modificare. Come è noto, senza una tale previsione i testi unici dopo qualche anno perdono la loro caratteristica di raccogliere in un unico testo tutta la normativa in una certa materia, ma non è pacifica la sua vincolatività in quanto contenuta in una legge ordinaria che potrebbe essere considerata abrogata tacitamente da una legge successiva che non la rispetti. Di AIR (analisi di impatto della regolamentazione) parla solo il rapporto dell’Emilia R. che riferisce di un AIR semplificata rispetto a quella statale, di cui però non ci dà il testo.
Nessuna regione riesce a fare la valutazione degli effetti prodotti dalla legge, mentre tutte valutano la sua attuazione utilizzando le clausole valutative. La Toscana lamenta il fatto che troppe clausole valutative rimangono senza risposta. In Lombardia su 97 relazioni della Giunta previste ne sono pervenute 54 (56%) e l’apposito Comitato previsto dallo statuto lombardo ne ha esaminate solo 25 (46%), formulando osservazioni e proposte alle Commissioni consiliari e agli assessori. Segno evidente che i Consigli regionali stentano ad esercitare il controllo dell’esecutivo, controllo invece necessario considerando la forma di governo regionale che vede un presidente eletto direttamente, solo formalmente sfiduciabile data la regola del simul…simul. Ed è proprio il coinvolgimento del Consiglio regionale nella sfiducia al Presidente che scoraggia i consiglieri regionali dall’attivare controlli che non possono, di fatto, sfociare nella sfiducia al Presidente.
In Emilia R., però, tutte le relazioni di ritorno alle clausole valutative sono state discusse con la Commissione competente per materia.
Sempre in Lombardia, è stata attivata una banca dati contenente informazioni e documenti relativi all’iter di approvazione e alle attività di ricerca, studio e valutazione delle politiche regionali: openleggilombardia è il nome del sito.

L'AIR e la VIR statali hanno fatto un passo avanti con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 settembre 2017, n. 169, registrato dalla Corte dei conti dopo più di due mesi (22 novembre 2017) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 novembre, n. 280. Il nuovo regolamento non è un punto di arrivo perché, notoriamente, la regola costituisce il presupposto necessario ma non sufficiente per risolvere un problema.

Introduzione

1. Con riguardo al periodo esaminato (1° luglio-30 ottobre 2018) merita di essere in particolare segnalata la mancata validazione, da parte dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), delle previsioni programmatiche per il 2019, pubblicate nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF) 2018.
Come è noto, l’UPB è l’organismo nazionale indipendente, istituito ai sensi dell’art. 16 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 e con sede presso le Camere, per l’analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica e per la valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio. In particolare, ai sensi del regolamento UE n. 473/2013, spetta all’UPB valutare le previsioni macroeconomiche su cui si basa il Programma di stabilità. Un organo nazionale, dunque, ma indipendente (così si è voluto in sede europea), delle cui valutazioni, in quanto strumento parlamentare di raccordo tra l’Italia e l’Unione europea, merita pienamente di darsi conto in questa Rubrica.
Nel caso specifico, la rilevanza della valutazione compiuta dall’UPB consiste nel fatto che si tratta della prima volta che l’UPB non valida le previsioni programmatiche a partire dal 2014, anno in cui l’organismo ha iniziato ad operare (v. la scheda infra).

2. Meritano di essere inoltre segnalate in questo numero della Rubrica: la mozione della Camera con cui si è impegnato il Governo ad assumere una posizione “cauta” in relazione all’attivazione nei confronti dell’Ungheria della procedura ex art. 7, paragrafo 1, TUE a tutela dei valori fondanti dell’Unione europea ex art. 2 TUE; l’avvio da parte delle Commissioni riunite V e XIV della Camera dell’esame della proposta di regolamento sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri; nonché le risoluzioni delle Camere con le quali la Camera ed il Senato hanno approvato le comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 18 ottobre 2018 (v. le schede infra).

 

UPB, Lettera di non validazione del quadro macroeconomico programmatico 2019, 13 ottobre 2018UPB, Lettera di non validazione del quadro macroeconomico programmatico 2019, 13 ottobre 2018

Motivi della segnalazione

Con lettera del 13 ottobre 2018, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha informato il Ministro dell’Economia e delle Finanze di non aver validato le previsioni programmatiche per il 2019 contenute nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF) 2018.
Una NADEF peraltro alquanto peculiare, quella del 2018, costituendo quest’ultima il primo documento di programmazione economica del nuovo Governo Conte, nato il 1° giugno 2018 a seguito delle elezioni politiche del 4 marzo. Una NADEF che dunque, come è stato notato, ha in pratica funto da DEF del Governo Conte, avendo essa costituito «il primo documento economico-finanziario ufficiale nel quale sono riportati i principali provvedimenti del programma di governo» (così L. BARTOLUCCI, Osservazioni sparse sulla Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2018, in www.forumcostituzionale.it, 16 ottobre 2018).
Gli elementi ostativi alla validazione delle previsioni programmatiche sono stati individuati dall’UPB, da un lato, nel fatto che nelle stime della NADEF la dinamica delle più rilevanti variabili dell’attività economica e dei prezzi appaia complessivamente poco prudente, se raffrontata con le stime dell’UPB; dall’altro, nel fatto la fase congiunturale dell’economia italiana si è progressivamente indebolita nella prima metà del 2018 e nelle stime dell’UPB la crescita dell’attività economica sia destinata a restare molto contenuta anche nel breve termine. A tutto ciò, l’UPB aggiunge la possibile moderazione degli effetti espansivi della manovra sulla crescita, a causa della reazione degli investitori finanziari sul piano dell’acquisto sul mercato dei titoli di Stato italiani, verificatasi a seguito dell’annuncio degli obiettivi di finanza pubblica a fine settembre.

XVII leg., A.C., res. sten., seduta n. 51, 27 settembre 2018

Motivi della segnalazione

Il 27 settembre 2018 la Camera dei deputati ha approvato la mozione 1-00044 Molinari e D’Uva, con la quale si è impegnato il Governo ad assumere una posizione “cauta” circa l’eventuale attivazione nei confronti dell’Ungheria della procedura di cui all’art. 7, paragrafo 1, TUE a tutela dei valori fondanti dell’Unione europea di cui all’art. 2 TUE.
Come è noto, nella seduta plenaria del 12 settembre 2018, il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione su una proposta recante l’invito al Consiglio a constatare l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave dei valori fondanti dell’Unione europea di cui all’art. 2 TUE (tra cui il principio dello Stato di diritto) con riguardo al caso ungherese.
Nella medesima seduta la Camera dei deputati ha peraltro respinto in particolare due mozioni di segno opposto. L’una volta a sostenere in seno al Consiglio il voto espresso dal Parlamento europeo, nel senso quindi di attivare la procedura ex art. 7, paragrafo 1, TUE nei confronti dell’Ungheria (cfr. mozione 1-00036 Delrio ed altri); l’altra, volta a far assumere al Governo una netta posizione a favore del governo ungherese (cfr. mozione 1-00040 Lollobrigida ed altri).
La mozione approvata dalla Camera pare delineare invece una via più “cauta”. Essa impegna infatti il Governo ad attivarsi affinché il Consiglio «accerti che i motivi che si ritiene siano all’origine della procedura di cui all’articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea nei confronti dell’Ungheria non siano venuti meno e, nel caso non fossero più validi, affinché sia chiusa celermente la procedura stessa, in quanto infondata».

XVII leg., A.C., res. somm., V e XIV Commissioni riunite, 26 settembre 2018

Motivi della segnalazione

La V Commissione bilancio e la XIV Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera hanno iniziato l’esame della Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri COM (2018) 324. Con tale proposta, la Commissione europea intende predisporre una procedura (art. 5) e delle misure (art. 4) da adottare nei confronti di uno Stato membro qualora una «carenza generalizzata» (cioè una prassi o un’omissione diffusa e ricorrente, oppure una misura adottata dalle autorità pubbliche) riguardante lo «Stato di diritto» (cioè il valore dell’Unione sancito dall’art. 2 TUE) comprometta o rischi di compromettere i principi di una sana gestione finanziaria o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione (artt. 2 e 3). Tra le misure vi è in particolare la sospensione dei pagamenti allo Stato membro in sede di esecuzione del bilancio dell’Unione. L’idea di fondo della proposta, come si legge nella relazione illustrativa, è che la «fiducia che la spesa dell’UE sia sufficientemente tutelata» si può avere solo con la presenza effettiva dello Stato di diritto.
Come si diceva, l’esame da parte delle Commissioni riunite della Camera è appena iniziato. Si darà conto del suo esito nei prossimi di questa Rubrica, data la rilevanza (all’interno dell’attualissimo dibattito sul miglior modo di dare protezione al principio dello Stato di diritto ed ai valori ex art. 2 TUE) del meccanismo procedurale proposto dalla Commissione, sul quale peraltro si sono già appuntati in sede europea i rilievi della Corte dei conti, specie sulla indeterminatezza dei presupposti (cfr. Corte dei conti, parere n. 1/2018, 12 luglio 2018).
È però opportuno rilevare sin d’ora come il relatore per la XIV Commissione abbia fatto proprie le perplessità espresse nella relazione trasmessa il 29 maggio 2018 dal Governo (Gentiloni) ai sensi dell’art. 6 della legge n. 234/2012. La proposta, si legge nella relazione, restringerebbe il campo d’azione alla sola tutela degli interessi finanziari dell’Unione, lasciando impregiudicata la possibilità di sanzionare eventuali gravi scostamenti dagli altri principi fondamentali di cui all’articolo 2 del TUE (rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dei diritti umani, compresi i diritti delle minoranze) e soprattutto dagli obblighi di leale collaborazione e solidarietà tra Stati membri (in particolare in tema di migrazione). In definitiva, secondo la relazione, il rischio è che siano presi in considerazione fattori che non segnalano scostamenti importanti dai principi dello Stato di diritto, ma inefficienze di ordine amministrativo-gestionale, rispetto alle quali la sanzione del congelamento dei finanziamenti europei potrebbe risultare sproporzionata.

 

XVII leg., A.C., res. sten., seduta n. 64, 16 ottobre 2018

XVII leg., A.S., res. sten., 47ª seduta, 16 ottobre 2018

Motivi della segnalazione

Il 16 ottobre 2018 Camera e Senato hanno approvato le risoluzioni (rispettivamente, 6-00025 Molinari e D’Uva; 6-00018 Lorefice ed altri) sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 18 ottobre 2018, al cui ordine del giorno figuravano, in particolare, temi quali la migrazione, lo stato dell’Unione economica e monetaria nonché quello delle trattative sulla Brexit.
Con riguardo alle principali questioni all’ordine del giorno, Camera e Senato hanno impegnato il Governo: (i) a trovare un consenso ampio per riformare il c.d. regolamento di Dublino, come peraltro convenuto nelle conclusioni del Consiglio europeo del giugno 2018 (sul punto cfr. Camera e Senato approvano le risoluzioni sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018 in questa Rubrica, n. 2/2018), con la creazione di centri di protezione e identificazione europei nei Paesi di origine e transito; (ii) a garantire, nell’accordo sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, una adeguata protezione degli interessi e la piena reciprocità dei diritti dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea a tutela anche dell’ampia comunità italiana residente nel Regno Unito, nonché a trovare soluzioni condivise per evitare un “confine rigido” tra Irlanda e Irlanda del Nord e per definire un quadro delle relazioni future Unione europea-Regno Unito ampio e ambizioso, senza compromettere il funzionamento del Mercato interno; (iii) ad approfondire il completamento dell’Unione bancaria, includendo anche la realizzazione di uno schema di garanzia dei depositi nonché una più adeguata e tempestiva azione di contrasto degli attacchi speculativi.

 

Osservatorio sulle fonti

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