Raccordi parlamentari Italia-UE

Rubriche

XVII leg., Doc. XVIII, n. 102, 7 febbraio 2018
XVII leg., Doc. XVIII, n. 103, 7 febbraio 2018
XVII leg., Doc. XVIII, n. 104, 7 febbraio 2018
XVII leg., Doc. XVIII, n. 105, 7 febbraio 2018
XVII leg., Doc. XVIII, n. 106, 7 febbraio 2018

Motivi della segnalazione

Il 7 febbraio 2018, sul finire della XVII legislatura, le Commissioni riunite V e XIV della Camera hanno espresso cinque pareri sul pacchetto di proposte legislative e di comunicazioni presentate dalla Commissione europea il 6 dicembre 2017 su vari profili riguardanti il completamento ed il rafforzamento dell’Unione economica e monetaria (UEM).
Le valutazioni delle Commissioni riunite sulle proposte sono favorevoli tranne che nel caso della proposta di direttiva per l’incorporazione delle disposizioni del c.d. Fiscal compact nell’ordinamento dell’Unione europea, sulla quale le Commissioni riunite hanno espresso valutazione contraria (cfr. XVII leg., Doc. XVIII, n. 105, 7 febbraio 2018).
Come è noto, il c.d. Fiscal compact è un trattato internazionale (il Trattato sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell’Unione economica e monetaria) sottoscritto nel 2012 da 25 dei 27 Stati membri dell’Unione europea, estraneo dunque alla cornice giuridica di quest’ultima. L’art. 16 del Trattato dispone che, al più tardi entro cinque anni dalla data della sua entrata in vigore, le parti adottino le misure per incorporarne il contenuto nell’ordinamento dell’Unione europea.
Dallo stringato testo del parere delle Commissioni riunite non emergono le motivazioni che hanno condotto queste ultime ad una valutazione negativa. Motivazioni che possono però ben ricostruirsi dalla lettura delle mozioni n. 1/01627 (Rosato ed altri) e n. 1/01602 (Melilla ed altri), approvate dalla Camera il 10 maggio 2017.
In particolare la Camera riconduce alla riforma della governance del 2012 «la responsabilità di aver impresso un carattere prociclico alle politiche di bilancio dei Paesi europei a causa di manovre correttive imposte durante le fasi negative del ciclo, con effetti depressivi su investimenti e crescita». Sulla base di tale presupposto, l’indirizzo dato dalla Camera al Governo in tale sede è stato dunque quello di opporsi all’incorporazione del c.d. Fiscal compact nell’ordinamento dell’Unione europea; e di promuovere piuttosto «una riforma complessiva della governance economica europea che nel breve periodo avvenga a trattati vigenti, al fine di favorire la tempestiva approvazione degli auspicati cambiamenti […] in senso più orientato allo sviluppo e volto a ridurre le correzioni fiscali richieste per i prossimi anni, liberando spazi di bilancio da impiegare in direzione anticiclica, e nel lungo periodo preveda, in un’ottica più ampia di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri, le opportune modifiche ai Trattati sull’Unione europea e sul funzionamento dell’Unione europea».

XVII leg., Doc. XVIII, n. 232, 24 gennaio 2018

Motivi della segnalazione

Il 24 gennaio 2018, sul finire della XVII legislatura, la 5ª Commissione del Senato ha espresso un parere sul pacchetto di proposte legislative e di comunicazioni presentate dalla Commissione europea il 6 dicembre 2017 su vari profili riguardanti il completamento ed il rafforzamento dell’Unione economica e monetaria (UEM).
Il parere è stato favorevole ma la Commissione ha formulato alcune osservazioni riguardanti in particolare la proposta di incorporare le disposizioni del c.d. Fiscal compact nell’ordinamento dell’Unione europea, non differenziandosi dunque dal punto di vista sostanziale la posizione del Senato da quella della Camera, di cui si è già dato conto (v. retro la scheda La Camera esprime parere contrario sull’incorporazione delle disposizioni del c.d. Fiscal compact nell’ordinamento dell’Unione europea).
Dopo aver accolto positivamente «in linea di principio» la proposta di integrare nel diritto dell’Unione europea accordi e meccanismi istituiti al di fuori di quest’ultimo, la 5ª Commissione del Senato fa infatti una distinzione. Se da un lato la proposta di trasformare il Trattato MES nel Fondo monetario europeo sembra consentire una semplificazione e una razionalizzazione della normativa in materia ed aumentarne l’efficienza operativa, dall’altro, a parere della 5ª Commissione, «appare meno giustificata e utile la proposta di trasposizione di alcuni contenuti del Fiscal compact nel diritto dell’Unione europea».
In primo luogo, spiega la 5ª Commissione, gran parte delle norme e delle regole di cui al c.d. Fiscal compact è stata infatti già inserita nel diritto dell’Unione europea attraverso il c.d. six pack ed il c.d. two pack, rischiandosi ora confusione e duplicazioni.
In secondo luogo, proprio come auspicato dalle Commissioni riunite della Camera, la 5ª Commissione del Senato sottolinea come la strada alternativa da seguire sia piuttosto quella di una revisione delle regole esistenti in tema di disciplina del bilancio al fine di renderle più efficienti, semplici e trasparenti, introducendosi in particolare nelle nuove regole una “clausola degli investimenti” che consenta agli Stati, a date condizioni, una temporanea deviazione dagli obiettivi del Patto di stabilità e crescita per dare spazio, appunto, ad investimenti.

XVII leg., A.C. res. sten. n. 20, seduta del 27 giugno 2018
XVII leg., A.S., res. sten. 15ª, seduta del 27 giugno 2018

Motivi della segnalazione

Camera e Senato hanno approvato risoluzioni sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018, politicamente cruciale in quanto destinato a discutere il tema della migrazione e dell’efficace controllo delle frontiere esterne dell’Unione europee. Si tratta di un appuntamento assai rilevante in particolare per l’Italia che, al prevertice europeo del 24 giugno, ha presentato una proposta articolata in dieci punti. Tale proposta ha come obiettivi principali la costruzione di una European multilevel strategy for migration ed il superamento del principio, stabilito nel c.d. regolamento di Dublino, che attribuisce la responsabilità di esaminare le richieste d’asilo in capo al “Paese del primo arrivo” (meccanismo di fatto svantaggioso per Paesi quali l’Italia il cui territorio vede l’approdo di gran parte dei flussi migratori provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo).
In particolare, con l’approvazione da parte della Camera della risoluzione D’Uva e Molinari (6-00006) e da parte del Senato della risoluzione Romeo e Patuanelli (6-00008), le Camere hanno impegnato il Governo ad adoperarsi in sede europea per l’adozione di una politica europea dell’immigrazione ed una modifica del c.d. regolamento di Dublino che includa il superamento del c.d. principio dello Stato del primo ingresso.

Art. 21, commi 1, 4 e 5, r.S.

Motivi della segnalazione

La precedente disciplina contenuta nel Regolamento del Senato riguardante la formazione delle Commissioni permanenti, disponeva che ciascun gruppo designasse i propri rappresentati nelle singole Commissioni permanenti in ragione di uno ogni tredici (art. 21, comma 1, r.S.). Come è noto, le Commissioni permanenti sono quattordici: i Senatori designati a far parte della 14ª Commissione Politiche dell'Unione europea, dunque, erano in ogni caso componenti anche di altra Commissione permanente (art. 21, comma 4-bis, r.S.). Solo il Senatore eletto Presidente della 14ª Commissione era, per la durata della carica, sostituito dal suo Gruppo nella Commissione con altro Senatore (art. 21, comma 4, r.S.).
La riforma organica del Senato ha innovato sotto questo punto di vista, introducendosi l'"esclusività" dell'appartenenza dei senatori alla 14ª Commissione Politiche dell'Unione europea, come fino ad oggi avveniva per le altre Commissioni permanenti nonché alla Camera.
A tal fine è stato modificato l'art. 21, comma 1, r.S., sostituendosi la parola "tredici" con la parola "quattordici" e sopprimendosi l'inciso "fatto salvo quanto previsto al comma 4-bis". Sono stati inoltre soppressi il riferimento al senatore "eletto Presidente della 14ª Commissione" nell'art. 21, comma 4, r.S.; l'art. 21, comma 4-bis, r.S.; nonché il riferimento al comma 4-bis nell'art. 21, comma 5, r.S. È stato infine conseguentemente soppresso il riferimento nell'art. 144-bis, comma 2, r.S. alla necessità che il relatore del disegno di legge (oggi) europea e di delegazione europea sia scelto "di norma tra i Senatori appartenenti anche alla 14ª Commissione permanente".
Quella dell'"esclusività" dell'appartenenza dei senatori alla 14ª Commissione costituisce un'innovazione sicuramente da condividere, assai probabilmente motivata dall'accresciuta importanza di quest'ultima (parlano della 14ª Commissione, come emergente dalla riforma organica del Regolamento del Senato, quale "centro nevralgico di coordinamento del Senato con l'attività legislativa dell'Unione europea" A. CARBONI-M. MAGALOTTI, Prime osservazioni sulla riforma organica del Regolamento del Senato, in Federalismi.it, 2018, n. 1, p. 32) e dal crescente impegno richiesto in capo ai suoi componenti, tali da rendere non più sostenibile la contemporanea appartenenza dei Senatori a questa e ad un'altra Commissione permanente.

Art. 23, comma 2, r.S.Art. 23, comma 2, r.S.

Motivi della segnalazione

Il nuovo Regolamento del Senato estende la competenza referente della 14ª Commissione anche ai disegni di legge recanti disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea. Si tratta in pratica di un'estensione della competenza referente della 14ª Commissione a quei disegni di legge di conversione di decreti-legge per l'attuazione del diritto dell'Unione europea.
Sebbene si tratti di provvedimenti oggi meno frequenti alla luce del consolidamento degli strumenti della legge europea e di delegazione europea, tale innovazione pare da accogliere con favore: ai sensi della precedente disciplina contenuta nel Regolamento del Senato, infatti, nonostante il loro contenuto sia analogo a quello dei disegni di legge europea e di delegazione europea (salvo che per i profili di necessità ed urgenza), essi erano assegnati alla Commissione Affari costituzionali, come notano A. CARBONI-M. MAGALOTTI, Prime osservazioni sulla riforma organica del Regolamento del Senato, in Federalismi.it, 2018, n. 1, p. 29 s.

Art. 144, commi 1-bis, 5-bis, 5-ter, r.S.Art. 144, commi 1-bis, 5-bis, 5-ter, r.S.

Motivi della segnalazione

La riforma organica del Regolamento del Senato ha disposto che i progetti di atti legislativi dell'Unione europea sono deferiti alle Commissioni, nelle materie di loro competenza ma (è questa la novità più significativa) attribuisce in capo alla 14ª Commissione la verifica sul rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità da parte degli stessi (art. 144, comma 1-bis, r.S.).
Si tratta, in pratica, dell'abbandono di quello che era il modello proprio del Senato nell'esame dei progetti legislativi dell'Unione europea, così come delineato dalla Circolare del Presidente del Senato del 1° dicembre 2009: un esame del rispetto del principio di sussidiarietà, cioè, svolto sia da parte della Commissione competente sia da parte della 14ª Commissione Politiche dell'Unione europea. E di un'assimilazione al "modello Camera", secondo il quale, ai sensi del parere della Giunta per il regolamento del 6 ottobre 2009, il rispetto del principio di sussidiarietà è rimesso alla sola XIV Commissione Politiche dell'Unione europea.
Inoltre, la Commissione competente, qualora abbia riscontrato la possibile violazione del principio di sussidiarietà, rimette tale aspetto all'esame della 14ª Commissione Politiche dell'Unione europea, la quale può chiedere che il parere sia inviato, per il tramite del Presidente del Senato, ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea (art. 144, comma 5-bis, r.S.). Qualora il parere approvato dalla 14ª Commissione riscontri la violazione del principio di sussidiarietà, il Governo o un quinto dei componenti la Commissione può chiedere che la questione sia esaminata dall'Assemblea.
Siffatta assimilazione della verifica del rispetto del principio di sussidiarietà al "modello Camera" è stata accolta con sfavore da alcuni Autori, sul presupposto che il "modello Senato" fino ad oggi vigente, da un lato, fosse "più coerent[e] con l'approccio fin qui prevalso in sede europea, che ha valorizzato la natura politica del controllo di sussidiarietà e la sua connessione con il c.d. "dialogo politico""; dall'altro, consentisse "l'adozione di un maggior numero di pareri motivati, anche grazie all'iniziativa di singole commissioni di merito", profilo quest'ultimo che tuttavia è stato forse visto dal Senato stesso proprio come il punto critico del sistema stesso, per il rischio di incoerenza tra le proprie posizioni e quelle della Camera e, soprattutto, del Governo (cfr. N. LUPO, La riforma del (solo) regolamento del Senato alla fine della XVII legislatura, in Forum di Quaderni costituzionali, 2018, n. 1, p. 3). In questa Rubrica dell'Osservatorio, non si è mancato peraltro di segnalare i numerosi pareri motivati resi dalle commissioni di merito del Senato (cfr., ad esempio, nel n. 2/2017, la scheda La 10ª Commissione del Senato esprime un parere contrario, specie sub specie del principio di proporzionalità, su una proposta di direttiva di modifica della c.d. direttiva servizi; oppure, nel n. 1/2017 la scheda La 9ª Commissione Agricoltura e produzione agroalimentare del Senato esprime parere motivato contrario su una proposta di regolamento in materia di bevande spiritose) che testimoniavano l'attivismo del Senato (derivante dalle potenzialità del proprio "modello") che ci si augura non vada disperso con l'adozione del "modello Camera" nel nuovo Regolamento.

Art. 144, comma 6-bis, r.S.

Motivi della segnalazione

Il nuovo art. 144, comma 6-bis, r.S. dispone che per la validità delle deliberazioni di cui allo stesso art. 144 r.S. relative ai progetti di atti legislativi dell'Unione europea è richiesta la maggioranza dei componenti di ciascuna Commissione. Si tratta di una previsione che assimila le deliberazioni di cui all'art. 144 r.S. alle categorie di cui all'art. 30, comma 1, r.S. per le quali tale presenza è già richiesta, sintomo forse del riconoscimento della rilevanza delle stesse e della centralità del ruolo assunto dalle Commissioni in tali procedure di collegamento con l'Unione europea.

Artt. 23, 144, 144-bis e 144-ter, r.S.Artt. 23, 144, 144-bis e 144-ter, r.S.

Motivi della segnalazione

La riforma organica del Regolamento del Senato introduce infine alcune modifiche formali al fine di:
- adeguare la dizione "comunitario" alla formula "dell'Unione europea", in conformità con le novità introdotte con il Trattato di Lisbona (come peraltro, si era tentato di fare a livello costituzionale attraverso la revisione del 2014-2016, con la modifica dell'art. 117, primo e quinto comma, Cost.). Si vedano in proposito l'art. 2, comma 1, lett. c) (che ha modificato in tal senso l'art. 23 r.S. sulle funzioni in generale della 14ª Commissione Politiche dell'Unione europea) e l'art. 4, comma 5 (che ha modificato l'art. 144-ter, r.S., sull'esame delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea) della delibera del 20 dicembre 2017;
- adeguare la formula "legge comunitaria" ai nuovi istituti della "legge europea" e della "legge di delegazione europea" (introdotti con la legge 24 dicembre 2012, n. 234), ovunque ricorra. Si vedano in proposito l'art. 2, comma 1, lett. c) (che ha modificato in tal senso l'art. 23 r.S. sulle funzioni in generale della 14ª Commissione Politiche dell'Unione europea), l'art. 2, comma 1, lett. o) (che ha modificato l'art. 144 r.s. sull'esame degli atti di interesse dell'Unione europea) e l'art. 4, comma 4 (che ha modificato l'art. 144-bis, r.S., sull'esame dei disegni di legge europea e di delegazione europea) della delibera del 20 dicembre 2017;
- adeguare la formula "relazione annuale" sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea all'innovazione delle "relazioni annuali", programmatica e consuntiva (già introdotte nell'impianto della legge n. 11 del 2005 con una modifica ai sensi della legge n. 96 del 2010 e poi confermate dalla legge n. 234 del 2012). Si veda in proposito l'art. 2, comma 1, lett. o) (che ha modificato l'art. 144 r.S. sull'esame degli atti di interesse dell'Unione europea) della delibera del 20 dicembre 2017.

Art. 144, commi 1, 1-ter, 2-bis, r.S.

Motivi della segnalazione

Tra gli atti esaminati dalle Commissioni competenti al fine di esprimere in una risoluzione il proprio avviso sull'opportunità di possibili iniziative da parte del Governo e Parlamento, vengono ora espressamente menzionati nell'art. 144, comma 1, r.S. anche "gli altri atti trasmessi dalle istituzioni dell'Unione europea". La precedente versione dell'art. 144, comma 1, r.S. si limitava ad includere tra gli atti all'esame delle Commissioni solo gli "atti preparatori della legislazione dell'Unione europea" (peraltro, ciò avveniva solo indirettamente attraverso un rinvio all'art. 29, comma 2-bis, r.S.). L'esame degli atti, trasmessi dalle istituzioni dell'Unione europea ai sensi dell'art. 6 della legge n. 234 del 2012, da parte delle Commissioni competenti si basava finora sulla prassi ed è quindi da accogliere con favore il fatto che tale profilo sia stato "codificato" nel Regolamento del Senato.
L'art. 144, comma 1, r.S., nella precedente versione, disponeva che dovessero essere richieste di esprimere il proprio parere su tali atti la 14ª Commissione Politiche dell'Unione europea nonché la 3ª Commissione Affari esteri. Con la riforma del Regolamento del Senato, l'obbligatorio parere della 3ª Commissione è espunto: scelta condivisibile, data la peculiare dimensione dell'Unione europea, non più riconducibile al metodo intergovernativo ed agli affari esteri propriamente intesi.
La riforma del Regolamento del Senato dispone infine, in relazione a tali atti, che il Presidente del Senato, su richiesta della 14ª Commissione, comunichi al Governo l'avvio dell'esame di questi ultimi ai fini dell'apposizione della riserva di esame parlamentare (art. 144, comma 1-ter, r.S.); e che il documento approvato dalla Commissione permanente sia trasmesso da parte del Presidente del Senato, oltre che al Presidente del Consiglio, anche ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea (art. 144, comma 2-bis, r.S.). Si tratta, anche qui, di due innovazioni condivisibili: nel primo caso, appare utile che il Governo sia informato del fatto che l'esame di un atto sia stato avviato dalla Commissione competente e che possa giungere dal Senato una richiesta di apporre la riserva di esame parlamentare; nel secondo caso, si tratta di una opportuna "codificazione" della disciplina del raccordo del Senato con le istituzioni europee riguardante i documenti approvati dalle Commissioni ed aventi ad oggetto atti dell'Unione europea, finora rimessa alla prassi (su quest'ultimo punto, cfr. A. CARBONI-M. MAGALOTTI, Prime osservazioni sulla riforma organica del Regolamento del Senato, in Federalismi.it, 2018, n. 1, p. 31).

Pubblicato il piano della CONSOB relativo alle attività di regolazione per l'anno 2017

 

Nel mese di giugno 2017, la Consob ha pubblicato, sul sito dell'Autorità stessa (come previsto dall'art. 2, co. 4, Regolamento di cui di seguito), il proprio “Piano delle attività per l'anno 2017”, che costituisce la prima attuazione del “Regolamento concernente i procedimenti per l’adozione di atti di regolazione generale” (adottato con delibera Consob 5 luglio 2016 n. 19654, in Gazz. Uff. 3 agosto 2016 n. 180). Il Regolamento cit. disciplina – ex art. 1, co. 1 – “l’adozione degli atti di regolazione generale da parte della Consob, intendendosi per tali i regolamenti e gli atti di contenuto generale aventi natura prescrittiva”: mio il corsivo.
Ai fini dell’efficace ed efficiente perseguimento delle proprie finalità, l'Autorità – ai sensi dell’art. 2 Regolamento – deve, infatti, definire, con cadenza annuale, un “documento di programmazione non vincolante” (così l'art. 2, cit.), contenente il piano delle attività che essa intende svolgere per l’adozione degli atti di regolazione generale, nonché per la revisione periodica degli stessi.

Ci si potrebbe, quindi, chiedere quale valore abbia il “Piano delle attività di regolazione” de quo.
La risposta sembrerebbe fornita dallo stesso art. 2 Regolamento (rubricato “Programmazione”), il quale dispone – al co. 3 – che l'“attività indicata nel documento di programmazione è integrata ovvero modificata nel corso dell’anno di riferimento qualora intervengano nuove esigenze di regolazione”, ma che, l'autorità “può in ogni caso procedere all’adozione di atti di regolazione generale non previsti dal documento di programmazione”: sempre mio il corsivo.
La natura di tale atto di programmazione (o “Piano delle attività di regolazione”) non sembra, quindi, in alcun modo rappresentare – per espressa previsione del Regolamento stesso – la natura di vero e proprio auto-limite, che è invece chiaramente svolta da norme quali, ad esempio, l'art. 5 Regolamento (“Consultazione”), il quale prevede che “[g]li atti di regolazione generale s[iano] adottati previo svolgimento di una consultazione in forma pubblica”, e la cui mancata osservanza parrebbe, quindi, astrattamente idonea a determinare l'illegittimità dell'atto di regolazione stesso.
Sul punto, cfr. (ancorché in relazione all'attività dell'AEEGSI) la nota di A. Colavecchio, Il “difetto di consultazione” determina l’illegittimità dell’atto di regolazione generale anche quando tale atto sia, nella “sostanza”, conforme al parametro legale (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza 6 settembre 2016, n. 1629), in questa rubrica, 1/2017.

 

La provvisoria regolamentazione, da parte della CGSSE, dell'esercizio del diritto di sciopero nel settore del “servizio taxi”

Nel mede si febbraio 2017, in diverse, importanti città italiane (tra le quali, in particolare Roma, Milano, Firenze, Torino), si sono verificati scioperi c.d. “ad oltranza” – cioè protratti per più giorni consecutivi – degli esercenti il “servizio taxi”, il quale rappresenta un tipico “servizio pubblico essenziale”.

È evidente, quindi, che tali astensioni collettive siano disciplinate dalla L. 12 giugno 1990, n. 146, e concretino una fattispecie di sciopero d'indubbia competenza della “Commissione di garanzia dell'attuazione della legge” (d'ora in poi, “Commissione di garanzia”, “Autorità” o, semplicemente, “CGSSE”), ivi istituita, ex art. 12.

Osservatorio sulle fonti

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