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Il 2020 ha rappresentato senza dubbio un anno di svolta per le Regioni, sia sotto l’aspetto delle competenze, che per quanto riguarda la produzione legislativa. Un anno che verrà senza dubbio ricordato come uno dei più critici nella storia moderna e contemporanea e che quindi non può certamente non far riflettere sull’evoluzione del ruolo degli enti locali nella forma di governo locale e nel delicato equilibrio tra garanzia dei diritti individuali e tutela dell’interesse collettivo.

In questo anno, infatti, le Regioni hanno rappresentato l’anello di filtro tra i vari livelli di governo, sia per quanto riguarda la gestione dei fondi da ripartire fra le Regioni (cosa che in qualche modo si ripeterà anche con l’imminente nuovo ciclo di programmazione europea e i fondi provenienti dal PNRR), sia per la complicata gestione dell’emergenza che ne ha in qualche modo contraddistinto l’iniziativa politica e legislativa nei vari settori.

La crisi pandemica sviluppatasi negli ultimi due anni ha contribuito in modo profondo a modificare la struttura economica e istituzionale della nostra società. Invero, seppur negli ultimi mesi la dottrina si sia interessata maggiormente ai rapporti istituzionali e al sistema delle fonti a partire dagli atti adottati dal Governo o dal Parlamento quali risposte economiche e sanitarie alle crisi in atto, il dibattito che ha trovato uno spazio minore è stato quello della legislazione della ripresa.  In questo quadro trova una centralità rilevante l’analisi delle modalità con le quali gli Stati, ed in particolar modo l’Italia, hanno affrontato l’individuazione delle priorità e delle progettualità che rappresentano le missioni di rilancio, sia in campo economico, che sociale. L’attività compiuta da numerosi organi costituzionali per addivenire all’elaborazione di una bozza di Piano per la Ripresa e Resilienza, non solamente rappresenta uno snodo cruciale per l’approfondimento dell’effettività di una uscita dalla crisi, ma si riflette in modo particolare sulla capacità espansiva delle competenze tra Stato e Regioni, tra centro e periferie.

Il 6 maggio 2021 è stata presentata alla Presidenza della Camera dei deputati una proposta di modificazione al Regolamento (doc. II, n. 19), volta all’adeguamento di (alcuni dei) quorum ivi espressi in termini assoluti. L’iniziativa si giustifica in ragione della riduzione del numero dei deputati, il cui numero è stato portato a 400 dalla l. cost. n. 1 del 2020, previsione che spiegherà i suoi effetti a partire dalla prossima Legislatura. Primo firmatario è il parlamentare di Forza Italia Simone Baldelli, e al suo nome, oltre al compagno di partito Roberto Occhiuto, si aggiungono esponenti di altre formazioni: Igor Iezzi (Lega) e Marco Di Maio (Italia viva).

  1. Introduzione

La proposta avanzata dal Partito democratico alla Camera (A.C., Doc. II, n. 22), a prima firma del deputato (e costituzionalista) Andrea Giorgis, è il più recente tra i testi presentati per la riforma dei regolamenti. Rispetto ai precedenti, offre una versione a spettro assai più ampio delle modifiche da apportare al regolamento della Camera dei deputati: non si limita infatti a un mero adeguamento quantitativo delle soglie numeriche previste per l’attivazione di istituti e procedure in ragione della prospettiva di riduzione del numero dei deputati, ma interviene anche su alcuni ambiti che, nel periodo più recente hanno mostrato limiti applicativi e problematiche di vario genere. Così facendo, le finalità della proposta paiono agire sia in funzione prospettica, rispetto alla nuova numerosità della Camera che troverà applicazione a partire dalla prossima legislatura, sia in coerenza con lo spirito dell’art. 16 del regolamento, che inquadra il ruolo della Giunta nel proporre quelle modifiche del regolamento “che la esperienza dimostri necessarie”.

I contenuti della proposta possono essere riassunti in una serie di ambiti tematici omogenei, che saranno di seguito affrontati separatamente.

  1. Introduzione

Il sen. Zanda ha presentato una proposta di modificazione del regolamento del Senato (Doc. II, n. 7)[1], richiamando nella relazione di accompagnamento le linee ispiratrici della riforma del 1971[2], di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario[3]. Come si può leggere sin dall’incipit della relazione illustrativa, la proposta mira a «contribuire ai lavori che la Giunta per il Regolamento del Senato ha già avviato per adeguare il Regolamento medesimo alle esigenze di un’Assemblea dimensioni consistentemente ridotte»[4]. Zanda non si è limitato a eseguire un mero adeguamento delle soglie numeriche e dei requisiti quantitativi previsti dall’attuale regolamento per allinearli al nuovo numero di componenti del plenum[5], ma ha proposto alcune innovazioni per migliorare il funzionamento del Senato[6].

Tra fine ottobre e inizio marzo 2021 le due Camere del Parlamento italiano hanno svolto una intensa attività di controllo su documenti di consultazione e proposte legislative europee, con l’approvazione di numerosi atti di indirizzo, risoluzioni (al Senato), e documenti finali (alla Camera). Sono stati interessati temi come: il sostegno all’occupazione giovanile; la tutela dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione a prodotti cancerogeni; le nuove iniziative in materia di Cielo unico europeo (in questi ultimi due casi è stata ravvisata dalla XIV Commissione del Senato una violazione del principio di proporzionalità); la definizione di processi decisionali più democratici in tema di politica fiscale europea; la Strategia europea per il sostegno all’agricoltura sostenibile; le misure di carattere finanziario di sostegno alla ripresa economica. In aggiunta a ciò, è stato avviato, ed è tuttora in corso, l’esame parlamentare della proposta di Piano nazionale per la ripresa e la resilienza.

Fascicolo n. 2/2024

A quarant’anni della sentenza La Pergola

Giappichelli

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Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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