Sentenza n. 132/2014 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 16/05/2014 – Pubblicazione in G. U. del 21/05/2014
Motivi della segnalazione
Il Tribunale ordinario di Trento ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 3-bis per la violazione dell'art. 76 Cost. – in quanto il legislatore delegato avrebbe contravvenuto al precetto della legge di delega contenuto nell'art. 1, comma 4, della legge 30 novembre 1998, n. 419 (Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), che avrebbe prescritto il divieto di recare oneri aggiuntivi per lo Stato e per le altre pubbliche amministrazioni – e dell'art. 81, ultimo comma, Cost. (recte: terzo comma), nel testo introdotto dall'art. 6 della legge cost. n. 1 del 2012, in quanto il legislatore delegato non avrebbe indicato i mezzi per fare fronte alle nuove e maggiori spese recate dalle disposizioni contenute nell'art. 3-bis.
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Cause C-167/12 C.D. c. S.T. e C-363/12 Z. c. A Government department and The Board of management of a community school[1]
La grande sezione della Corte di giustizia esclude la sussistenza di un diritto al congedo di maternità retribuito per le lavoratrici madri committenti
Il diritto dell’Unione europea non riconosce alla madre committente che ha avuto un figlio mediante un contratto di maternità surrogata alcun diritto di ottenere un congedo retribuito equivalente ad un congedo di maternità o ad un congedo di adozione. Questa è la conclusione che la Grande Sezione della Corte di giustizia ha raggiunto in due sentenze dell’8 marzo 2014, pronunciate nelle cause C-167/12 C.D. contro S.T. e C-363/12 Z. contro A Government department and The Board of management of a community school. In particolare, la Corte ha precisato, da un lato, che l’art. 8 della Direttiva 92/85/CEE (concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento)[2] non impone agli Stati membri di riconoscere un diritto al congedo di maternità alla madre committente, neanche laddove dopo la nascita del bambino la stessa effettivamente lo allatti o comunque possa allattarlo al seno. Dall’altro, la Corte ha escluso che si possa configurare una discriminazione in base al sesso, ovvero in base all’handicap, ai sensi, rispettivamente, delle direttive 2006/54/CE (sull’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego)[3] e 2000/78/CE (che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro)[4].
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Cause C-167/12 C.D. c. S.T. e C-363/12 Z. c. A Government department and The Board of management of a community school[1]
La grande sezione della Corte di giustizia esclude la sussistenza di un diritto al congedo di maternità retribuito per le lavoratrici madri committenti
Il diritto dell’Unione europea non riconosce alla madre committente che ha avuto un figlio mediante un contratto di maternità surrogata alcun diritto di ottenere un congedo retribuito equivalente ad un congedo di maternità o ad un congedo di adozione. Questa è la conclusione che la Grande Sezione della Corte di giustizia ha raggiunto in due sentenze dell’8 marzo 2014, pronunciate nelle cause C-167/12 C.D. contro S.T. e C-363/12 Z. contro A Government department and The Board of management of a community school. In particolare, la Corte ha precisato, da un lato, che l’art. 8 della Direttiva 92/85/CEE (concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento)[2] non impone agli Stati membri di riconoscere un diritto al congedo di maternità alla madre committente, neanche laddove dopo la nascita del bambino la stessa effettivamente lo allatti o comunque possa allattarlo al seno. Dall’altro, la Corte ha escluso che si possa configurare una discriminazione in base al sesso, ovvero in base all’handicap, ai sensi, rispettivamente, delle direttive 2006/54/CE (sull’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego)[3] e 2000/78/CE (che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro)[4].
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