Sent. n. 197/2023 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 30/10/2023; Pubblicazione in G. U. 02/11/2023 n. 44
Motivo della segnalazione
La decisione riguarda la legittimità costituzionale dell’art. 577, terzo comma del codice penale, introdotto nell’intento di reagire al crescente fenomeno della violenza domestica e di genere, che spesso culmina nel femminicidio (art.11, comma 1, lett. c) l. 69/2019).
La legge in parola, significativamente indicata come codice rosso, si inserisce in un contesto più ampio di legislazione volta al medesimo fine, contenuta nella legge di riforma del processo penale (l. n.134/2021) e nelle recenti l. 122/2023 e l.168/2023, tesa a contrastare un fenomeno che, tuttavia, pare non dar segni concreti di regresso tanto da spingere attenta e sensibile dottrina, anche costituzionalistica, ad attivarsi per mobilitare la discussione pubblica e scientifica sulle possibili ulteriori risposte normative (v. la rubrica Quali prospettive di intervento in tema di violenza di genere? in www.lecostituzionaliste.it).
Nella sostanza, la questione di fondo concerne, appunto, la volontà di fornire protezione a soggetti deboli (sull’evoluzione della nozione v. L. Azzena, Divieto di discriminazione e posizione dei soggetti «deboli». Spunti per una teoria della debolezza, in C. Calvieri (a cura di), Divieto di discriminazione e giurisprudenza costituzionale, Torino, 2006, 35 ss.) attraverso meccanismi perlopiù indirizzati all’inasprimento delle pene, anche incidendo sull’apporto valutativo del giudice soprattutto per l’irrigidimento che tale novella comporta -segnatamente- conseguente al divieto di operare un bilanciamento con talune delle altre circostanze di natura attenuante il reato.
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Sent. n. 203 del 2023 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale
Deposito del 10/11/2023 - Pubblicazione in G. U. 15/11/2023 n. 46
Motivo della segnalazione
La decisione in epigrafe è emessa nell’ambito di un giudizio in via principale sollevato dallo Stato nei confronti della Regione Puglia per sospetta incostituzionalità dell’art.96, comma 1, della L.R. 32/2022.
A giudizio della difesa statale, tale norma, contenuta appunto nella legge di stabilità regionale 2023, incidendo sui meccanismi di indizione delle nuove elezioni in caso di scioglimento del Consiglio regionale o dimissioni del Presidente della Giunta, e -segnatamente- introducendo la precondizione della presa d’atto da parte del Consiglio Regionale, si poneva in contrasto con gli artt.art.123 e 126, terzo comma, della Costituzione, ed, altresì, con lo stesso Statuto regionale (art.22, comma 4, della L.R. Puglia 7/2004).
La questione si riferisce, dunque, al rapporto trilaterale e gerarchico che si instaura tra Costituzione, Statuto e legge regionale, in questo caso, in relazione alla materia elettorale. Con una semplificazione, in quanto la norma regionale è supposta violare tanto la Costituzione quanto lo Statuto non sussistendo invece contrasti tra Statuto e Costituzione, dal momento che il primo non devia dal sistema “normale” individuato in Costituzione, ossia l’elezione diretta del Presidente della Regione.
Invero, l’art. 122, quinto comma, Cost. non obbliga le regioni a tale scelta, poiché attribuisce loro la potestà di disciplinare la materia anche in maniera diversa. Sul piano delle fonti, comunque, per divergere dalla via ordinariamente prevista in Costituzione non è sufficiente una legge regionale ordinaria ma è necessaria una modifica o, ab origine, una previsione di carattere statutario.
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Sent. n. 149/2023 - giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 18/07/2023 - Pubblicazione in G. U. del 19/07/2023
Motivo della segnalazione
Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria aveva sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 103, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, nella parte in cui prevede che la domanda per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o stranieri possa essere presentata solo da datori di lavoro stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, invece che da datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
Il giudice a quo espone di essere investito del ricorso proposto dal datore di lavoro per l’annullamento del provvedimento con cui la Prefettura di Genova – Sportello unico per l’immigrazione – aveva rigettato la domanda di emersione, presentata in suo favore ai sensi dell’art. 103, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, perché il richiedente non era titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo.
La norma censurata risulta alla Corte manifestamente irragionevole, in quanto stabilisce un requisito di accesso alla procedura di emersione degli stranieri dal lavoro irregolare eccessivamente restrittivo.
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