Rubriche

Sentenza n. 97/2019 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 18 aprile 2019 – pubblicazione in G.U. del 24/04/2019, n. 17

Motivo della segnalazione
Nella sentenza n. 97 del 2019 la Corte costituzionale ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale ordinario di Verona e aventi ad oggetto – in riferimento agli articoli 3 e 77, secondo comma, della Costituzione – l’articolo 84 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e in particolare: la lett. b) del comma 1, che ha inserito il comma 1-bis all’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali); la lett. i) del comma 1, nella parte in cui ha aggiunto il comma 4-bis, secondo periodo, all’articolo 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28; nonché, infine, il comma 2 del medesimo articolo 84.

Sentenza n. 108/2019 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 09/05/2019 – Pubblicazione in G. U. 15/05/2019

Motivo della segnalazione
La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni di una legge regionale che, autoqualificandosi come legge di interpretazione autentica, incide retroattivamente in peius sul meccanismo di attualizzazione dei vitalizi degli ex consiglieri regionali, affronta la questione della distinzione fra normative di interpretazione autentica (pacificamente retroattive) e normative innovative incidenti sul legittimo affidamento dei soggetti beneficiari di un'attribuzione patrimoniale. Nel caso di specie, essa ritiene che si tratti di una disciplina innovativa, la cui retroattività è ritenuta ragionevole in considerazione del sottostante bilanciamento operato dal legislatore.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 14 maggio 2019, M (Révocation du statut de réfugié), cause riunite C-391/16, C-77/17 e C-78/17, ECLI:EU:C:2019:403


Nella sentenza M, la Corte di giustizia individua la Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiato e il suo protocollo come parametri di interpretazione e di validità della normativa derivata dell’Unione in materia di asilo, attraverso il rinvio espresso operato dagli artt. 78 par. 1 TFUE e 18 della Carta. La Corte è quindi competente a valutare il rispetto del livello di protezione previsto dalla suddetta Convenzione da parte della normativa dell’Unione, in particolare nel caso di revoca, cessazione o rifiuto dello status di rifugiato. Infatti, benché la direttiva 2011/95/UE stabilisca un sistema normativo che contiene nozioni e criteri comuni agli Stati membri e, pertanto, specifici dell’Unione, essa è nondimeno fondata sulla Convenzione di Ginevra. Partendo da tale premessa, la Corte ha quindi sottolineato che la qualità di “rifugiato”, ai sensi della direttiva e della Convenzione, non dipende dal riconoscimento formale di questa qualità mediante la concessione dello “status di rifugiato”, il quale può essere oggetto di revoca o diniego. Rispetto ai soggetti che rispondono alle condizioni materiali di “rifugiato” ma a cui è stato revocato tale status, la Corte chiarisce che, da un lato, essi non possono essere oggetto di respingimento o espulsione, in quanto il diritto dell’Unione, in particolare gli articoli 4 e 19 par. 2 della Carta, fornisce una tutela maggiore rispetto alla Convenzione di Ginevra. Dall’altro lato, le persone private dello status di rifugiato devono poter continuare a godere di un certo numero di diritti previsti dalla Convenzione di Ginevra, in quanto essi non perdono la qualità di rifugiato ai sensi della detta Convenzione e non possono essere esclusi dalla protezione internazionale che l’art. 18 della Carta impone di garantirgli. Tale livello minimo di protezione prevede che gli Stati membri assicurino solo i diritti espressamente previsti dall’art. 14, par. 6, della direttiva 2011/95 nonché quelli, fra i diritti enunciati nella Convenzione di Ginevra, che sono garantiti a qualsiasi rifugiato che si trovi nel territorio di uno Stato contraente e il cui godimento non presupponga una residenza regolare.

Lo scorso 30 aprile – su iniziativa del deputato Maniero – è stata presentata una proposta di modifica del Regolamento della Camera finalizzata a disciplinare le procedure di dialogo (c.d. Banking Dialogue) con i due organi di vertice dell’Unione bancaria: la Banca centrale europea (BCE) ed il Single Resolution Board (SRB).
Attraverso i Regolamenti istitutivi della Banking Union (Reg. 1024/2013 e 806/2014), l’UE ha riconosciuto ai Parlamenti nazionali una serie di strumenti procedurali finalizzati a consentire un controllo sull’operato di queste autorità (si perdoni il rinvio a R. IBRIDO, L’Unione bancaria europea. Profili costituzionali, Torino, Giappichelli, 2017, spec. 221 ss.). In particolare, i Parlamenti nazionali, possono: (i) presentare osservazioni relative alle relazioni annuali dei due organi; (ii) chiedere la convocazione di scambi di opinione; (iii) formulare quesiti.

Il 7 marzo 2019 sono state presentate presso la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica due proposte di modificazione dei rispettivi regolamenti – incidenti sull’art. 22 r.C. e sull’art. 22 r.S. – tra loro perfettamente coincidenti nell’obiettivo: l’istituzione di una quindicesima Commissione permanente, con denominazione quasi identica, “Infrastrutture e innovazioni [plurale] digitali” alla Camera (Doc. II, n. 8, XVIII leg.) e “Infrastrutture e innovazione [singolare] digitali” al Senato (Doc. II, n. 3, XVIII leg.). Alla Camera, la proposta è sottoscritta da 142 deputati, provenienti principalmente dalle fila del M5S e dalla Lega-Salvini Premier, ma con il supporto anche di deputati del Gruppo di Forza-Berlusconi Presidente, del Gruppo Misto e del gruppo del PD. Al Senato, invece, la proposta di modificazione ha ricevuto 119 sottoscrizioni, quasi esclusivamente dal M5S e dalla Lega-Salvini Premier-Partito sardo d’azione, ad eccezione di un senatore del Gruppo Misto, sen. Saverio De Bonis, che fino a due mesi prima, però, era iscritto al Gruppo del M5S.

Il Presidente della Corte costituzionale, con proprio decreto del 10 giugno 2019, ha stabilito il divieto di utilizzo dei telefoni cellulari e apparati similari a fini di comunicazione e acquisizione di immagini, suoni e video nelle udienze pubbliche.
Nell’articolo unico del decreto, è previsto che «al fine di assicurare il regolare svolgimento delle udienze pubbliche» è disposto che «nel corso delle stesse è vietato l’utilizzo di telefoni cellulari o altri apparati analoghi, in qualsiasi forma, per l’acquisizione di immagini, suoni e video». Fa eccezione l’utilizzo di strumenti elettronici in udienza al solo scopo di scrivere appunti e consultare elaborati in formato elettronico. I commessi sono chiamati ad assicurare il rispetto del decreto presidenziale.

Il decreto presidenziale pare rientrare nell’ambito delle attribuzioni di polizia spettanti al Presidente della Corte costituzionale ai sensi degli artt. 1 e 2 del regolamento generale della Corte costituzionale. Si tratta di un decreto presidenziale, adottato ai sensi dell’articolo 18, comma secondo della legge n. 87 del 1953, che svolge una funzione integrativa del regolamento generale della Corte costituzionale.

Il 12 marzo 2019 è stata presentata presso la Camera dei Deputati una proposta di modificazione “organica” del regolamento sugli affari europei, in particolare sull’art. 25 e sul Capo XXVIII del regolamento: modifiche alle disposizioni relative alle procedure di collegamento con l’Unione europea (Doc. II, n. 9, XVIII leg.), a prima firma dell’on. Sergio Battelli (M5S), presidente della XIV Commissione Politiche dell’Unione europea, e sottoscritta trasversalmente da numerosi deputati di tutti i gruppi costituiti presso questo ramo del Parlamento e componenti della XIV Commissione al momento della presentazione della proposta.

Sentenza n. 194/2018 - giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 08/11/2018; Pubblicazione in G. U. 14/11/2018 n. 45

Motivo della segnalazione

Come già accaduto nella sentenza 120/2018, la Corte costituzionale rinvia, nel proprio iter logico-argomentativo, alla Carta europea dei diritti sociali, segnando così un sensibile passo in avanti nella relazione dei diritti sociali, (anche) con riferimento a fonti sovranazionali sino a tempi recenti trascurate.

Con la decisione qui segnalata, la Corte costituzionale si è pronunciata sull’incompatibilità con la Costituzione dell’art. 1, comma VII, lett. c), della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro) e degli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183).

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale ordinario di Roma. La disciplina de qua prevede, in riferimento ai casi di licenziamento illegittimo, che al lavoratore assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015 spetti un’indennità «in misura [...] modesta», stabilita in modo «automati[co]» con esclusione, quindi, di «qualsiasi discrezionalità valutativa del giudice» e, in particolare, «crescente solo in base alla anzianità di servizio»; secondo il giudice a quo, ciò si pone in contrasto «con gli artt. 3, 4, primo comma, 35, primo comma, 76 e 117, I comma, della Costituzione.».

Sentenza n. 212/2018 – Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 22/11/2018 – Pubblicazione in G.U. 28/11/2018, n. 47

Motivo della segnalazione

La Corte costituzionale è stata chiamata a giudicare della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, lettera c), numero 2), e 8 del d. lgs. n. 5/2017, recante “Adeguamento delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonché modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell’articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76”, in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 22, 76 e 117, primo comma Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 della CEDU e agli artt. 1 e 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Fascicolo n. 2/2024

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Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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