“Disposizioni urgenti in materia di attività economiche, tutela ambientale, difesa del territorio, gestione del territorio, infrastrutture, lavori pubblici, edilizia e trasporti, attività culturali, ricreative e sportive, relazioni internazionali e comunitarie, istruzione, corregionali all'estero, ricerca, cooperazione e famiglia, lavoro e formazione professionale, sanità pubblica e protezione sociale, funzione pubblica, autonomie locali, affari istituzionali, economici e fiscali generali”
Con delibera del 31 maggio 2013 il Governo ha impugnato la legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 5 dell’8 aprile 2013 recante “Disposizioni urgenti in materia di attività economiche, tutela ambientale, difesa del territorio, gestione del territorio, infrastrutture, lavori pubblici, edilizia e trasporti, attività culturali, ricreative e sportive, relazioni internazionali e comunitarie, istruzione, corregionali all'estero, ricerca, cooperazione e famiglia, lavoro e formazione professionale, sanità pubblica e protezione sociale, funzione pubblica, autonomie locali, affari istituzionali, economici e fiscali generali”.
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Due recenti sentenze CEDU condannano l'Italia per la previsione della pena del carcere ai giornalisti.
1. Con le recenti sentenze rese nei casi Belpietro v. Italy e Ricci v. Italy la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per aver violato l’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per la previsione della pena del carcere per la commissione di reati a mezzo stampa e radiodiffusione.
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La sentenza della Corte di giustizia del 26 settembre 2013 nella causa C-476/11, HK Danmark v. Esperian, presenta almeno due aspetti di interesse. In primo luogo, si tratta della prima causa in cui viene sollevata la questione dell’interpretazione dell’art. 6, par. 2, della Direttiva 2000/78/CE (che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro G.U.U.E. 2013 L 303, p. 16). Tale disposizione stabilisce che in alcune circostanze gli Stati membri possono prevedere che una disparità di trattamento non costituisce una discriminazione in ragione dell’età: testualmente, «gli Stati membri possono prevedere che la fissazione per i regimi professionali di sicurezza sociale di un’età per poter accedere o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o all’invalidità, compresa la fissazione per tali regimi di età diverse per lavoratori o gruppi o categorie di lavoratori e l’utilizzazione, nell’ambito di detti regimi, di criteri di età nei calcoli attuariali non costituisca una discriminazione fondata sull’età purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso».
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