In mancanza (per quanto a mia conoscenza) di novità di rilievo nel nostro ordinamento, mi è sembrato interessante dar conto di uno studio del Consiglio di Stato francese segnalatomi dall’amico Nicola Lupo, intitolato Semplificazione e qualità del diritto, adottato il 13 luglio 2016 e presentato alla stampa lo scorso 27 settembre (le dossier de presse è reperibile sul sito www.conseil-etat.fr).
Si tratta di uno studio di più di cento pagine, redatto tenendo conto di come gli stessi problemi sono stati affrontati nell’Ue, in Germania, Regno Unito, Olanda e Italia. Anticipo la conclusione, per quanto ci riguarda: l’ordinamento francese soffre gli stessi mali di quello italiano: troppe norme, instabili, complesse e di cattiva qualità. Lo studio si divide in tre parti. Nella prima esamina quali sono gli ostacoli alla semplificazione; nella seconda, si prendono in esame le misure adottate; nella terza, si promuove una nuova etica della responsabilità da parte dei decisori pubblici.
Senza alcuna pretesa di completezza, riporto qui di seguito le considerazioni che mi sono sembrate più interessanti.
Dopo 25 anni, secondo il Consiglio di Stato, non si sono ancora trovati i rimedi alla cattiva amministrazione perché le misure di semplificazione sono state spesso percepite dalle amministrazioni come un compito aggiuntivo di nessuna utilità, per il fatto che ogni regola o procedura volta a garantire la semplificazione e la chiarezza del diritto è destinata a soccombere alle priorità politiche e alle urgenze che ne conseguono. Prova ne sia, la mancanza di risultati significativi in 25 anni di tentate semplificazioni. Ne consegue che la semplificazione delle disposizioni esistenti e la semplicità di quelle future richiede una condivisione della volontà politica forte, convinta e duratura nel tempo, senza la quale niente sarà possibile.
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